Violenza contro le donne nell’organizzazione del lavoro
di Vito Totire (*)
25 novembre 2025
La violenza sulle donne di cui istituzioni e media non parlano neanche : le esposizioni a rischi professionali e ambientali.
Crimini di pace senza (apparente) spargimento di sangue.
Prendere atto, risarcire con dignità e soprattutto prevenire.
Proposte oltre il “bla bla bla”.
C’è una questione che non viene affrontata sufficientemente anzi è tendenzialmente rimossa: il tributo che le donne pagano a una organizzazione del lavoro nociva e costrittiva. Come rimediare? Il primo passo è prendere atto e non rimuovere, poi risarcire velocemente e dignitosamente. Ultimo e non ultimo: prevenire.
In concreto:
• Amianto e altri fattori di rischio: non è possibile che le donne colpite da malattie asbestocorrelate e i loro familiari post-mortem debbano anche subire il distress di procedimenti in tribunale che sanciscano una verità già evidente; la letteratura scientifica parla di mesoteliomi paralavorativi, ma in realtà lavorativi a tutti gli effetti visto che sono la conseguenza del lavaggio delle tute inquinate da amianto che il cinico “datore di lavoro” (spesso pubblico, se non LO STATO IN PRIMA PERSONA) ha lasciato trasportare a domicilio dai congiunti della donna che poi ne è stata vittima.
Cesare Maltoni ha descritto il caso di una donna deceduta a 45 anni: da bambina aveva lavato al tuta del padre manutentore in uno zuccherificio. In verità l’eccesso statisticamente significativo di malattie da amianto non ha riguardato solo il mesotelioma ma anche altre patologie: in linea di massima tutte disconosciute rispetto ai mesoteliomi (le indagini epidemiologiche a questo riguardo sono numerose)
• Ma i disconoscimenti non riguardano solo le malattie da amianto cosiddetto paralavorativo, riguardano anche patologie da esposizione ambientale (domestico) e anche fattori di rischio professionali diretti e non
“paralavorativi”. Una importante osservazione della Consulta sulle malattie professionali correlate a movimenti ripetitivi e movimentazione manuale dei carichi ha documentato che – nell’ambito del quadro generale delle patologie professionali sottosegnalate e sottoriconosciute – la situazione per le donne è peggiore di quella (già comunque grave) che riguarda i lavoratori di sesso maschile. Questo dipende verosimilmente da diversi fattori: la medicina elabora spesso parametri di riferimento targati sul sesso maschile; i DVR (documenti di valutazione del rischio aziendali) sottovalutano o addirittura ignorano spesso l’imput del decreto 81/2008 che indica la necessità di modulare la valutazione del rischio anche in relazione all’età, al sesso e al Paese (e cultura) di provenienza; i DVR tendenzialmente sottovalutano i rischi per tutti (maschi e femmine che siano gli/le esposti/e).
I “rimedi” possibili?
• I DVR ove lacunosi vengano riscritti, con la partecipazione e la supervisione delle assemblee operaie di gruppo omogeneo
• Vengano superate le discriminazioni salariali, sessuali, organizzative che collocano le donne in posizioni marginali e connotate da assurde costrittività che non tengono peraltro conto (può accadere anche per gli uomini) dei carichi di lavoro domestici e familiari. A uno di noi – cioè della «Rete Nazionale Lavoro Sicuro» – è accaduto di dare un passaggio in auto a una lavoratrice marocchina che aveva perso l’autobus. Domanda: che turno lavorativo fa? Risposta: 3 ore al giorno per sei giorni alla settimana. E il tempo per il tragitto casa lavoro? Risposta: fra andata e ritorno tre ore!
• I danni subìti vengano evidenziati e “risarciti” dignitosamente, per quanto adeguati risarcimenti non sono davvero possibili; che i danni vengano risarciti dopo breve istruttoria da parte di una struttura di sanità pubblica senza costringere le vittime e i loro familiari a defatiganti contenziosi nei tribunali; vengano riaperti con un decreto legge tutti i “casi” disconosciuti in passato anche attingendo informazioni dai registri tumori e dai registri RENAM (MESOTELIOMI)
• La sanità pubblica adotti le strategie necessarie per la emersione delle patologie sottosegnalate e l’accertamento di tutte quelle disconosciute dall’Inail in virtù di una revisione delle procedure che hanno portato al diniego.
ADERIAMO ALLE MANIFESTAZIONI E ALLO SPIRITO DELLA GIORNATA DEL 25 NOVEMBRE PER LA PREVENZIONE DELLA
VIOLENZA CONTRO LE DONNE INVITANDO A INDIVIDUARE LA VIOLENZA IN TUTTE LE SUE FORME, ANCHE QUELLE LEGATE ALL’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO.
(*) Vito Totire è portavoce della «RETE NAZIONALE LAVORO SICURO»
Il 9 dicembre a Calenzano (Firenze) incontro pubblico indetto dalla «Rete»:
MORTI E STRAGI OPERAIE, ARRIVARE IL GIORNO PRIMA
dalle 14.30 alle 17.30 ad HANGAR 42, in via Vittorio Emanuele 42.

