Taglio del cuneo fiscale…

…Solo fumo negli occhi! – S.I. Cobas

Con la legge di Bilancio, approvata dal governo Meloni, cresce nel 2023 il taglio del cuneo fiscale.

Il governo taglia di ulteriori 4 punti (in aggiunta ai 2 di Draghi) i contributi previdenziali a carico dei lavoratori. Fino a 25 mila euro lordi lo sgravio è del 7%, tra i 25 e i 35 mila è del 6%. Vero? Falso! Perché il taglio dei contributi comporta un aumento dell’imponibile IRPEF che si applica al netto degli oneri contributivi.

È quindi un esonero parziale, anche perché a fronte di 4 miliardi di minori entrate per le casse dello stato, solo 2,9 miliardi hanno la copertura (grazie ai tagli al Reddito di Cittadinanza), mentre i restanti 1,1 miliardi dovranno essere trovati spremendo chi le tasse le paga per davvero con le trattenute in busta paga e non il ceto medio che come dice Salvini è “vessato dal fisco”.

Certamente il taglio comporta un incremento delle retribuzioni nette.

Certamente è un vantaggio avere qualche euro in più in busta ma è anche un aggravio per i conti statali. Certamente per noi viene prima il bilancio familiare e poi quello statale ma sappiamo bene che quando i conti non tornano il debito pubblico viene messo in conto solo ai lavoratori, ai disoccupati e a tutte le categorie deboli con tagli ai salari e ai servizi.

La privatizzazione dei profitti (cresciuti nonostante crisi, guerre e pandemia) e la socializzazione delle perdite è il tratto distintivo di tutti i governi, presenti e passati e di tutti i partiti e sindacati di regime.

L’ingiustizia fiscale è accentuata dallo scivolare progressivo verso la cosiddetta “tassa piatta”, dove poveri e ricchi sono tassati in modo tutt’altro che progressivo. Questo è solo un meccanismo per abbassare la massa dei salari a favore di rendite e profitti.

Perché questi anziché attuare una odiosa tassa sulla miseria non tassano del 10% i patrimoni del 10% dei super ricchi?

Si inventano le più fantasiose alchimie contabili e vivono di proclami e promesse ma l’unica coerenza (trasversale) è lo strisciare ai piedi dei padroni grandi e piccoli.

Viene da dire “bello il taglio del cuneo fiscale ma a pagarlo siamo sempre noi”.

La Meloni e governo hanno sbandierato tagli e strombazzato incrementi delle buste paga fino a 100€.

Intanto le finte opposizioni rivendicano, in alternativa, ancora più risolutezza nell’attuare i tagli e tutti si dichiarano a favore della stabilizzazione della misura che per adesso riguarderà solo 6 mesi, da giugno a dicembre 2023. In realtà i soldi che vedremo in busta paga saranno molto più modesti, 50 euro circa.

Dopo aver annunciano cannonate, si spara a salve. Se consideriamo che l’inflazione intorno al 10-13% riduce il potere d’acquisto dei salari reali è facile rendersi conto che ci stanno vendendo del fumo.

 

A ben vedere il taglio del cuneo fiscale è un polverone che non migliora affatto le nostre buste paga perché più che uno spostamento della ricchezza a favore dei lavoratori e solo un giro contabile che produce un effimero vantaggio immediato a fronte di un peggioramento del salario differito: pensioni, previdenza sanità, servizi in genere.

La riduzione del momentaneo gettito contributivo saranno fiscalizzati e sappiamo bene che a pagare le tasse saranno sempre e solo i lavoratori e i pensionati.

La vera lotta deve essere per contratti che pongano al centro forti aumenti salariali.

Gli aumenti salariali saranno tali ad una sola condizione che questi vadano a decremento dei profitti.

Con questa convinzione andiamo a preparare lo sciopero generale!

da qui

Redazione
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