Omicidi tramite il freddo

di Gianluca Cicinelli (*)

Ne avevamo parlato su queste pagine pochi giorni fa, in occasione di altre due morti per freddo, ovviamente non basta. Parole anche le mie naturalmente, niente di più, soltanto parole, come tutti del resto o quasi, se togliamo le associazioni laiche e cattoliche che con i loro volontari cercano disperatamente di indirizzare i senzatetto verso strutture in cui passare almeno le ore più fredde delle notti romane e di indirizzare le politiche di Comune e Municipi verso una rete sociale efficiente che eviti le morti da povertà. Certo, il web si commuove per il clochard che privo di tutto festeggia il compleanno del suo cane con tanto di torta e candeline, sia perchè tanto sta in Colombia e quindi possiamo far finta di essere buoni perchè estraneo alle nostre vite sia perchè dopo che ne hanno parlato i giornali è scattata una raccolta fondi per aiutarlo a dimostrazione che quando i giornali ne parlano le persone non restano insensibili.

Foto di Hanawasthere da Pexels

E infatti, a meno che il cane del clochard non faccia il salto mortale o sappia contare con la coda fino a cento, i giornali non ne parlano mai, se non per registrare il decesso come nell’ultimo caso del Pigneto. Si potrebbe pensare che non ne parlino per disinteresse, perchè non fa vendere copie, ma non è così. Non ne parlano perchè bisognerebbe poi andare fino in fondo al problema ed è pericoloso per chi tutti i giorni deve comunque restare in cointatto con il potere, fosse anche quello decentrato di un ente locale. Si dovrebbe andare dal sindaco di Roma Gualtieri e dall’assessora ai servizi sociali Funari a chiedere conto di che fine hanno fatto le promesse annunciate in occasione delle due morti precedenti durante quest’inverno. Sono stati utilizzati i 5 milioni di euro inutilizzati dalla giunta Raggi per trovare sistemazioni? Come sono stati utilizzati i fondi aggiuntivi che l’assessora a dicembre diceva di aver stanziato per i Municipi per l’accoglienza temporanea dei senza fissa dimora? E’ stato previsto un processo non basato soltanto sul volontariato per far conoscere ai senzatetto la possibilità di trovare riparo dal freddo?

Domande che nessuno fa in un Paese dove i giornalisti si sono trasformati da watchdog a semplici dog del potere, che applaudono il potente di turno e anzichè alzarsi e andarsene quando alle conferenze stampa il conferenziere non accetta domande, un’usanza introdotta nel comune di Roma da Virginia Raggi, restano a scrivere il dettato senza osservazioni critiche o sussulti di dignità. E allora se non si fanno le domande che almeno si dia spazio alle risposte dinanzi agli occhi di tutti: c’è una responsabilità precisa e criminale nelle morti per freddo a Roma e che si chiami Alemanno, Raggi, Gualtieri o fosse anche la buonanima di Petroselli, le responsabilità di queste morti per freddo sono del comune di Roma e della mancata messa in atto di politiche di prevenzione sociale. Sul caso indaga la polizia, si scrive sui giornali. Quando muore un giovane della Roma bene per l’assunzione di droghe si cerca immediatamente il pusher e lo si accusa di omicidio come conseguenza di altro reato. Ma quando muore un clochard, un senzatetto, un barbone privo di reddito e di diritti a nessuno viene in mente di rilevare che quella morte è conseguenza di una serie di omissioni d’intervento pubblico che potevano salvargli la vita. Per questo motivo le morti per freddo, quest’ultima del Pigneto come quelle che presto seguiranno, sono in realtà omicidi annunciati.

Foto di Ron Lach da Pexels(*) ripreso da diogeneonline.info che si presenta così:

Un vero quotidiano indipendente che si occupa della povertà. Viaggiando su un binario che da una parte racconta storie e cronache della giornata e dall’altra sviluppa dalle storie inchieste, approfondimenti, analisi e confronti. Senza piagnistei e senza esaltazioni. Non è un giornale del terzo settore, semplicemente è un giornale online, che allo scritto affianca video e podcast ed è molto presente sui social. Titolo provvisorio: Diogene.

La povertà è il tema del presente e del futuro. E’ sempre stata un problema serio, ma i mutamenti planetari dovuti alla diffusione del Covid 19 hanno accelerato i processi d’impoverimento in maniera impressionante, colpendo categorie che se ne ritenevano immuni fino a un momento prima. Eppure non esiste alcun prodotto editoriale che si occupi della povertà rivolto a un pubblico vasto.

Per povertà intendiamo in questa sede un fenomeno sociale ed economico con effetto immediatamente pauperizzante affiancato da un fenomeno culturale che pauperizza società e individui soprattutto nel futuro prossimo privandoli della prospettiva di un’istruzione adeguata e di conseguenza di una possibile crescita economica.

Il modo in cui l’informazione tratta la povertà nasconde un’ipocrisia insopportabile e per disvelare questa ipocrisia il quotidiano impiegherà molta energia. I racconti e i personaggi di cui parla l’informazione ufficiale appartengono a un mondo incantato che esiste nella vita reale di poche migliaia di persone in tutto il mondo. Più si accentua la povertà più i media ci propongono modelli eticamente discutibili di successo, profitto e crudeltà, creando una bolla che separa definitivamente la stampa dall’opinione pubblica. Un processo a cui assistiamo da anni con le conseguenti crisi di credibilità e identificazione oltre che di vendite, ma di cui non sembra importare agli editori.

I giornali sono pieni di notizie sull’economia come grafico e come sviluppo economico complessivo astratto dalle vite umane, ma non riescono o non vogliono entrare nella nuova materialità scaturita dalla mutata situazione. Eppure i primi disordini sociali appaiono, le risorse residue di tanti sono ormai terminate, le frecce di quei grafici si conficcano direttamente nelle carni di cittadini che non hanno alcuna responsabilità della loro rovina attuale. Queste storie danno fastidio, come se direttori e proprietari di giornali superstiziosi pensassero che raccontare vite spezzate porti sfortuna. Noi racconteremo queste storie fastidiose, le rotture che determinano a catena dei legami sociali, i processi collettivi che le rotture sociali mettono in movimento. La cronaca quindi, per narrare cosa accade, quando dove e perché, ma unita alle analisi di economisti, attivisti della solidarietà, sociologi, con inchieste sui nuovi lavori e sui nuovi costumi. Cambia la quotidianità, cambia l’abitare, cambia l’organizzazione delle città, questa è la vita e questo racconteremo.

Attenzione però a non sottovalutare che l’economia derivata dalle nuove povertà porta in sé anche il mutamento dell’economia tradizionale. Un altro elemento da sviluppare e analizzare come fine di un processo iniziato con la rivoluzione industriale o come inizio dell’era digitale con la mascherina, perché tra le poche certezza di questa crisi vi è l’insostenibilità del modello produttivo attuale. Tecnologia amica o nemica, automazione della terziarizzazione, caduta verticale dei salari, insomma c’è la politica di cui parlare e lo faremo.

ciuoti

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