Sì, viaggiare: a esempio in quel di Camelot

di Fabrizio («Astrofilosofo») Melodia

«Hic iacet sepultus inclitus Arturius, rex quondam, rexque futurus» recita la lapidaria iscrizione che si pone davanti al mio sguardo,

dove i passi mi hanno condotto.

E’ la tomba di un grande condottiero, un sovrano illuminato, distrutto dalla passione e dalla gelosia: re Artù di Camelot: «re una volta, re sarà in futuro», come riporta Sir Thomas Malory nel suo fondamentale scritto «La mort d’Arthur» del 1484.

Il mio viaggio nelle terre dell’immaginario – dopo il suo inizio a Oz e il transito presso Darkwood e Lyonesse – continua qui nell’isola di Avalon, dove le fate trasportarono il corpo del valoroso sovrano, colpito a morte dal traditore sir Mordred, che gli aveva usurpato il trono dopo avergli fatto credere nel tradimento di Lancillotto del Lago con la sua consorte Ginevra.

Un duello all’ultimo sangue, con Artù che combatteva strenuamente colpo su colpo, colmo di pianto per la propria lucida follia, per il rimpianto di aver perso il più fidato e valoroso dei cavalieri e per altre cose che non ci è dato sapere.

La fida spada Excalibur, forgiata dal popolo dei nani e tenuta in sacra custodia dalle fate di Avalon (in particolare dalla bella Viviana, di cui ora sono ospite) fece giustizia uccidendo Mordred, per poi essere riconsegnata nella preziosa mano della fata.

Le fate incisero l’iscrizione della profezia e ancora adesso il mondo aspetta il ritorno del sovrano e della Fratellanza della Tavola Rotonda con la rinascita del regno di Camelot.

Viviana, con il cuore gonfio per la nostalgia, mi rammenta le meravigliose feste che Artù amava organizzare per allietare le giornate del suo popolo, felice tra le mura del castello, abilmente “incantate” dal saggio Mago Merlino, in modo che fossero in grado di respingere ogni attacco.

Giostre e tornei si sprecavano mentre i mercati fiorenti portavano prosperità e nutrimento, la migliore giustizia sociale e la stabilità politica in tutta Britannia garantiva una pace duratura e una prospettiva di vita lunga e solida.

Viviana ha quasi le lacrime agli occhi al ricordo del Salone Grande, dove si trovava la Tavola Rotonda, predisposta per 140 cavalieri, fra i quali, oltre lo stesso Artù, facevano la loro bella presenza sir Gawain, sir Bors, sir Bedevere, sir Ector, sir Lionel, sir Kay, sir Tristram, sir Perceval, sir Galahad e il famoso sir Lancelot del Lago che poteva essere sconfitto solo dal tradimento e dalla magia, come poi si avverò.

Viviana ricorda ancora come di rado tutti i cavalieri sedessero insieme, poiché era loro compito essere sempre in viaggio in cerca di avventure e di torti da raddrizzare; un pensiero va al periodo della ricerca del Santo Graal, durante il quale la Tavola Rotonda restò per troppo tempo sguarnita, permettendo i loschi intrighi di sir Mordred e di Morgana, sorella di Merlino.

Viviana narra la notte del tradimento, quando gli sgherri di Morderd s’impadronirono della rocca di Camelot con gran spargimento di sangue.

Mi affaccio con Viviana sulle rive dell’isola di Avalon, in direzione della rocca di Camelot, che tanta ispirazione ha dato alle leggende.

Molti hanno tentato di ritrovarla, ben pochi ci sono riusciti; come ben pochi hanno trovato Avalon, perduta tra le nebbie dei mari.

Mi viene da sorridere al pensiero che la parola “Camelot”, negli USA, è persino entrata nell’uso comune per indicare il periodo semi-idilliaco della presidenza di John Fitzgerald Kennedy, interrotto bruscamente dal suo assassinio, paragonabile alla morte di Artù. O almeno alcuni la pensano così su Kennedy… ma Noam Chomsky non la pensa così, come sa chi ha letto il suo «Alla corte di re Artù. Il mito Kennedy» (in italiano: Eleuthera, 1994).

Alcuni dicono di averla vista davvero, come il poeta Chretien de Troyes, che ne parlò nel suo poema «Lancillotto o il cavaliere della saggetta»; altri hanno tentato di situarla, a Saltwell Park o a Gateshead; altri la identificano con Cadbury Castle; altri ancora con Tintagel Castle, Viroconium, Caerleon-on-Usk nel Galles meridionale; e qualche altro a Dinerth Castle vicino al fiume Arth o a Camulodunum, la fortezza di Colchester, sebbene tale collocazione nell’Anglia orientale (Essex) sarebbe completamente opposta alla tradizione.

Prima di riportarmi dove le sue fate mi hanno prelevato, Viviana mi porta nella sua biblioteca personale, dove ha raccolto negli anni tutti i libri, dipinti, musiche e film che in qualche modo hanno dato nuova vita alle leggende arturiane e alla terra di Camelot.

Autori e autrici come Mark Twain, John Steinbeck, Marion Zimmer Bradley, Jack White, T. H. White hanno contribuito notevolmente a fare in modo che il ciclo arturiano non sia ancora concluso, introducendo spesso elementi entrati di prepotenza nell’immaginario collettivo.

Noto anche una copia del film «Excalibur» e tutta la serie animata «La spada di King Arthur», che fanno bella mostra nello scaffale alto. Ho visto male o manca il bellissimo film di Robert Bresson?)

Ritorno alla mia terra tra le braccia della fate, con una riflessione: e se Camelot fosse dentro ognuno di noi?

 

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