Waldo, chi era costui?

Un grande Heinlein e un mediocre Heinlein: entrambi in edicola con Urania (ma occhio anche al PS)  

Se in questi giorni cercate waldo con l’aiuto di “santa” Wikipedia (che tu sempre sia lodata ma anche maledetta, amen) le prime voci che compaiono rimandano a un orsetto color turchese, protagonista di un cartone animato. Solamente con qualche ulteriore fatica – accoppiando waldo a robot ma sfuggendo alle lusinghe di «wall-e robot» – arrivate alla voce «manipolatore remoto» che inizia così: «Un manipolatore remoto o waldo è un meccanismo utilizzato per operare a distanza e quindi in condizioni di sicurezza su oggetti posti in ambienti pericolosi. Sono citati (Severo De Pignolis mi fa notare l’errore di concordanza fra il soggetto al singolare e il verbo al plurale) per la prima volta nel racconto di fantascienza di Robert Anson Heinlein del 1942 intitolato Waldo, o dell’impossibile nel quale vengono utilizzati dal protagonista, affetto da miastenia gravis, per manipolare oggetti da remoto. I primi dispositivi furono sviluppati nel corso della seconda guerra mondiale per manipolare le sostanze radioattive». Naturalmente se siete appassionate/i di fantascienza e avete una certa età… lo sapevate già. In ogni caso questo romanzo breve (racconto lungo se preferite) torna in edicola come «Waldo Anonima stregoni» nell’Urania 1596 (4,90 euri per 224 pagine) con la dicitura «i capolavori» nella traduzione di Vittorio Curtoni: ve lo consiglio… a metà.

L’ho riletto in questi giorni, ritrovandomi nelle mie prime impressioni di oltre 25 anni fa. Infatti il primo incontro con «Waldo», anche allora unito ad «Anonima stregoni», lo ebbi in gran ritardo cioè nel maggio 1986. Eravamo ad Ancona, giusto per motivi di fantascienza, io e Riccardo Mancini: «Waldo» ci mancava… e lo prendemmo, nella edizione Fanucci dunque con la traduzione di Roberta Rambelli e con l’introduzione non firmata ma chiaramente attribuibile a Gianfranco De Turris (fascista insopportabile pur se competente di fantascienza) e Sebastano Fusco. Eravamo curiosi entrambi di fare due verifiche: se la fama di «Waldo» era meritata e dove oscillava quel particolare Heinlein; infatti l’autore saltava molto spesso da destra a sinistra (in senso politico) e qualche volta – di rado a essere sinceri – scriveva anche male o malissimo. In successione tutti e due lo leggemmo e ci trovammo d’accordo: ottimo «Waldo» e per nulla invecchiato; invece «Anonima stregoni» strappava qualche sorriso ma era troppo leggero, in definitiva mediocre, soprattutto se la lettura avveniva con «Waldo» ancora fresco in testa.

Le trame? No, no, non ve le posso svelare senza farvi un serio danno. Dirò soltanto quattro cosucce su «Waldo»: è aperto da uno dei più lunghi e riusciti flashback che io abbia letto; il protagonista non vi uscirà facilmente dalla testa; il segmento sulla “educazione” alla boxe è uno spiscio; la leggerezza e genialità con la quale nella seconda parte del racconto Heinlein parla della magia è purtroppo inversamente proporzionale alla banalità e ripetitività del tema nel successivo «Anonima stregoni» (in effetti il titolo originale era «Magic Inc»). Così, a 70 anni dall’uscita, «Waldo» si legge ancora con gran piacere.

Ma sarà vero che il principio di indeterminazione del buon Heisenberg era l’unica incertezza di cui allora si era certi? E gli alberi dove si vanno a nascondere quando nessuno li guarda e perché lo fanno?

PS: In agosto occhio all’edicola: arriva su Urania il romanzo «WWW-3», ultimo (ma si può leggere a sé) di una bellissima trilogia del canadese Robert Sawyer. Vi accenno di che si tratta (volendo … in blog trovate molto di più).

Siamo ai giorni nostri, forse dopodomani.Webmind, un’entità cosciente è emersa dalla rete suscitando paura nei Palazzi ed entusiasmo in chi si dimostra capace di speranza, relazione, dialogo. Il filo sotterraneo che collega storie molto diverse è una riflessione critica su teoria dell’evoluzione e coscienza che qui (pag 244 del secondo volume) viene esplicitato: «L’evoluzione, la selezione naturale, funzionano solo fino a un certo punto. Il problema dell’evoluzione è proprio quello che diceva Richard Dawkins: i geni egoisti, la selezione di parentela. […] Ecco, prendiamo, non so, un branco di lupi, okay? Sono in competizione per le stesse risorse, lo stesso cibo. Ora, se tu e i tuoi parenti più stretti siete più forti numericamente, se scacciate gli altri lupi dalle terre fertili o gli impedite l’accesso alle prede, loro moriranno e voi sopravvivrete. Questa è l’evoluzione: la sopravvivenza dei più sani, dei più forti; e funziona fintantoché la superiorità numerica è tutto ciò che conta. Ma quando diventi una specie davvero tecnologica, l’evoluzione non propone più il […]giusto paradigma! Se tu e il tuo clan siete in 100 e non resta che un solo membro del gruppo che avete sopraffatto, ma lui ha una mitragliatrice e voi no, è lui a vincere: vi fa fuori tutti quanti. Ma questo è solo un esempio. Non devono essere per forza armi. Qualsiasi tecnologia che ti consenta di prevalere su un gran numero di concorrenti cambia in modo radicale l’equazione evoluzionista.

E… Ah, sì! E’ per questo che la selezione ha portato a una coscienza evoluta. La coscienza ha valore per la sopravvivenza perché ti permette di bypassare la tua programmazione genetica. Invece di mettere sotto con strafottenza quelli diversi da te, al punto di spingerli a vendicarsi con le armi, la coscienza ti permette di decidere di finirla con le sopraffazioni. La coscienza ci permette di dire ai nostri geni: “Ehi, lasciate una possibilità anche a quel tizio, anche se non è nostro parente stretto, così lui non sentirà il bisogno di saltarci addosso mentre dormiamo”. Far sì che soltanto i tuoi prossimi stiano bene è un vantaggio solo quando quelli che stanno messi male non possono nuocerti.[…]Infatti, di solito è proprio la gente scontenta a compiere atti di terrorismo o a cercare di portare via la terra ai propri vicini. […] Eliminando la povertà, migliorando le condizioni di vita fin nelle aree più remote del mondo, tu aumenti la tua stessa sicurezza. I geni egoisti non ci arriverebbero mai, ma per una mente consapevole è di un’evidenza lampante»

Sawyer ci aveva lasciato su un finale ottimista ma con alcune ombre – sapete la parte peggiore di quel Paese con Washington, aquila e Dio in banconota? Insomma quelli che spiano tutto e tutti? ecco, sempre loro – che fanno presagire un «Www 3» di scontro. Mi sbilancio e ve lo consiglio al buio, o meglio conoscendo i due precedenti della trilogia e gli altri libri di Robert Sawyer. E’ fantascienza di idee e di speranze, ben scritta e – mi pare – non maschiocentrica.

 

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