Ponte sullo stretto: il gigante sulle macerie
Un’illusione da 13,5 miliardi in un Sud incompiuto. Un trionfo politico, una guerra giudiziaria.
di Mario Sommella (*)
Il 6 agosto 2025 il CIPESS ha dato il via libera al progetto definitivo del Ponte sullo Stretto di Messina. Matteo Salvini, oggi fervente sostenitore dell’opera nonostante in passato l’avesse definita “un ponte in mezzo al mare che non sta in piedi”, esulta e annuncia cantieri tra settembre e ottobre. Il costo stimato è salito a 13,5 miliardi di euro, con una fine lavori prevista per il 2032. Ma l’entusiasmo ministeriale si scontra con una realtà meno patinata: ricorsi a raffica, opposizioni locali, dubbi della Corte dei Conti sulla regolarità della spesa, rischi ambientali e un contesto infrastrutturale da terzo mondo. Greenpeace, Legambiente, Lipu e WWF hanno già presentato un reclamo alla Commissione Europea, denunciando violazioni delle direttive Habitat e Uccelli e chiedendo una procedura di infrazione per l’impatto sulle rotte migratorie. Il Comitato No Ponte Capo Peloro ricorda che il progetto porta ancora irrisolte 68 osservazioni tecniche, molte legate alla resistenza sismica.
Il contesto: Calabria e Sicilia, due sponde irraggiungibili
Il ponte dovrebbe collegare due territori dove il vero problema non è “attraversare lo Stretto” ma “arrivarci vivi e in tempo”. In Sicilia, percorrere in treno Trapani–Ragusa (354 km) richiede fino a 14 ore e cinque cambi. Messina–Ragusa (200 km) impiega tra 6 e 8 ore e mezza. Catania–Palermo (200 km) è una maratona su rotaia: 4 ore e mezza di media, fino a 6 nei casi peggiori. In Calabria la situazione è analoga: 111 km tra Crotone e Cosenza si percorrono in 3–5 ore. La SS 106 “strada della morte” resta una trappola di buche e incidenti, mentre la Salerno–Reggio Calabria (A2) è un cantiere permanente. Molte arterie interne, come la Pedemontana di Gioia Tauro, sono incompiute da decenni.
Analisi costi–benefici: un castello di previsioni
Secondo il CIPESS, il ponte porterebbe 23miliardi di euro di PIL aggiuntivo, 36.700 posti di lavoro stabili e 10,3 miliardi di entrate fiscali. Ma dietro queste stime si nascondono ipotesi ottimistiche e una totale sottovalutazione delle spese di contesto: potenziamento ferroviario, manutenzione stradale, sicurezza antisismica. Il progetto è affidato al consorzio Eurolink (WeBuild con partner di Giappone, Spagna e Danimarca) e riprende un disegno di oltre dieci anni fa, mai aggiornato a fondo.
La spada di Damocle del rischio sismico
L’area dello Stretto di Messina è una delle zone a più alta pericolosità sismica d’Europa. Qui si incontrano due grandi placche tettoniche, quella africana e quella euroasiatica, generando un’attività geologica intensa e imprevedibile. Il 28 dicembre 1908 un sisma di magnitudo 7,1 e il conseguente maremoto devastarono Messina e Reggio Calabria, provocando oltre 80.000 vittime. Secondo l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, la faglia attiva dello Stretto è in grado di produrre eventi di magnitudo superiore a 7, con tempi di ritorno potenzialmente brevi in termini geologici. La costruzione di un ponte a campata unica di oltre 3.600 metri, soggetto a forti sollecitazioni da vento e traffico, richiede non solo calcoli ingegneristici straordinari ma anche un continuo monitoraggio strutturale per decenni. Il Comitato tecnico scientifico ha già segnalato 68 criticità, di cui molte riguardano proprio la risposta sismica: stabilità delle fondazioni in caso di rottura della faglia, resistenza a movimenti laterali e verticali, impatto cumulativo di vibrazioni e oscillazioni. Anche lo scenario del maremoto, spesso trascurato, è un fattore determinante. L’onda generata da un sisma sotto lo Stretto potrebbe colpire direttamente le strutture di accesso e le basi di sostegno, compromettendo la funzionalità dell’opera in pochi minuti. Senza dimenticare che il cambiamento climatico, aumentando la frequenza di fenomeni meteorologici estremi, amplifica il rischio di interazioni critiche tra vento, mare e struttura.
Un’opera militarizzata?
Giorgia Meloni ha definito il ponte “strategico” e lo ha incluso nella pianificazione di spesa militare, affermando che potrebbe servire alla mobilità delle truppe NATO dalla base di Sigonella. Questa dichiarazione alimenta dubbi su priorità e finalità reali dell’opera: più infrastruttura militare che volano per lo sviluppo locale.
Contenziosi, penali e precedenti giudiziari
La storia del ponte è già costata decine di milioni di euro in studi, stipendi e consulenze alla Stretto di Messina Spa, attiva dal 1981 senza aver posato un solo metro di campata. Un eventuale stop comporterebbe una penale di 700 milioni di euro a WeBuild. Nel frattempo, 104 cittadini contrari sono stati condannati dal Tribunale delle Imprese di Roma a pagare 238.000 euro di spese per aver contestato un progetto non ancora definitivo.
Il paradosso: un’astronave senza strade
Costruire un ponte di 3.600 metri a campata unica, il più lungo del mondo, su due sponde collegate da ferrovie ottocentesche e strade fatiscenti è come piantare un grattacielo in mezzo al deserto. Senza un piano infrastrutturale integrato, l’opera rischia di restare un monumento alla propaganda e allo spreco, utile più alle carriere politiche che ai cittadini.
Conclusione
Il Ponte sullo Stretto non è oggi una risposta alle necessità reali di Sicilia e Calabria: è un simbolo di gigantismo politico in un contesto che chiede l’opposto, interventi diffusi, manutenzione, connessioni efficienti e sicure. Prima di innalzare un colosso ingegneristico tra due sponde isolate, bisognerebbe garantire a chi le abita di potersi muovere senza percorrere in mezza giornata distanze che altrove si coprono in poche ore. Altrimenti il ponte sarà solo un’altra cattedrale nel deserto, sospesa sopra il vuoto di un Sud ancora abbandonato.
(*) ripreso da «Un blog di Rivoluzionari Ottimisti. Quando l’ingiustizia si fa legge, ribellarsi diventa un dovere»: mariosommella.wordpress.com
In “bottega” trovate (con i TAG) molti articoli sul ponte di Messina. Fra i più recenti: Verso il 9 agosto a Messina (di Angelo Maddalena), Come si fa a fare il Ponte di Messina… (di Bruno Marasà), La NATO e il ponte sullo Stretto di Messina (di Antonio Mazzeo) , Ponte di Messina, dalla commedia alla farsa (di Stefano Lenzi) e L’eterna bufala del Ponte sullo Stretto (di Alberto Ziparo e Angelo M. Cirasino)
L’immagine qui sopra – scelta dalla “bottega” – è di Giuliano Spagnul.