Nigeria: le schiave delle “Baby Factory”

Una recente operazione di polizia è tornata a far parlare delle cosiddette “fabbriche di bambini”, un’attività criminale fiorita sfruttando giovani donne in condizioni di povertà estrema.

di Marco Cochi (*)

Diciannove ragazze, di età compresa tra 15 e 28 anni, sono state liberate dalla polizia di Lagos dopo essere state segregate per mesi nelle cosiddette baby factory, fabbriche dei bambini che in Nigeria, dove la povertà è diffusa, sono un fenomeno criminale in crescita.

La maggior parte delle giovani erano state attirate nella più grande città della Nigeria da diverse parti del paese con la promessa di un lavoro stabile. Invece, sono state messe incinte e fatte partorire da un’organizzazione che poi vendeva i loro neonati.

Altre, secondo la polizia, sapevano invece a cosa andavano incontro. Almeno in parte. Il quotidiano locale The Vanguard riporta le parole di una ragazza che avrebbe detto di essere stata ingannata e di avere avuto rapporti sessuali con sette uomini prima di rimanere incinta. La donna che gestiva la casa nella zona di Ikotun, dove la giovane si trovava rinchiusa, le aveva detto che in cambio avrebbe ricevuto molti soldi e che dopo avrebbe potuto fare ritorno a casa.

Oltre ad aver liberato le ragazze, la polizia locale ha preso in consegna quattro dei piccoli così concepiti che stavano per essere venduti a 1.400 dollari l’uno i maschi e 830 dollari le femmine.

Non è la prima vota che in Nigeria vengono scoperte fabbriche di bambini. Già alla fine di aprile dello scorso anno, in un’altra operazione condotta dalla polizia di Lagos furono liberati 160 bimbi da una baby factory e da due orfanotrofi non registrati.

In questo caso, alcune delle donne liberate avevano raccontato agli agenti che quando erano rimaste incinte gli era stata promessa assistenza sanitaria. Una menzogna concepita all’unico scopo di portargli via i figli che poi sarebbero stati venduti per l’adozione, usati per il lavoro minorile, portati in Europa per la prostituzione o anche uccisi per scopi rituali.

L’emergere di questi centri per la vendita di bambini nella Nigeria meridionale può essere spiegato dai tanti ostacoli legali che rendono molto complicato il processo di adozione. Ma all’origine del fenomeno ci sono anche pratiche occulte che negli ultimi anni si sono moltiplicate nella regione, alcune delle quali richiedono sacrifici umani.

Il diffondersi del fenomeno del baby harvesting (raccolta di bambini) può essere anche spiegato dal desiderio dei genitori adottivi di nascondere l’identità del bambino adottato per vie legali. Nonostante il costante aumento delle pratiche di adozione formale registrato negli ultimi due decenni in Nigeria, va infatti ricordato che il bambino adottato è ancora oggetto di seri pregiudizi nella maggior parte delle società nel sud del paese.

Tale ritrosia deriva dalle rigide tradizioni culturali e dalle difficili realtà socio-economiche che spingono molte famiglie alla ricerca di un’alternativa all’adozione formale.

(*) testo e foto tratti da Nigrizia

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