Piano per rivitalizzare l’economia di Gaza…

…secondo Israele – articoli e video di Massimo Mazzucco, Matteo Saudino, Chris Hedges, Andrea Zhok, Alessandro Di Battista, Hajo Meyer, Bernie Sanders, Rene Lichtman, Jeremy Corbyn

Il piano di Bibi per Gaza – Massimo Mazzucco

Guardate l’immagine qua sotto: non è Montreal, non è Kyoto, non è Abu Dhabi. E’ Gaza, come Netanyahu vorrebbe che diventasse dopo la fine della guerra.

L’immagine è tratta da un documento pubblicato alcuni giorni fa dal PMO israeliano, ovvero l’Ufficio del Primo Ministro (Benjamin Netanyahu), che contiene un “piano per rivitalizzare l’economia di Gaza” dopo l’invasione militare.

Il piano è fortemente improntato ad una logica economica di tipo occidentale: prevede infatti che il porto di Gaza diventi un vero e proprio hub commerciale che colleghi Europa e Medio Oriente tramite il Mediterraneo.

Secondo il piano, sarà una coalizione di paesi arabi (Egitto, Arabia Saudita, EAU, Giordania) a gestire gli aiuti umanitari che arrivano a Gaza. Anche le questioni amministrative saranno gestite da “palestinesi di Gaza”, mentre ovviamente la questione sicurezza resterà fermamente nelle mani di Israele. (Loro, lo sappiamo, hanno il diritto di difendersi. Gli altri no).

Come spiega questo articolo del Jerusalem Post , “Dopo una decina di anni il potere sarà trasferito ai cittadini di Gaza”, ma “solo se sarà avvenuta la completa demilitarizzazione della Striscia, e la cosa sarà comunque soggetta ad un accordo fra ambo le parti.” Quindi – già lo sappiamo – non avverrà mai, perchè Israele sarà sempre bravissimo a trovare una scusa qualunque per non rispettare gli accordi.

Sempre dall’articolo leggiamo: “I vantaggio maggiori che deriveranno agli stati del Golfo che parteciperanno all’accordo, saranno degli accordi difensivi con gli Stati Uniti, e un accesso illimitato ai porti di Gaza sul mediterraneo tramite ferrovie e oleodotti”.

La cosa più stupefacente è vedere come tutto questo avvenga senza che nessuno pensi minimamente di consultare i palestinesi di Gaza. D’altronde, questa è una vecchia abitudine coloniale: già Lord Balfour, nel 1918, aveva dichiarato: “In Palestina non pensiamo nemmeno lontanamente di consultare i desideri degli attuali abitanti di quel paese. Il sionismo, giusto o sbagliato, buono o cattivo che sia, affonda la sue radici in antiche tradizioni, nelle attuali necessità, e nelle future speranze, che sono più profondamente importanti dei desideri e dei pregiudizi dei 700.000 arabi che abitano oggi quella terra antica”.

Non sembra che sia cambiato molto, negli ultimi 100 anni.

da qui

 

 

Professori dell’Università di Princeton in sciopero della fame per la Palestina

I professori dell’Università di Princeton, negli Stati Uniti, hanno iniziato uno sciopero della fame di 24 ore lo scorso sabato, in solidarietà con i loro studenti che hanno tenuto una protesta simile per cinque giorni, come ha riferito Al Mayadeen.

In una dichiarazione congiunta, hanno affermato che “il digiuno di solidarietà di un giorno impallidisce in confronto agli sforzi dei nostri studenti che stanno intraprendendo questo sciopero per mostrare la loro solidarietà con il popolo palestinese di Gaza e della Cisgiordania, che è sottoposto a una carestia forzata e a un’aggressione genocida da parte di Israele”.

“Esortiamo l’Amministrazione dell’Università a impegnarsi in negoziati in buona fede con i rappresentanti degli studenti e della facoltà e a considerare l’urgente necessità di disinvestire da Israele fino a quando non cesserà la sua guerra genocida contro il popolo palestinese di Gaza”, si legge ancora nella dichiarazione.

Inoltre, i professori hanno esortato l’amministrazione universitaria a concedere la completa amnistia a tutti gli studenti, docenti, personale e membri della comunità che si trovano ad affrontare azioni disciplinari per aver partecipato a proteste pacifiche.

Hanno sottolineato il timore dei docenti di subire ritorsioni da parte dell’Università per aver dato voce alle loro convinzioni morali profondamente radicate e alla preoccupazione per il benessere dei loro studenti. Durante le proteste, gli studenti e i media hanno riferito di arresti violenti.

Le manifestazioni, gli accampamenti e le proteste degli studenti universitari contro la guerra a Gaza si sono diffuse in tutti gli Stati Uniti e hanno raggiunto anche Paesi europei e l’Australia.

da qui

 

 

 

Andrea Zhok – I coloni che bloccano i camion umanitari: “quest’oscenità potrà uscire in mondovisione?”

Questi sono attivisti israeliani che hanno bloccato al valico di Tarqumiya i camion di aiuti umanitari diretti a Gaza, distruggendone il contenuto.

Ora, che la strategia di Israele sia quella di rendere la striscia di Gaza un deserto inabitabile, di rendere fisicamente impossibile la vita ai palestinesi ovunque nei territori occupati, è esplicito.

Sono stati fatti arrivare lavoranti a basso costo per rimpiazzare le maestranze palestinesi che riuscivano a sbarcare il lunario in Israele.

 

I bombardamenti hanno preso sistematicamente di mira edifici vuoti, privi di valore militare, ma rappresentativi come università, ospedali, uffici pubblici.

I coloni, con la copertura della polizia, hanno ripetutamente attaccato e distrutto piccoli esercizi commerciali nella West Bank.

Gli aiuti umanitari sono stati trattenuti spesso con le più svariate scuse e quando permessi, come in questo caso, sono stati boicottati informalmente da “attivisti”.

Il senso dell’operazione è chiaro: mentre i bambini fatti a pezzi sono decisamente inestetici per le finalità propagandistiche di Israele, gente che un po’ muore di stenti fuori campo e un po’ decide di andarsene per salvare quel che resta delle proprie famiglie sono più facilmente metabolizzabili, meno urtanti, più facili da ingoiare nel vasto dimenticatoio delle coscienze occidentali.

 

Quello che mi chiedo è se quest’oscenità in mondovisione potrà riuscire.

Naturalmente il fatto di potersi giovare dell’appoggio americano e dunque del sostegno del più potente apparato propagandistico e mediatico al mondo è una garanzia potente di successo.

Dopo tutto non dobbiamo mai dimenticare che, in ultima istanza, noi oggi riusciamo ad essere mossi a disgusto dalla “Notte dei Cristalli”, o ad indignarci per le vicende del ghetto di Varsavia perché alla fine i nazisti la guerra l’hanno persa.

Ma qui, non essendoci alcun 9 maggio 1945 in vista, a scrivere la storia delle stragi saranno gli stessi che le hanno promosse e difese.

E allora forse lo sdegno rimarrà in circolazione solo nei circuiti clandestini, nelle parole dei “descamisados” alla periferia dell’impero, nei vicoli sempre più stretti della controinformazione, finché tutto verrà obliato nel prossimo Eurovision.

Forse.

O forse no.

Forse la periferia dell’impero sta facendone già scricchiolare il centro, forse i circuiti clandestini usciranno a testa alta dalla clandestinità, forse le corrotte ammiraglie dell’informazione ufficiale affonderanno ingloriosamente e lasceranno spazio ai pochi giornalisti rimasti con la schiena dritta.

Forse qualcuno ricorderà il male fatto e lo condannerà, ricorderà gli innocenti sacrificati e li onorerà.

Forse una volta di più l’arroganza di chi si immagina “Herrenrasse” finirà nella polvere.

Io ci credo.

da qui

 

 

 

 

 

 

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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