RWM- Domusnovas: disinneschiamo le bombe
Pubblichiamo un Dossier sugli ultimi avvenimenti attorno alla fabbrica di armi nel Sulcis Iglesiente. Interventi di Cagliari Social Forum, Ottavio Olita, Giorgio Beretta, Roberto Mirasola, Andrea Pubusa. Documentiamo anche le mobilitazioni sul territorio, fra cui quelle in programma per giovedì 20 novembre a Cagliari.
VALUTAZIONE NEGATIVA SUBITO
PER L’AMPLIAMENTO DELLO STABILIMENTO RWM
A PARTIRE DALLE ORE 9.30 PRESIDIO DAVANTI A DAVANTI ALLA SOVRINTENDENZA AI BENI AMBIENTALI IN VIA CESARE BATTISTI 2
Dalle ore11.00 davanti alla GIUNTA REGIONALE IN VIALE TRENTO
Dichiaravano di non produrre esplosivi, ma non era vero, così la società RWM ha potuto ampliare il suo stabilimento senza la necessaria Valutazione di Impatto Ambientale (VIA).
Sappiamo che gli esplosivi e gli ordigni militari prodotti da RWM vengono impiegati nelle peggiori guerre che insanguinano il pianeta, ma i funzionari dei comuni, della Provincia e della Regione Sardegna hanno voluto credere alle false dichiarazioni dell’azienda, sino a quando, a novembre 2021, una sentenza del Consiglio di Stato ha ristabilito la verità: lo stabilimento RWM di Domusnovas-Iglesias produce esplosivi, è a elevato rischio di incidente, e il suo ampliamento doveva essere sottoposto a VIA obbligatoria preliminare.
La sentenza del C.d.S. ha annullato le licenze edilizie, quindi i lavori di ampliamento, con i relativi scavi, sbancamenti e costruzioni, che risultano quindi essere abusivi.
Anziché demolire le opere abusive e ripristinare lo stato dei luoghi, la RWM ha deciso però, nel 2022, di chiedere una Valutazione di Impatto Ambientale a lavori compiuti (una VIA ex post), interpretandola come una sorta di sanatoria.
La VIA ex post è durata tre anni, nel corso dei quali la RWM ha continuato ad apportare ulteriori modifiche al suo stabilimento, vanificando di fatto il procedimento. L’istruttoria per la VIA ex-post dell’ampliamento RWM è ormai conclusa, manca solo il parere finale della Giunta Regionale, che si dovrà comunque esprimere entro la metà del prossimo mese di dicembre, secondo quanto stabilito da una recente sentenza del TAR della Sardegna. A causa delle gravi carenze istruttorie, dovute alle informazioni parziali e lacunose fornite dall’azienda, e dei gravi impatti ambientali comunque emersi, la Valutazione finale per l’Impatto Ambientale dovuto all’ampliamento RWM non potrà che essere NEGATIVO.
Fra le tante motivazioni ne ricordiamo alcune.
Buona parte degli ampliamenti è stata realizzata in aree a rischio idrogeologico molto elevato, dove, per ragioni di sicurezza, vige il divieto assoluto di edificazione.
– Sono stati violati numerosi vincoli paesaggistici che tutelano l’area, senza che fosse mai nemmeno acquisito il parere obbligatorio e vincolante della Soprintendenza di Cagliari in merito all’ampliamento nel suo complesso.
– Non è mai stato presentato un progetto unitario e organico del piano di ampliamento, né un elenco completo di tutti gli impatti dovuti alle numerosissime opere realizzate, in termini di scavi, sbancamenti, distruzione della vegetazione, impermeabilizzazione dei suoli, …
In queste condizioni la procedura di VIA non può che avere un esito NEGATIVO. In caso contrario si tratterebbe solo dell’ennesimo favore a chi fa profitti fabbricando e vendendo ordigni di morte, oltre che un cedimento alle indebite pressioni governative esercitate in questi mesi.
a) Può una Regione che detiene il primato di servitù militari a livello nazionale concedere una VIA positiva ad una fabbrica di morte che produce armi da esportarle in tutti i teatri di guerra?
b) Cosa succederebbe se il torrente sulle cui rive si affaccia lo stabilimento RWM esondasse ed uscisse dagli argini?
c) Perché credere a un azienda che dichiara di voler salvare il Sulcis dalla crisi, propagandando a ogni piè sospinto numeri iperbolici per le maestranze alle sue dipendenze, ma che poi risulta avere appena 102 dipendenti assunti? Un azienda che ricorre sistematicamente al lavoro precario e interinale, pronta a sbarazzarsene appena cala la richiesta di ordigni?
Il giorno 20 di novembre non andremo per scontrarci con la Presidente Todde ma per sapere quali sono le intenzioni della Giunta in proposito.
Noi continueremo A VIGILARE. L’invito alla partecipazione è rivolto a tutte le associazioni, partiti, sindacati e singoli cittadini che non si vogliono piegare alla logica del ricatto occupazionale e alla logica colonialista che continua a sfruttarci in nome del profitto.
Cagliari Social Forum – Comitato sardo di Solidarietà con la Palestina
In attesa della decisione della Giunta regionale si moltiplicano le iniziative e l’attenzione della stessa stampa mainstream sul caso RWM, all’interno del dibattito sul riarmo a livello europeo e planetario, al persistere ed ampliarsi delle guerre in corso; alla minaccia di nuove e cruenti conflitti sempre più possibili e sempre più “vicini”.
La logica della guerra per risolvere (alimentare) i conflitti, è ormai diventato il cuore delle scelte politiche del Governo Italiano e non solo di quello.
La scelta dell’economia di guerra come cuore degli investimenti e delle scelte economiche finanziarie degli Stati (praticamente in maniera universale), è dato per acquisito e accettato.
Riprendiamo alcuni degli interventi recenti nel dibattito su RWM e industria armamenti; riconversione, oltre che testimonianza delle iniziative di lotta e degli incontri di approfondimento dell’ultimo mese. Redazione (BM)
RWM: fabbrica di bombe come modello di sviluppo europeo?
di Ottavio Olita, su Articolo 21
Il lungo elenco di irregolarità ha consentito alla fabbrica di bombe RWM di ingrandirsi senza ostacoli sul territorio del Sud Sardegna. Ora una dettagliata lettera scritta da tredici associazioni pacifiste e ambientaliste, da un partito e da un’organizzazione sindacale, prima firmataria Italia Nostra, elenca tutti gli abusi non sanabili commessi; la mancata presentazione alla Soprintendenza Archeologica, Paesaggistica e Beni Ambientali di progetti per opere ricadenti in area a vincolo paesaggistico; addirittura la costruzione di impianti industriali (magazzini, strutture produttive, locali tecnici, piazzali) in una zona a rischio idraulico Ri4 perché realizzati all’interno della fascia di 150 metri dal letto del Rio Figu. Quindi con gravi rischi di esondazione e conseguente coinvolgimento di strutture ad alta pericolosità.
La scheda tecnica, presentata ufficialmente alla presidente della Regione Alessandra Todde, diviene uno strumento fondamentale per quella Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) che dovrà essere data entro i termini fissati dal TAR perché la fabbrica, già in espansione, possa essere autorizzata ad un vasto ampliamento.
Mentre la Regione prende tempo, il governo dimostra ancora una volta di essere insofferente sul rispetto di regole fondamentali per la sicurezza dei cittadini. La prima sollecitazione a fare in fretta è giunta all’assessore all’industria Cani. Molto più esplicito il deputato di Fratelli d’Italia Salvatore Deidda che è anche presidente della IX Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni della Camera. Ecco cosa ha dichiarato: “La gestione da parte della Giunta Regionale della Sardegna dell’ampliamento dello stabilimento RWM è guidata dall’ideologia e rischia di condannare l’isola ad una reputazione di ostilità verso l’industria e lo sviluppo (…). Le nostre navi commerciali come le difendiamo dalla pirateria e dagli attacchi nel Mar Rosso? (…). Così facendo stanno condannando l’isola ad una decrescita infelice”. Singolare affermazione fatta contestualmente alle affermazioni del ministro Urso sul fallimento dell’ipotesi polo-zinco a Portovesme e nei giorni di allarme sindacale con contestuale silenzio tombale del governo sull’Eurallumina. Nessun impegno, passiva accettazione della totale deindustrializzazione.
Il non detto, quindi, è che l’unico sviluppo industriale sarà quello della produzione di armi ed esplosivo in omaggio alla Rheinmetall l’azienda proprietaria della RWM che, secondo quanto qualche giorno fa ha scritto Huffington Post, è diventata la nuova potenza militare d’Europa. Potenza militare con ambizioni imperialiste: colonizzazione delle aree più sofferenti di tutta Europa. Tra queste, ovviamente, il Sulcis.
Ma il governo della Sardegna può davvero accettare passivamente questa logica di militarizzazione di tutto il continente esplosa negli ultimi tre anni e mezzo? Logica giustificata con cosiddette esigenze di difesa, così come ha tentato di dire anche il deputato Deidda. Eppure sono le stesse cifre diffuse dalla RWM Italia a smentire questa versione dei fatti. Il bilancio al 31 dicembre 2024 dimostrava che mentre il portafoglio degli ordini dichiarava un totale del 15.5% per l’Italia – contro l’80.4% per l’estero –, molto più netto è stato il divario dei ricavi: dall’Italia solo l’1.8% contro il 24.8% dall’Unione Europea e il 64.3% dai Paesi extraeuropei. Economia di guerra? Sì, dunque. E tutto questo sarebbe in linea con il sacro articolo 11 della Costituzione?
La vocazione alla pace dell’Italia e della Sardegna deve dunque passare per fermare l’ossessione europea del riarmo destinando a questo settore cifre iperboliche contro tutti gli altri bisogni della società, in particolare a danno delle componenti più sofferenti e fragili. In Sardegna il no a questa nuova forma di colonizzazione, subdola, fatta in nome dei posti di lavoro trovati nell’attuale deserto occupazionale, deve passare sia attraverso la ricerca di una solida riconversione industriale della fabbrica delle bombe, sia attraverso la scrittura di un nuovo statuto che non solo promuova l’autogoverno ma che respinga qualunque tentativo di colonizzazione dell’isola, men che meno quella che affida agli oggetti portatori di morte non di pace un possibile futuro economico. La battaglia riguarda in prospettiva anche tante altre zone italiane in difficoltà. Se passa la linea del ‘comunque si deve fare’, l’operazione si diffonderà rapidamente a macchia d’olio.
p.s. Articolo 21 liberi di… continuerà a seguire, con appuntamento settimanale il giovedì, gli sviluppi della vicenda RWM.
Ottavio Olita, da qui articolo21.org
Riarmo e deterrenza nel caso Rwm, dialogo con Giorgio Beretta
a cura di Carlo Cefaloni, 13 Novembre 2025
I nodi dell’industria militare in Europa nel caso della strategia di Rheinmetall in Italia e quella di Leonardo a controllo pubblico. Intervista al ricercatore Giorgio Beretta. Il valore dell’impegno a partite dai territori. Un contributo in vista della manifestazione Segnali di futuro in programma ad Iglesias in Sardegna dal 14 al 15 novembre
Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio Opal, è uno dei massimi esperti di questioni legate alla produzione ed esportazione di armi e quindi di industria militare ma le reti televisive mainstream si guardano bene dall’invitarlo nelle loro trasmissioni. Lo sentiamo per fare il punto della situazione alla vigilia della sessione del Laboratorio sulla riconversione dell’economia in programma ad Iglesias dal 14 al 15 novembre.
Siamo nel pieno del riarmo europeo che sembra senza alcun freno politico. Quali sono le critiche di fondo alle scelte dei vertici della Commissione europea?
Possiamo dire che siamo davanti ad un sistema industriale che non è affatto primariamente calibrato sulle effettive esigenze di difesa europee, ma fortemente dipendente dalle esportazioni verso paesi extra-UE ed extra-NATO, in particolare in Nord Africa e Medio Oriente. Questa dipendenza economica alimenta un modello di business in cui le aziende europee, in competizione tra loro, creano attivamente la domanda di armamenti partecipando a fiere internazionali in regioni ad alta tensione. Pensiamo a quella che si sta svolgendo in questi giorni in Egitto
Come si pone in tale contesto la strategia di Rwm che vuole espandersi in Sardegna?
Mi sembra una strategia legata non solo a piani di difesa europei ma anche a importanti commesse per l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, e alla produzione su licenza di droni israeliani. L’acquisizione di queste tecnologie, testate nel conflitto a Gaza, segnala l’adozione di un modello di guerra e controllo che solleva gravi interrogativi sul suo potenziale uso interno. Il Ministro della Difesa israeliano ha dichiarato che, dopo l’intervento a Gaza, Israele ha registrato un record di richieste di esportazione di armi (circa 14,6 miliardi di dollari), di cui la metà proveniente da paesi europei. Questo posiziona l’Europa come un attore chiave nel sostenere l’industria bellica israeliana, sebbene il principale fornitore di armi a Israele restino gli Stati Uniti.
Quali sono le principali linee di produzione della Rwm?
La produzione di bombe e missili a Domusnovas è in gran parte destinata all’esportazione verso Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Ucraina. La Rwm ha, inoltre, acquisito dalla compagnia israeliana Uvision la licenza di produzione dei droni “kamikaze” Hero 30, non solo per il mercato italiano ma per l’intera Europa. Il primo paese europeo interessato ad acquistare questi droni è l’Ungheria. Si tratta quindi di una vendita che solleva interrogativi sull’uso potenziale di tali sistemi: non per la difesa esterna (data la relazione “simpatetica” dell’Ungheria con la Russia), ma per il controllo interno, ad esempio contro migranti o manifestanti.
Cosa comporta l’uso di tali droni?
In pratica l’adozione da parte dei decisori politici europei di un modello Gaza e cioè di guerra e controllo della popolazione che travalica la difesa tradizionale. La Rheinmetall che controlla interamente la Rwm vuole sviluppare sinergie con l’italiana Leonardo, oltre a quelle per il carro armato europeo.
A tal proposito qual è il rapporto di fornitura di armi tra Leonardo e Israele?
Il governo italiano ha sospeso l’autorizzazione di nuove licenze verso Israele. Si è trattato, ad ogni modo, di una decisione tecnica e precauzionale dell’UAMA (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento), non di una scelta politica di revoca. Tanto è vero che, al contrario, le esportazioni autorizzate in precedenza non sono state revocate e proseguono.
L’ad Roberto Cingolani, intervistato dal Corsera, ha confermato che Leonardo fornisce assistenza con personale sul posto (quattro tecnici), contrariamente a precedenti dichiarazioni che parlavano di sola assistenza da remoto.
Cosa ha detto Cingolani delle aziende di Leonardo all’estero?
Cingolani ha confermato che Leonardo esporta verso Israele tramite le sue controllate statunitensi (come DRS), sostenendo di rispondere alle leggi americane. Una tesi contestabile perché un’azienda a controllo statale italiano dovrebbe decidere autonomamente le proprie politiche di esportazione. La gestione di Leonardo S.p.A. evidenzia una tensione fondamentale tra il controllo statale e le pressioni degli investitori internazionali. Sebbene sia un’azienda partecipata dallo Stato per oltre il 30%, Leonardo dichiara di dover rispondere primariamente alle richieste degli investitori e degli azionisti internazionali (grandi fondi come KKR e Vanguard).
Questa dinamica suggerisce che le strategie aziendali sono guidate più dagli interessi dei fondi internazionali che dalle normative nazionali o dalle effettive esigenze di sicurezza e politica estera italiane. La questione centrale diventa chi controlla realmente Leonardo: lo Stato italiano o la finanza globale.
Il caso Rwm ha dimostrato che i rapporti con Emirati Arabi Uniti (EAU) e Arabia Saudita sono un esempio di come avvengono certe decisioni politiche in materia di export di armi. Cosa è accaduto secondo le tue ricerche?
Il governo Conte revocò nel 2021 le licenze per bombe e missili a EAU e Arabia Saudita per il loro impiego nel conflitto in Yemen, introducendo un “certificato di uso finale rafforzato” per impedire l’uso delle armi in quel contesto. Prima il governo Draghi ha rimosso la necessità di tale certificato rafforzato e poi il governo Meloni: Ha riattivato completamente le licenze di esportazione di bombe e missili verso entrambi i paesi.
Gli EAU oggi sono stati accusati di fornire armi alle forze RSF in Sudan…
In questo caso non c’è prova che armi italiane arrivino direttamente in Sudan, ma il continuo rifornimento di armi agli EAU pone un problema di responsabilità. La reintroduzione di un certificato di uso finale rafforzato potrebbe aiutare a prevenire ogni coinvolgimento. Esiste poi un problema di trasparenza perché i dati ISTAT sulle esportazioni dal porto di Cagliari possono mascherare le spedizioni di bombe classificabili come “altri materiali metallici”, per nascondere l’entità dei flussi verso EAU e Arabia Saudita.
Sta di fatto che esiste una tendenza a non porre troppo limiti sulle armi davanti alla necessità di rafforzare la difesa di un continente europeo circondato da pericoli esterni da cui deve difendersi…
La discussione sulla difesa europea è spesso viziata da narrative fuorvianti e da una dottrina, quella della deterrenza, che alimenta la corsa agli armamenti. L’idea, promossa da figure come Mario Draghi, che l’Europa sia un vaso di coccio in balia di vasi di ferro e cioè militarmente debole è smentita dai dati. Secondo il SIPRI, nel 2024 la spesa militare aggregata dei paesi UE è di 346 miliardi di dollari, rendendola la seconda potenza mondiale dopo gli USA (997 mld) e davanti alla Cina (316 mld) e alla Russia (150 mld). L’invito della NATO a seguire il modello americano (spesa militare oltre il 3,5% del PIL) implica l’adozione di una postura militare proiettiva su scala globale, non necessariamente allineata con le specifiche esigenze di difesa europee.
Ma l’Europa non deve comunque con realismo seguire la linea della ricerca della pace tramite la deterrenza?
Questa dottrina si fonda sul postulato che per prevenire un’aggressione sia necessario armarsi più del potenziale avversario. Questo innesca inevitabilmente una reazione speculare, generando una spirale ascendente di riarmo (corsa agli armamenti) piuttosto che un equilibrio stabile. L’assenza di una visione strategica comune in Europa è evidente nello sviluppo di due sistemi di caccia di sesta generazione concorrenti: il Tempest/GCAP (Italia, UK, Giappone) e il FCAS (Francia, Germania, Spagna). Questo denota una logica competitiva interna e una preferenza per strumenti di proiezione di potenza (cacciabombardieri) piuttosto che di pura difesa.
Spesso, gli eventi che accadono in una singola città possono rivelare tendenze sociali e politiche molto più profonde e significative. Le recenti mobilitazioni a La Spezia contro l’evento “Seafuture 2025” ne sono un esempio lampante: non si tratta solo di una notizia locale, ma di un caso di studio che offre un’inaspettata lezione su come la coscienza locale, di fronte a dilemmi globali, possa forgiare alleanze ritenute impossibili e riscoprire la propria forza. Cosa è accaduto a La Spezia?
Abbiamo visto una unità senza precedenti dei gruppi che hanno manifestato il loro dissenso verso una fiera di armi come è di fatto Seafuture. Per la prima volta, si è assistito a una presa di posizione coesa da parte di una coalizione composta da Associazioni Laicali Cattoliche e Chiese Riformate. L’impatto delle proteste locali è stato amplificato dal contesto in cui si sono svolte. Le manifestazioni a La Spezia sono avvenute in contemporanea con un’ondata di mobilitazioni in tutta Italia e in Europa riguardo al conflitto a Gaza, inserendo la questione locale in una narrazione molto più ampia di guerra e diritti umani. All’evento erano state ufficialmente invitate una delegazione governativa israeliana e la Marina Militare Israeliana. Sebbene queste delegazioni abbiano declinato la partecipazione, un fatto cruciale ha catalizzato l’indignazione: “questo invito non gli è mai stato revocato”. Questo dettaglio amministrativo si è trasformato in un potente simbolo politico e morale, perché è stato percepito come un segnale di indifferenza – o peggio, di tacita approvazione – da parte degli organizzatori, trasformando una formalità in una dichiarazione di valori che ha galvanizzato l’opposizione.
In che modo si è espressa questa opposizione?
Si è vista la capacità della comunità di organizzare una protesta tanto determinata quanto pacifica. La vera posta in gioco, quindi, non era solo opporsi a un evento, ma dimostrare che un dissenso maturo, diversificato e nonviolento rappresenta una forma di potere civico resiliente e costruttivo. Gli eventi di La Spezia come il grande lavoro del Comitato riconversione Rwm ci insegnano che una mobilitazione locale può rivelare alleanze sorprendenti, connettersi a questioni globali urgenti e dimostrare uno straordinario potere civico.
Da qui cittanuova.it
RWM: un NO secondo diritto e ragìonevolezza
13 Novembre 2025, di Andrea Pubusa
La sentenza del Tar, che ha fissato in 60 giorni il termine per la decisione della Giunta regionale sulla richiesta di VIA ex post della RWM è stata sbandierata dagli amici del giaguaro come vittoria della multinazionale delle armi, una sorta di anticipazione di una decisione favorevole nel merito. In realtà si tratta di una ordinaria pronuncia sul silenzio dell’amministrazione, che non entra in alcun modo nel merito della vicenda. La Regione è del tutto priva di vincoli, dovrà decidere secondo le risultanze istruttorie. E fra queste vi sono anche le osservazioni delle associazioni ambientaliste. Già una volta queste prospettazioni sono state ritenute fondate dal giudice amministrativo. La sentenza di annullamento del Consiglio di Stato della prima autorizzazione è esattamente basata sulla considerazione che l’attività della RWM nella nuova struttura ha natura chimica e quindi richiede la VIA. E’ quanto i legali delle associazioni ambientaliste hanno sottoposto all’attenzione del Consiglio di Stato in appello, con successo.
Possiamo ora fare previsioni per il futuro prossimo venturo? Certamente. Gli accurati rilievi delle associazioni ambientaliste attestano l’esistenza nel sito interessato di vincoli idrogeologici che inibiscono la costruzione del manufatto proposto da RWM. L’azienda bellica deve dunque mettersi l’anima in pace. Dovrà demolire quanto abusivamente e furbescamente ha già costruito, con buona pace del ministro D’Urso, che, povera stella, è angosciato per la forte disoccupazione nel Sulcis. Dovrà lavorare, il ministro, a creare occasioni di lavoro buono non per costruire strumenti di massacro di esseri umani a Gaza e dintorni, ma per lo sviluppo civile e pacifico del nostro territorio. La RWM vada altrove col suo carico di morte.
La Regione non ha alternative al NO. La RWM impugnerà? Bene, la Regione ci avrà al suo fianco, resisteremo a piè fermo davanti al giudice amministrativo e nelle piazze. Sarebbe ben triste dover essere noi a impugnare un provvedimento favorevole della Regione, Anche se confidiamo – come la volta scorsa – di avere buone ragioni per spuntarla. Abbiamo poi la tranquilla coscienza di agire nell’alveo dell’art. 11 Cost, che ripudia la guerra e quindi tutte le attività ad essa preordinate, come son quelle di RWM.
da qui https://www.democraziaoggi
Perché non deve essere concesso l’ampliamento della fabbrica di bombe Rwm
13 Novembre 2025, Roberto Mirasola
In questi giorni i comitati impegnati in opposizione all’ampliamento della fabbrica di bombe RWM, hanno presentato alla Presidente Todde un’importante lettera.
Un contributo che fa ben capire il perché è stata corretta la posizione assunta nel chiedere un ulteriore approfondimento prima di pronunciarsi sulla richiesta di VIA. Si evidenzia che la sentenza del TAR che intima alla regione di pronunciarsi nel termine dei 60 gg. è una procedura amministrativa dovuta. La PA deve pronunciarsi non essendo possibile il suo silenzio. Viene, dunque, intimato un termine ma i giudici amministrativi giustamente non entrano nel merito della decisione politica che chiaramente è a carico della Presidente e della sua Giunta.
A nostro parere sarà difficile non tener conto degli importanti elementi che emergono dalla lettura del documento scritto dai comitati. Si fa notare ad esempio che “Il mancato coinvolgimento della Soprintendenza ai Beni Paesaggistici e Ambientali in ogni atto e procedimento riguardante l’ampliamento della fabbrica RWM, pur in presenza di vincoli paesaggistici tali da rendere il parere della Soprintendenza necessario e vincolante”. Queste affermazioni derivano dall’attenta lettura del D.lgs. 42/04: il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. Si tratta delle norme che tutelano la protezione, la conservazione e la promozione del patrimonio culturale e paesaggistico. Ebbene i comitati evidenziano con dovizia di particolari tutte le omissioni della RWM tanto da far riportare che “L’istruttoria condotta dal Servizio VIA si è quindi conclusa senza che fossero acquisiti i necessari pareri in merito ai vincoli paesaggistici presenti nell’area di intervento, né da parte della Soprintendenza, che non è mai stata coinvolta, né da parte del Servizio tutela del paesaggio della Sardegna meridionale che non si è mai espresso in merito all’ampliamento dello stabilimento RWM nel suo complesso, come richiesto dalle sentenze del C.d.S.”
Altro aspetto importante riportato è la sottovalutazione da parte della RWM nel costruire gli insediamenti produttivi nonostante la presenza del Rio Figu. In particolare si legge “Si omette però di precisare che da tale analisi sia risultato un rischio di esondazione molto elevato per il Rio Figu (livello Hi4), il che comporta un rischio idraulico molto elevato in tutta l’area (livello Ri4, il massimo possibile…..Reparti produttivi, depositi, locali tecnici, strade e piazzali realizzati in quest’area si configurano quindi come abusi non sanabili”. Non possono non tornare alla mente tutti i disastri idrogeologici verificatisi in Sardegna quando si è costruito nel corso dei fiumi. Giusto per ricordare. Il ciclone Cleopatra nel 2013 causò perdite in vite umane e ingenti danni materiali, perché l’enorme quantità d’acqua non trovò spazio sufficiente nei canali a causa del fatto che diversi corsi d’acqua furono tombati o ristretti. Stesso discorso vale per l’alluvione del 2008 a Capoterra.
Ultimo aspetto che si fa notare è che nei documenti presentati dalla RWM alcuni edifici, si dice siano adibiti ad uso magazzinaggio quando in realtà il loro uso è ben diverso. Si legge: “L’unità esterna collocata in comune di Musei non svolge però la funzione di magazzino esterno, ma si tratta invece di un vero e proprio reparto produttivo nel quale si svolge l’assemblaggio delle loitering munitions (Droni Killer) della serie Hero prodotti su concessione della UVision Air Ltd, azienda israeliana del comparto militare-industriale”
In questi giorni diversi esponenti politici si sono espressi, alcuni mettendo in discussione il principio della libera impresa. In particolare si ritiene che l’eventuale decisione negativa della Regione limiterebbe irrevocabilmente l’iniziativa privata. L’articolo 41 della Costituzione riconosce la libera iniziativa economica privata, tuttavia la limita espressamente nel caso in cui rechi danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute o all’ambiente. Rischi alla salute e all’ambiente che per i motivi sopra riportati sono abbastanza evidenti che devono creare una grande preoccupazione. Ricordiamoci che parliamo di una fabbrica che utilizza esplosivi e le conseguenze sulla popolazione non devono essere sottovalutate.
Roberto Mirasola è il responsabile pace di Sinistra Futura
da qui https://www.manifestosardo.org
il Link per leggere e scaricare copia della lettera inviata alla Presidente Todde: qui
Ampliamento RWM: edifici e manufatti non sono sanabili
Nei giorni scorsi una vasta coalizione della società civile sarda (ambientalisti, antimilitaristi, sindacati, partiti e associazioni di consumatori) hanno inviato una nuova lettera alla presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde (dopo quella inviata lo scorso settembre) per fornire ulteriori elementi di approfondimento e segnalare nuove e insanabili criticità presenti nella parte espositiva della Delibera della Giunta Regionale N. 49/1 del 23.09.2025 con la quale si sospendeva l’autorizzazione ambientale dell’ampliamento dello stabilimento RWM di Domusnovas-Iglesias-Musei, in attesa di ulteriori elementi istruttori.
Il mancato coinvolgimento della Soprintendenza
Italia Nostra Sardegna, Comitato Riconversione RWM, WarFree – Lìberu dae sa gherra, ANPI Cagliari, Assotziu Consumadoris Sardigna, USB Sardegna, Cagliari Social Forum, COBAS Cagliari, Rete Iside, Movimento Nonviolento Sardegna, Le Radici del Sindacato CGIL Sardegna, Partito Comunista Italiano Sardegna, a seguito della lettura della delibera proposta dall’assessora della Difesa dell’Ambiente hanno ritenuto di portare all’attenzione della Giunta il mancato coinvolgimento della competente Soprintendenza per i Beni Ambietali e Paesaggistici in ogni atto e procedimento riguardante l’ampliamento della fabbrica RWM. Si è segnalato che nella procedura di VIA ex post non sono stati acquisiti i necessari pareri in merito ai vincoli paesaggistici presenti nell’area di intervento, né da parte della Soprintendenza, che sembrerebbe non sia mai stata coinvolta, né da parte del Servizio tutela del paesaggio della Sardegna meridionale, che non si è mai espresso in merito all’ampliamento dello stabilimento RWM nel suo complesso, come richiesto dalle sentenze del C.d.S.. Senza questi pareri non si può in alcun modo approvare la Valutazione di Impatto Ambientale.
Edifici e manufatti realizzati in aree ad elevato rischio idrogeologico Ri4
Altra insormontabile criticità è rappresentata dall’aver costruito opere e manufatti edilizi in un area a rischio idrogeologico molto elevato.
Le norme di attuazione del PAI impongono un vincolo di inedificabilità assoluta e vietano espressamente di realizzare impianti industriali in aree caratterizzate da rischio idraulico Ri4; ciò nonostante una parte importante dello stabilimento RWM si trova proprio in prossimità delle sponde del Rio Figu, in piena area Ri4. Reparti produttivi, depositi, locali tecnici, strade e piazzali realizzati in quest’area si configurano quindi come abusi non sanabili.
Il rischio idraulico di livello Ri4 è quello più elevato e non può essere mitigato né compensato, gli eventuali manufatti presenti devono obbligatoriamente essere rimossi.
A tal proposito abbiamo segnalato la curiosa proposta dei tecnici del Servizio VIA regionale che approverebbero la VIA ex-post per le opere abusive già realizzate, per poi rinviare ad una successiva Valutazione di Impatto Ambientale gli interventi necessari per mitigare il rischio idrogeologico causato da quelle stesse opere realizzate abusivamente!
Trasformazione dei magazzini in impianti produttivi
Un’altra grave criticità concerne la trasformazione dei magazzini di deposito in impianti produttivi, senza che questo cambio di destinazione d’uso sia mai stato comunicato agli uffici preposti al rilascio dell’autorizzazione ambientale. È il caso emblematico dello stabilimento di Musei, dove vengono prodotti i droni killer: sebbene l’impianto sia già entrato in attività, secondo la documentazione presentata risulterebbe ancora un semplice magazzino.
Giudizio negativo sulla compatibilità ambientale
Purtroppo, l’intero iter autorizzativo, della durata di tre anni, è stato caratterizzato da una sistematica carenza e/o omissione di informazioni fondamentali. Tali lacune hanno non solo determinato una eccessiva dilatazione dei tempi istruttori, ma avrebbero già di per sé dovuto indurre gli uffici decisori a respingere la richiesta fin dalla sua presentazione.
In sintesi, i portatori di interesse che contestano l’ampliamento dello stabilimento, oltre ad una opposizione di principio al progetto, ne contestano la legittimità giuridica, individuando una serie di violazioni procedurali che invalidano l’intero iter autorizzativo.
Considerate le gravi criticità ambientali emerse, per lo più irrisolvibili, si è ritenuto di dover suggerire alla Giunta Regionale di esprimere un giudizio negativo sulla compatibilità ambientale del progetto di ampliamento dello stabilimento RWM, che produce esplosivi, munizioni e ordigni bellici nei comuni di Domusnovas, Iglesias e Musei. Una posizione, questa, necessaria nonostante le differenti valutazioni tecniche degli uffici regionali.
da qui https://italianostrasardegna
EVENTI
Iglesias 14-15 novembre segnali-da-un-futuro-possibile-iglesiasv
Le ultime manifestazioni davanti all’RWM, ad ottobre e novembre
Intervista Botteri a Arnaldo Scarpa 1 e 2
Il ricatto per il lavoro nel Sulcis: disoccupazione o produzione di armi
https://www.facebook.com/share/v/1DZ742N95Z/
https://www.facebook.com/share/v/1WYTWXrK3b/
LINKS per approfondire
Droni, elettronica, munizioni: così riarmeremo l’Europa. Parla il Ceo di Rheinmetall, Armin Papperger: milanofinanza.it
Il sito web di Warfree-liberu dae sa gherra warfree.net/
Armi senza regole: il business nascosto di Rheinmetall:
link suggeriti da Italia Nostra Sardegna
Financial Times – Italian pacifists stymie Europe’s plan to boost ammunition production
Italia Nostra – Ampliamento RWM: edifici e manufatti non sono sanabili
L’Unione Sarda – Cagliari, in piazza contro la RWM di Domusnovas
Osservatorio Nomil Scuola – Manifestazione RWM fabbrica di bombe e droni di guerra
Articolo 21 – Riarmo: l’allarme di Conte le ricadute sul territorio
Pressenza – Per la Palestina chiudiamo la fabbrica di morte di Domusnovas
Il Manifesto Sardo – Disarmare il lavoro
LA 7 – Il ricatto per il lavoro nel Sulcis: disoccupazione o produzione di armi
Articolo 21 – Vuote promesse. La realtà è fatta d’una fabbrica di bombe
Articolo 21 – La bramosia del riarmo sta cancellando ogni etica
Cagliari Tomorrow – Italia Nostra Sardegna e coalizione sociale chiedono il blocco dell’ampliamento RWM
Movimento dei Focolari – Segnali da un futuro possibile
Il Manifesto Sardo – Ampliamento RWM: edifici e manufatti non sono sanabili
Articolo 21 – RWM: fabbrica di bombe come modello di sviluppo europeo?
Il Fatto Quotidiano – Riarmo il dossier: “Nel 2026 la spesa militare aumenterà di un miliardo. Senza considerare i 23 previsti per i prossimi tre anni”
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