Minuscolo e maiuscolo

di Giorgio Agamben

Mi è capitato in passato di scrivere con la maiuscola una parola a cui volevo dare un’importanza o un significato particolare. Ora so che sbagliavo. È bene vedere tutto in minuscolo, la maiuscola impedisce di vedere. E di capire, quasi che una volta sottolineate la priorità o l’importanza, comprendere non fosse più necessario. Più in generale, se qualcosa – fosse anche il termine dio, o, peggio, la parola stato – ha bisogno della maiuscola, vuol dire che non si crede abbastanza nel suo primato. Come meravigliosamente ha scritto la poetessa greca Kikì Dimulà: «Se la pioggia cade in maiuscolo / la guardo; se cade in minuscolo / la amo». In minuscolo vediamo, in minuscolo viviamo e, se dio e lo stato non ce le imporranno, senza maiuscole ce ne andremo dalla minuscola, amabile terra.

da qui

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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