Monet al Vittoriano di Roma

Fino all’11 febbraio 2018

di Valerio Calzolaio (*)

Claude Monet ispira impressioni ed emozioni, letture e scritture. A quasi tutti. Avete tempo fino all’11 febbraio del prossimo anno per visitare la mostra allestita a Roma presso il Complesso del Vittoriano e aperta dal 19 ottobre, con 57 opere (compresi alcuni grandi pannelli e tre oggetti) in cinque sezioni, tutte provenienti dal Museo Marmottan di Parigi (proprio a Monet dedicato), curata da Marianne Mathieu (vice-direttrice parigina). Per me il giorno giusto è stato il 22 novembre: bell’allestimento, rassegna rappresentativa e di qualità, intensa passione!

Il pittore Claude-Oscar Monet nacque a Parigi il 14 novembre 1840 e morì nella sua Giverny normanna il 5 dicembre 1926. I capolavori sono tantissimi, contenuti nei maggiori musei di tutto il mondo, il Marmottan ospita la collezione più ampia visto che comprende le circa 100 tele conservate dallo stesso autore ed ereditate dal figlio Michel.

Troverete le caricature giovanili e i ritratti dei due figli (della prima moglie, scomparsa a soli 31 anni, nel 1879), i paesaggi degli ecosistemi metropolitani e rurali eletti a scenario e il magnifico giardino (alberi, fiori, laghetti, ponticello, ninfee) costruito a immagine e somiglianza di quel che voleva impressionare. LeggereTutti consiglia una guida di letture per tutti, a introduzione della mostra.

Partiamo dal catalogo di un’altra mostra ospitata tre anni fa proprio dal Marmottan (nel XVI° arroindissement) e dedicata a Impression, soleil levant, “L’histoire vraie du chef-d’oeuvre de Claude Monet”, il quadro che, in un’esposizione collettanea del 1874, due anni dopo la sua realizzazione, a causa di una recensione (di dileggio critico), diede il nome al movimento artistico più famoso e amato da circa 150 anni a questa parte, l’Impressionismo, pittura en plein air con tavolozza, tanti colori senza nero, trasmissione visiva di movimento oltre che di luce.

Il pittore francese crebbe e studiò a Le Havre, oggi prima città della Normandia per popolazione comunale (la “capitale” è Rouen) e secondo porto francese, fece apprendistato artistico nella Ville Lumière e il servizio militare in Algeria, al ritorno si inserì nelle correnti di ricerca pittorica refrattarie all’accademia, divenne amico di molti giovani colleghi e sperimentò la vocazione verso paesaggi di città e campagne utili a esprimere un’intensa visione “naturalistica”, ebbe un primo figlio dalla propria modella Camille-Léonie Donciuex e nel 1870 la sposò, poi nacque il secondo. Insieme tornarono spesso alla Le Havre di parenti e conoscenti, lui dipingendone soprattutto il porto, con le celebri libertà compositive e cromatiche.

Ecco allora quel dì l’alba meravigliosa da una finestra di una camera d’albergo, indimenticabili il sole e la lama rossi in mezzo all’acqua del mare, alcune barche e vele, alcuni edifici portuali nella bruma della baia. L’opera fu presentata due anni dopo, firmata “Claude Monet 72” col titolo provvisorio “Impression”, un autorevole commentatore scrisse che era capace appunto solo di dare una modesta “impressione”. E fu a lungo sottovalutata: la stessa denominazione ufficiale fu assegnata solo nel 1965. Da almeno un secolo chi ha visto il quadro non lo scorda più, ha cambiato la pittura moderna. Tre anni fa cercarono di datare il momento preciso impresso sulla tela, il Museo Marmottan promosse studi specifici di meteorologia e storia e li pubblicò insieme al catalogo. La mostra di tre anni fa conteneva 25 opere di Monet, 55 dipinti dell’intero movimento degli Impressionisti o sul porto normanno, documenti e materiali d’epoca. Secondo un astrofisico dell’Università statale del Texas, il dipinto “Impressione, levar del sole” rappresenta le ore 7 e 35 del 13 novembre del 1872.

La mostra romana presta una certa attenzione ai bambini e alle bambine, adorati dal pittore (pure i sei che già aveva la seconda moglie, Alice Hoschedé). Andate anche con loro, l’appuntamento può essere organizzato sia da insegnanti che eventualmente da genitori. Per le scuole dell’infanzia e primaria l’offerta didattica prevede una visita interattiva (un’ora) e/o un laboratorio di accorgimenti d’autore per fissare emozioni su tela lavorando all’aperto (due ore); per la scuola secondaria una visita guidata con la consegna finale di un dossier contenente approfondimenti e bibliografia.

Sono stato di mattina e ho visto vari gruppi con un nugolo di piccoli coinvolti da personale specializzato. Non mi ha sorpreso. Ho fatto anch’io così con Monet per i miei figli, iniziando dal leggere loro un libro delizioso. Nel 1985 le svedesi Christina Björk (per il testo) e Lena Anderson (per le illustrazioni) realizzarono un volume intitolato “Linnea nel giardino di Monet”, edito in Italia da Stoppani nel 1992 e pubblicato in occasione di una personale a Ferrara. È forse possibile reperirlo ancora oggi, ne sono uscite molte altre edizioni aggiornate, fra l’altro ebbe così successo che uscirono poi volumetti su altri pittori rivolti proprio a infanzia e adolescenza.

A narrare in forma di diario è la ragazzina stessa, Linnea. Si è fatta accompagnare dal signor Bloom, un anziano vicino di casa (giardiniere da giovane), entrambi appassionati di tutto ciò che fiorisce e profuma. Insieme hanno ripercorso le tracce di Monet: prima a Parigi il Marmottan; poi in treno a Giverny, la bella villetta che il pittore era riuscito faticosamente a comprare quando aveva cinquant’anni, facendo lì amicizia con il pronipote di Monet, Jean-Marie Toulgouat; infine un ultimo giro sulla Senna, il Museo d’Orsay, tornando a casa colmi di emozioni e ricordi. Sul pannello della sua stanza Linnea attacca biglietti, foto, cartoline e un solo quadro, La Barque (1887), pensando possa essere la stessa piccola imbarcazione che aveva visto in uno dei laghetti. In mostra a Roma c’è la Barca a vela, Effetto sera del 1885.

Fra i quadri esposti ora a Roma vi è pure una falesia al mattino, Étretat, Falaise d’Amont (1885), una delle “scene paesaggistiche” preferite da Monet. Sul ciglio di una scogliera normanna inizia anche l’ultimo giallo di un ottimo geografo e scrittore che vive da quelle parti, Michel Bussi, “Mai dimenticare”. Leggo sempre con piacere i suoi romanzi, con trame meticolosamente architettate, grande attenzione agli ecosistemi e qualche riferimento al pittore.

Proprio Bussi sceneggiò a Giverny la sua fiaba noir più famosa, “Ninfee nere” tutta imperniata sui luoghi e sull’evocazione di Monet. Nessuno sembra conoscere una vecchia strega isolata, nata nel 1926, anno della morte del pittore, che abita in cima a un torrione (quadrato a graticcio) del grande mulino delle Chennevières, in riva al ruscello dell’Epte, accanto ai celebri giardini delle ninfee colorate e del ponte giapponese, fino all’isola delle Ortiche e al suo Chemin du Roy; dalla finestrella del quarto piano tiene d’occhio tutta la pianura abitata del paesino addossato sulla collina.

Nympheas Noirs è del 2011, ha vinto tantissimi premi e ha dato a Bussi fama internazionale, è il primo suo giallo tradotto in Italia (nel 2016, Edizioni e/o, poi altri tre). Se visitate la mostra romana e non siete ancora stati a Giverny, leggendolo scoprirete colori (malva soprattutto) e atmosfere (malinconiche talora), odori e passioni. Il colore (inconsueto per Monet) del titolo letterario si riferisce sia agli esperimenti di una dotata pittrice in erba, sia a un quadro appeso nel torrione della strega, sia a uno sconosciuto presunto dipinto dello stesso morente Monet.

I tre libri citati sopra sono:

  • Aavv, Impression, soleil levant. L’histoire vraie du chef-d’oeuvre de Claude Monet, catalogo della mostra svoltasi al Musée Marmottan Monet dal 18 settembre 2014 al 18 gennaio 2015, (http://www.marmottan.fr/fr/impression__soleil_levant-expositions-9130-2576)
  • Christina Björk – Lena Anderson, Linnea nel giardino di Monet, Stoppani 1992 (trad. Alessandra Valtieri), pag. 53 euro 14
  • Michel Bussi, Ninfee nere, Edizioni e/o 2016 (trad. Alberto Bracci Testasecca), pag. 398 euro 16

(*) scritto per «LeggereTutti»

NELL’IMMAGINE «Impressione, levar del sole» (Impression, soleil levant) è un dipinto realizzato nel 1872 e conservato al Musée Marmottan Monet di Parigi.

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