«Suonerie»: prima puntata

Un appuntamento mensile (*).  Ascolti suggeriti da Daniele Barbieri, Giovanni Carbone e Mauro Antonio Miglieruolo. Si inizia con La casa del vento, Joel Ross e Johann Baptist Vahnal.  E se qualcuna/o ha idee per un logo… arrivi in coda a questo articolo e si faccia coinvolgere.

JOEL ROSS di Daniele Barbieri

Vibrafonista e compositore ma all’occasione pianista e batterista: secondo album per il 27enne Joel Ross, uno dei molti volti nuovi della scena jazz statunitense. Who are you? (Blue Note, come il primo del 2019) conferma tutto quel che di buono c’era in Kingmaker.

Quattro dei 15 brani sono di Ross. Si parte con un sogno («Dream») quasi cantabile, si passa per «After the rain» (di John Coltrane) per chiudere con l’eccellente «3-1-2» e il desiderio di averne ancora.

Musicisti giovani. In alcuni brani si affaccia Brandee Younger (arpista nientemeno): con i suoi 37 anni è il più vecchio. Nel gruppo spicca Immanuel Wilkins al sax – da tenere d’occhio – ma anche Jeremy Corren al pianoforte, Kanoa Mendenhall al contrabbasso e Jeremy Dutton alla batteria convincono e in alcuni punti entusiasmano … ma poi quel che conta – come sempre – è l’insieme non la somma dei solisti.

Era un bel po’ che un vibrafonista jazz non convinceva e soprattutto emozionava tanto. In passato Lionel Hampton e Milt Jackson (da leader o con il Modern Jazz Quartett) furono stelle di primissima grandezza. Dopo di loro i pur bravi Gary Burton e Bobby Hutcherson non riuscirono a svettare. Joel Ross sembra in grado di lasciare il segno. Intanto questo Who are you? è fra gli album più belli dell’ultimo decennio.

LA CASA DEL VENTO di Giovanni Carbone

Alle Corde (data d’uscita: aprile) è il nuovo album della Casa del vento, registrato fra gli studi Sonic Temple di Parma e il “Doccione”, poche case sparse tra i boschi dell’Appennino tosco-romagnolo, in terra di Francesco, un passo da La Verna. Esattamente qui, la band, una decina di anni fa, incontrava Patti Smith, finendo col partecipare a Banga, disco della cantautrice statunitense che contiene i brani “Seneca” e “Costantine’s Dream”, ispirato al sogno di Costantino che Piero della Francesca aveva immortalato nel ciclo di affreschi della chiesa di San Francesco ad Arezzo.

Già nel titolo si rievoca una saga di ultimi, quelli che come pugile sconfitto rischiano di non rialzarsi per assalti furibondi d’anni brutali.

Gli 11 pezzi sono nel solco dell’identità della band, con le ritmiche di Fabrizio Morganti (batteria) e Massimiliano Gregorio (basso) a costruire un tappeto sonoro d’atmosfera folk, su cui si distendono le note quasi recitate di fiati, tastiere e fisarmonica di Sauro Lanzi, la chitarra graffiante di Francesco Moneti, i reef vertiginosi del violino di Andreas Petermann. È disco corale, in cui si riconosce la storia di oltre trent’anni della band, con le liriche mai scontate di Luca Lanzi (chitarra e voce, autore anche delle musiche) a definirne il carattere narrativo. I temi sono trattati con grazia soffusa, le parole di Luca sono armonie poetiche che evocano intimi emozionali, esplorano i fatti di ieri, gli orrori del presente, un quotidiano di passioni civili.

Alle corde è disco “politico”, nel senso etimologicamente più autentico del termine, riporta a consapevolezze di essere parte di un tutto. Già nella scelta di usare lo strumento del crowdfounding per la sua produzione, disvela volontà di libertà, afflato partecipativo.

La trama del disco è un percorso di settant’anni, vi si legge la contrapposizione fra la «banalità del male», come nella strage nazifascita di Sant’Anna di Stazzema, (“Girotondo a Sant’Anna”) e la profondità umana del viaggio attraverso il fronte di guerra di una bambina di otto anni, che sarebbe divenuta madre di Luca Lanzi (“Il Pane e le spine”). Il “Mare di mezzo” (dall’arabo Bahr Alwasat, nome che il liutaio cortonese Giulio Carlo Vecchini, ha dato a una chitarra realizzata con legno di scafi di migranti giunti a Lampedusa) è racconto dell’irrazionale odio verso gli ultimi: emerge la poetica del linguaggio universale dell’accoglienza, della solidarietà fra pari. E ancora il tema del distacco, per il progressivo spegnersi d’un genitore (“Raccontami ancora”) o quello drammaticamente attuale delle solitudini adolescenziali (“La tua vita” e “Sulla tua pelle”).

È lavoro prezioso, di resistenza alla barbarie annichilente d’un contemporaneo disumanizzato.

Per saperne di più: https://www.produzionidalbasso.com/project/casa-del-vento-alle-corde/

VANHAL di Mauro Antonio Miglieruolo

A febbraio Naxos ha presentato il quinto volume delle Sinfonie di Johann Baptist Vanhal». Con la «Sinfonia in fa minore», considerata fra le migliori in questo genere, e la «Sinfonia in do», che era molto popolare ai suoi tempi, anche un Concertino per oboe.

La durata del CD è di circa 79 minuti; numero di catalogo 8.574305. L’esecuzione è a cura della Czech Chamber Philharmonic Orchestra, Pardubice. Dirige: Michael Halász.

Fra i compositori “minori” – si fa per dire – del Settecento, Johann Baptist Vanhal (ma il suo vero nome era Jan Křtitel Vaňhal) nacque il 12 maggio 1739 a Nechanice in Boemia. Coevo di Mozart, Haydn e Beethoven, è stato attivissimo sia come compositore che come interprete. Era apprezzato come organista, violinista e violoncellista. La sua musica godeva la stima di Mozart e di altri contemporanei. Gli sono attribuiti un centinaio di quartetti, 73 sinfonie, tutte gradevolissime all’ascolto, ma anche 95 composizioni di musica sacra e molte altre strumentali. Nelle sue opere sono presenti sfumature protoromantiche. In alcuni momenti sinfonici Vanhal sembra presentire il romanticismo, verso le cui sonorità si avvia.

Divenne talmente famoso e fu talmente prolifico da poter vivere grazie alle sue composizioni. È il primo musicista a emanciparsi dalla protezione di un nobile o dalla necessità di incarichi retribuiti. Le sue sinfonie ebbero vasta risonanza, tanto da essere eseguite, appena pubblicate, anche negli Stati Uniti.

Eseguì vari quartetti insieme a Haydn, Mozart e Dittersdorf; di cui sembra sia stato allievo. Fra le esecuzioni, famosissima quella del 12 febbraio 1785, nella quale furono offerti all’ascolto tre dei sei Quartetti che Mozart aveva dedicato a Haydn.

Morì a Vienna il 20 agosto 1813.

Qui è possibile ascoltare un “assaggio” (l’Allegro della Sinfonia in C major)
dell’album: https://www.naxos.com/feature/Vanhal-Symphonies-Vol-5.asp

A RISENTIRSI FRA UN MESE (CIRCA)

(*) questa rubrica è stata pensata per micromega.net dove potete trovare la seconda puntata, la terza è in arrivo.

care e cari creativ*

sarebbe carino se questa rubrichetta mensile avesse un logo riconoscibile. Io avevo pensato a una “famosa” foto dove Duke Ellington (vedi sopra) finge di traslocare da solo mezza orchestra ma mi sono obiettato da solo: db non fare sempre il jazz-centrico, ci sono altre musiche nelle galassie note. Così chiedo aiuto a chi meglio di me sa giocare con le immagini: ci regalate un loghino, loguccio, anzi (visto l’argomento) un logo-ritmo invece di un logaritmo? La paga è bassa (un multiplo di zero) ma la “gloria” grande e imperitura. Fatevi vedere. O sentire.

db, più suonato che suonatore

PS: ovviamente sono graditi anche consigli per scegliere i nostri prossimi trittici. Per favore astenersi chi ha orecchie poco educate.

Redazione
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