Pena di morte e “droghe”: Iran e Singapore

Articoli ripresi dal nuovo «Foglio di collegamento» del comitato Paul Rogeau. A seguire la presentazione del numero e tutte le indicazioni per chi vuole aderire alle campagne

 

MESSO A MORTE A SINGAPORE UN CONDANNATO PER TRAFFICO DI DROGA

Tangaraju Suppiah

Mercoledì 26 aprile il quarantaseienne Tangaraju Suppiah, condannato alla pena capitale per traffico di droga, è stato messo a morte a Singapore.

Singapore, città Stato, mantiene alcune delle leggi sulle droghe più dure al mondo e il suo governo rimane convinto che la pena capitale funzioni da deterrente per i trafficanti di droga e debba rimanere in vigore per mantenere la sicurezza pubblica.

Tangaraju è stato condannato a morte nel 2018 per “favoreggiamento del traffico di oltre un chilogrammo di cannabis (1.017,9 grammi)”, secondo una dichiarazione del Central Narcotics Bureau (CNB). Il tribunale ha scoperto che era in comunicazione telefonica con altri due uomini sorpresi a cercare di contrabbandare cannabis a Singapore.

I precedenti appelli contro la sua condanna a morte sono stati respinti dai tribunali nel 2019, mentre le petizioni per la clemenza presidenziale non hanno avuto successo, ha aggiunto il CNB.

Il governo afferma :”A Tangaraju è stato concesso il giusto processo ai sensi della legge“, ma i familiari e i gruppi per i diritti che hanno sposato la causa di Tangaraju hanno respinto tali affermazioni.

“La condanna di Tangaraju si è basata principalmente sulle dichiarazioni dell’interrogatorio di polizia – condotto senza la presenza di un avvocato e di un interprete – e sulla testimonianza dei suoi due co-accusati”, ha dichiarato Amnesty International.

“Nei Paesi che non hanno ancora abolito la pena capitale, le garanzie internazionali richiedono che la pena di morte sia comminata solo quando la colpevolezza della persona accusata è basata su prove chiare e convincenti che non lascino spazio a spiegazioni alternative dei fatti – e dopo un processo legale che dia tutte le garanzie possibili per assicurare un processo equo”, ha aggiunto Amnesty.

La sorella di Tangaraju, Leelavathy, ha raccontato l’angoscia e la determinazione del fratello prima che venisse eseguita la sua condanna a morte. “Anche da dentro la prigione, voleva lottare per la sua innocenza.”

Il Transformative Justice Collective (TJC), un movimento abolizionista locale, ha evidenziato “gravi carenze delle prove utilizzate per condannare Tangaraju”. “Il caso contro Tangaraju è in gran parte circostanziale e basato su inferenze”, ha affermato il TJC in una serie di dichiarazioni.

“Non ha mai toccato la cannabis per cui è stato accusato di aver tentato di trafficare. È stato collegato al reato da due numeri di telefono trovati sui cellulari di due uomini arrestati dal CNB – uno dei quali era stato usato per coordinare la consegna della cannabis”. Per contro, secondo il CNB, i telefoni cellulari di Tangaraju, che si trovava in custodia cautelare, non sono stati recuperati e analizzati.

I gruppi per i diritti umani hanno fortemente criticato la decisione di Singapore sostenendo che “come nel caso di molte persone attualmente nel braccio della morte a Singapore, Tangaraju è stato costretto a rappresentarsi da solo per chiedere una revisione della decisione della Corte d’Appello di confermare la sua condanna.”

Respingendo le critiche il Ministero degli Interni ha sostenuto che il caso contro Tangaraju è stato “provato al di là di ogni ragionevole dubbio” e che le prove “hanno chiaramente dimostrato che era lui la persona che coordinava la consegna della droga, ai fini del traffico”.

Nei giorni precedenti l’esecuzione di Tangaraju, i familiari e gli attivisti hanno lanciato appelli pubblici alla clemenza e hanno messo in dubbio la certezza della sua condanna. Anche l’ufficio dell’Unione Europea nella città-stato e un ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite avevano chiesto a Singapore di non procedere alla sua impiccagione.

In particolare, la delegazione dell’Unione Europea a Singapore ha chiesto alle autorità di fermare l’esecuzione: “L’UE e i nostri Paesi si oppongono fermamente all’uso della pena capitale in ogni momento e in ogni circostanza, che non può mai essere giustificata, e chiedono che Singapore adotti una moratoria su tutte le esecuzioni come primo passo positivo verso la sua abolizione”.

Anche l’’ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani ha dichiarato di nutrire “preoccupazioni riguardo al giusto processo e al rispetto delle garanzie di un processo equo”.

“La pena di morte è ancora utilizzata in un piccolo numero di Paesi, in gran parte a causa del mito che essa scoraggi il crimine. Sempre più prove, tuttavia, dimostrano che è inefficace come deterrente”, ha dichiarato in un comunicato la portavoce Ravina Shamdasani.

Secondo la legge di Singapore invece chiunque venga sorpreso a trafficare, importare o esportare determinate quantità di droghe illegali come metanfetamina, eroina, cocaina o prodotti a base di cannabis riceve la condanna a morte obbligatoria. “La pena di morte è una componente essenziale del sistema di giustizia penale di Singapore ed è stata efficace nel mantenere Singapore sicura e protetta”.

Per contro i paesi vicini hanno assunto orientamenti molto diversi. L’anno scorso la Thailandia è diventata il primo Paese asiatico a depenalizzare la cannabis, dopo anni di campagne da parte degli attivisti sul campo. Anche la Malaysia, il vicino più prossimo di Singapore, ha approvato all’inizio di questo mese ampie riforme volte eliminare la pena di morte.

IRAN: NEL 2022 DECUPLICATE LE ESECUZIONI PER REATI DI DROGA

Secondo i rapporti raccolti da Iran Human Rights (IHRNGO), almeno 256 persone sono state messe a morte per reati legati alla droga nel 2022, circa 10 volte la media delle esecuzioni per droga negli anni dal 2018 al 2020. Di queste esecuzioni, però, solo 3 sono state annunciate da fonti ufficiali.

Le esecuzioni hanno avuto luogo in 21 diverse province. Le minoranze etniche, in particolare i Baluci, sono sovra-rappresentate con 121 esecuzioni (47,3%). Anche 3 donne sono state messe a morte per reati legati alla droga.

Le esecuzioni per reati legati alla droga sono state effettuate durante tutti i mesi tranne aprile (mese musulmano del Ramadan). Il picco è stato a novembre, un mese dopo le proteste a livello nazionale.

Insieme alle accuse di reati che violano la sicurezza, le accuse relative alla droga ricadono sotto la giurisdizione dei tribunali rivoluzionari che, come già più volte detto, negano sistematicamente agli imputati il diritto a un processo equo. I rapporti raccolti da Iran Human Rights dimostrano che le persone arrestate per reati legati alla droga sono sistematicamente sottoposte a tortura nelle settimane successive al loro arresto. Spesso non hanno accesso a un avvocato durante la detenzione e quando un avvocato ottiene l’accesso al loro caso, hanno già “confessato” il reato1. Anche i processi dei tribunali rivoluzionari sono in genere molto brevi, con gli avvocati che spesso non hanno nemmeno la possibilità di presentare una difesa per i loro clienti.

Alcuni esempi terribili.

  • Ghobad Narouyi era un padre baluci del villaggio di Nasr Abad a Zabol. Arrestato e condannato a morte per reati legati alla droga, ha trascorso tre anni nel braccio della morte prima di essere giustiziato nella prigione di Birjand il 17 maggio2. Dopo la sua esecuzione, gli attivisti baluci hanno riferito che aveva scritto sul suo piede: “il mio destino era morire in piedi”.

  • Mehdi Sarhadi era un uomo baluci di 36 anni che ha trascorso 4 anni nel braccio della morte. Trasferito più volte avanti e indietro dal patibolo, a Mehdi è stata promessa la grazia dalle autorità carcerarie se avesse memorizzato un joz (circa 20 pagine) del Corano. Stava memorizzando il suo secondo joz quando è stato giustiziato nella prigione centrale di Isfahan il 29 maggio3.

  • Allah Nazar Esmailzehi era un uomo baluci di 33 anni arrestato dalla polizia stradale di Semnan nel gennaio 2019. Non era in possesso di droga quando fu arrestato e la droga a lui successivamente attribuita fu scoperta il giorno successivo. È stato torturato perché ammettesse la sua colpa e giustiziato nella prigione di Damghan il 31 maggio4.

  • Nematollah Barahouyi era un padre baluci di tre figlie. Aveva trascorso 2 anni nel braccio della morte quando il 6 novembre fu svegliato e gli fu detto che sarebbe stato portato a morire senza alcun preavviso. Fu ucciso dalle guardie carcerarie quando oppose resistenza. Tuttavia, il suo corpo senza vita fu poi anche impiccato nella prigione centrale di Zahedan per dichiarare la causa della morte come esecuzione ed evitare conseguenze giudiziarie5.

L’ultimo emendamento alla legge antidroga iraniana era entrato in vigore il 14 novembre 2017, portando a un calo significativo del numero di esecuzioni per droga da una media annuale di 403 esecuzioni a una media di 26 esecuzioni nei tre anni precedenti. Tuttavia, questa tendenza si è invertita nel 2021. Le autorità iraniane avevano introdotto l’emendamento del 2017 alla legge antidroga principalmente a causa della pressione internazionale. Fondamentalmente, gli stati europei che finanziano i progetti dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC) per combattere le droghe illegali in Iran, non erano disposti a finanziare ulteriori progetti a causa dell’elevato numero di esecuzioni legate alla droga.

Nel Rapporto annuale 2021 sulla pena di morte, Iran Human Rights e ECPM avevano già espresso grave preoccupazione per l’allarmante aumento del numero di esecuzioni legate alla droga e avevano invitato la comunità internazionale a reagire6. Tuttavia, non sono state osservate reazioni significative e l’UNODC, che sta collaborando con la Repubblica islamica nella lotta al traffico di droga, non ha nemmeno affrontato il drammatico aumento delle esecuzioni per droga dal 2020.

La necessità delle autorità di incutere timore nella società, al fine di prevenire ulteriori dissensi, è la ragione più probabile del forte aumento del numero di esecuzioni per droga. Gli accusati di reati per droga provengono prevalentemente dai gruppi più emarginati della società e il silenzio della comunità internazionale rende molto basso il costo politico della loro esecuzione. La principale lacuna dell’emendamento del 2017, che fornisce alle autorità una scappatoia per effettuare esecuzioni per droga quando lo desiderano, è che non ha affrontato le questioni delle giuste procedure legali e del processo equo.

FOGLIO DI COLLEGAMENTO INTERNO 305 – aprile 2023 – DEL COMITATO PAUL ROUGEAU (*)

Ecco l’ultimo numero del nostro “Foglio di Collegamento” il cui sommario è riportato qui sotto.

Gli articoli comparsi nei numeri precedenti del Foglio di Collegamento, ai quali rimandano le note in calce ad alcuni articoli di questo numero, si trovano nel nostro sito www.comitatopaulrougeau.org

In questo numero si parla molto degli Stati uniti d’America e dell’Iran, Paesi per molti versi agli antipodi, ma entrambi noti per l’attaccamento alla pena capitale. Comunque, se negli USA la pena di morte sta diminuendo, in Iran essa è nel suo pieno fulgore.

Dopo la chiusura di questo numero abbiamo appreso che l’esecuzione di Richard Glossip è stata di nuovo sospesa.

Vi ricordo la pagina Facebook Amici e sostenitori del Comitato Paul Rougeau contro la pena di morte. Nella pagina trovate articoli scritti da organizzazioni abolizioniste in tutto il mondo, nonché appelli che potete firmare e diffondere, condividendoli.

Giuseppe Lodoli per il “Comitato Paul Rougeau”

SOMMARIO

L’Oklahoma vuole a tutti i costi uccidere Richard Glossip  

Cronaca di un’ordinaria esecuzione in Florida           

Messo a morte a Singapore un condannato per traffico di droga   

Iran: nel 2022 decuplicate le esecuzioni per reati di droga               

Notizie di esecuzioni in Iran        

Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 30 aprile 2023

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