Scor-data: 14 novembre 1844

Muore Flora Tristan

di Daniela Pia (*)

FloraTristan

Nel 1800 nascere donna non era propriamente una fortuna. Nascere in una famiglia atipica poteva offrire qualche possibilità. Se la famiglia “insolita” si frantumava potevi contare solo su te stessa. Così fece Flora Tristan, pioniera delle lotte per l’emancipazione femminile: contò soprattutto sulle sue forze, anche quando pareva non bastassero.

Florita” nasce nel 1803 a Parigi. La sua fu una breve ma intensa esistenza caratterizzata da grande volontà e dal forte senso di giustizia sociale: il padre don Mariano Tristan y Moscoso, era un nobile di antico lignaggio mentre la madre Thérèse era figlia di un francese cattolico scappato in Spagna. La loro fu una storia d’amore, al limite delle convenzioni sociali, eppure la loro casa era un crocevia di ospiti illustri fra i quali il rivoluzionario Simon Bolivar. Quando il padre morì, la madre – non essendo sposata regolarmente – risultò essere una semplice concubina e non poté “accampare” alcun diritto sull’eredità. La loro condizione sociale ed economica subì quindi un drastico cambiamento e dovettero imparare a vivere modestamente. Quando Flora compì 16 anni era già una donna bella, elegante dai lunghi capelli neri e gli occhi di brace. Se ne rese conto anche l’incisore André Chazal che quando la vide se ne innamorò e la chiese in sposa alla madre la quale accettò senza tener conto delle obiezioni della ragazza. Flora non la perdonerà mai per averla obbligata a sposare un uomo che non amava e che anzi detestava. Chazal si rivelò un forte bevitore e Flora, infrangendo le regole del tempo, ebbe il coraggio di abbandonare il tetto coniugale. Questo fece di lei una paria che venne tenuta a distanza dai benpensanti. Per mantenersi si ridusse a fare la domestica a Bordeaux ma dopo qualche tempo osò imbarcarsi per il Perù, alla ricerca delle sue origini e di maggior fortuna. Giunta ad Arequipa, la città dei suoi avi, lo zio Pio l’accolse e le riconobbe una rendita a vita. Dopo venti mesi vissuti viaggiando per il Perù, tornò nella Ville lumiere dove scrisse «Le peregrinazioni di una paria», reportage del suo viaggio della speranza attraverso l’Atlantico e il Perù. Ne scaturì uno spaccato sociale che descrisse le miniere, le guerre civili, la condizione degli “indigeni”. Nel suo lavoro di scrittrice rifletté a lungo sul ruolo delle donne chiedendosi perché una donna che sceglieva di vivere da sola dovesse essere considerata “inaccettabile” e perché non le fosse concesso di avere una propria identità e il diritto a divorziare. Queste sue posizioni crearono ulteriore scandalo mentre il marito la perseguitava, giungendo a tentare di ucciderla. L’uomo fu poi arrestato e condannato a vent’anni di carcere e soltanto allora per lei giunse l’accettazione sociale che le consentì di diventare membro della Parigi “culturale” che contava.

Come giornalista, Flora si recò in Inghilterra dove ripercorse il tragitto che in Perù l’ aveva portata verso gli ultimi: frequentò bettole, topaie e bordelli annotando puntigliosamente ambienti e sensazioni, si travestì da ambasciatore e ne scrisse in «Promenades dans Londres» dove denunciò l’infame traffico dei bambini, la grande miseria, lo sfruttamento della prostituzione. Decisa a entrare nel Parlamento, non aperto alle donne, si batté sempre come una leonessa: «Rivendico i diritti delle donne, perché sono convinta che tutte le sofferenze del mondo derivino dalla mancanza del rispetto e dal disprezzo dei diritti naturali e imprescindibili dell’essere femminile».

Forse chiese troppo a se stessa. Fu madre eppure non riuscì a conciliare il ruolo di chi è convinta di avere una missione da compiere con le cure per sua figlia Aline. E questa sua esaltazione, sempre lancia in resta, la consumò tanto che quando si spense , il 14 novembre 1844, aveva solo 41 anni.

Il suo funerale fu immenso. Nel cimitero di Bordeaux si trova il monumento che gli operai fecero erigere in suo ricordo, per una vita spesa anche a difesa dei diritti dei lavoratori.

La figlia Aline due anni dopo la sua scomparsa sposerà un giovane giornalista, Clovis Gauguin, e dalla loro unione nascerà Paul, il futuro pittore.

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.
Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 14 novembre avevo, fra l’altro, queste ipotesi:
«giornata del diabete»; 1781: squartato Tupak Katari; 1851: pubblicato «Moby Dick»; 1874: nasce Adolf Brand; 1889: Nellie Bley inizia il «giro del mondo» in settanta giorni; 1940: Coventry; 1951: alluvione Polesine; 1974: il “Corsera” pubblica «Io so» di Pasolini; 2003: Sedna classificato come asteroide e non come pianeta E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.
Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it ) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.
Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su http://www.radiazione.info .
Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… è un’impresa più complicata del previsto, vi aggiorneremo. (
db)

 

Daniela Pia
Sarda sono, fatta di pagine e di penna. Insegno e imparo. Cammino all' alba, in campagna, in compagnia di cani randagi. Ho superato le cinquanta primavere. Veglio e ora, come diceva Pavese :"In sostanza chiedo un letargo, un anestetico, la certezza di essere ben nascosto. Non chiedo la pace nel mondo, chiedo la mia".

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