«Rumori fuori scena»

Come accadde che un bel film venne “linciato”

di Fabio Troncarelli

Il 20 marzo 1992 fu proiettato per la prima volta negli Stati Uniti Noise off di Peter Bogdanovich, in italiano Rumori fuori scena, tratto dalla commedia omonima di Michael Frayn. Il film era una vera e propria scommessa: portare sullo schermo un testo che aveva avuto un successo incredibile scatenando un autentico delirio di pubblico nei teatri di tutto il mondo, tra il 1983 e il 1992 ma sarebbe continuato anche dopo (l’ultimo allestimento è del 2017).

Il film fu un mezzo fiasco e fu attaccato ferocemente da molti critici: il celebre giornalista del Washington Post Frank Rich, disse che era «una delle peggiori pellicole mai girate nella storia» , proprio lui che aveva scritto anni prima che la commedia di Frayn era «il più divertente spettacolo che ho visto in tutta la mia vita».

C’è poco da dire: tutti la pensavano come Lawrence O’ Toole che scrisse lapidario: «Non c’è peggior assassinio di un testo teatrale che trasformarlo in un film». E liquidarono senza complimenti il povero Bogdanovich, che come regista non era certo l’ultimo arrivato. Eppure avevano torto. Come sempre ha torto chi si fa accecare dai pregiudizi, anche se apppartiene allo smart set degli intellettualini Usa. Rivedendo oggi il film, interpretato da grandissimi attori come Michael Caine e Carol Burnett, dobbiamo ammettere che è divertenrtissimo e perfettamente realizzato, Qual è allora (o quale è stato allora)il problema? Si potrebbe validamente sostenere che dagli anni Novanta tutti abbiamo progressivamente perso il senso del comico. E ci sarebbero buoni argomenti per dimostrarlo, a cominciare dalle facce lugubri di chi ci governa, pagliacci tristi e grotteschi come Trump, Junker o Renzi che tutto ispirano meno che una franca risata. Ma non basta. La verità è anche un’altra. A mio parere dagli anni Novanta è cominciato un processo mondiale, per ora irreversibile, in cui il cimena è sempre meno un cinema d’autore e sempre più un circo Barnum. Lo spettatore non si delizia per le accorte scelte del regista o per le finezze interpretative di un attore. Estenuato, dissanguato da quella che Baudrillard chiamava «leucemia della storia» cerca sempre e solo eccitazione, come un drogato che vuole dosi sempre più forti, per soddisfare “il minimo sindacale” di quota-divertimento. In realtà il mondo dell’uomo che non deve chiedere mai, il mondo in cui tutto ruota intorno a te, come dicevano certi slogan pubblicitari pochi anni fa, è il mondo che ha abolito il principio di realtà in nome del principio di piacere. E ottiene – che te lo dico a ffà? – di restare inchiodato al principio di dispiacere che è l’altra faccia del presunto principio di piacere. Come diceva Eraclito? Non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume. E che hanno detto i suoi nipotini? Non ci si può bagnare neppure una volta (la battuta è di Kierkegaard). Cioé: se sei un coglione e cerchi solo il Paese dei balocchi fai la fine di Re Mida.Tutto quello che tocchi è oro, ma tu muori di fame e sei un pezzente. Il principio di piacere è come la cioccolata: provate a campare di sola cioccolata e vedrete quello che succede. Cioè, fuor di metafora: provate ad ammazzare la regia, la recitazione, la sceneggiatura e tutto il resto in nome di effetti speciali e luce smarmellata, alternando opposti, convergenti, rassicuranti estremismi: e cioè da un lato finti sogni prevedibilissimi e per nulla fantastici, programmati da noiosissimi ragionieri dello schermo (o dello scherno?) come i Troni di spade con trucidoni che strippano altri trucidoni in serie manco fossimo in macelleria o i maghetti fighetti che sembrano prestigiatori da avanspettacolo; dall’altro le foto patinate e il gelido estetismo tipo Grande Bellezza o Chiamami col tuo nome. Che vi resta in mano? La monnezza. E la noia. Come fate allora a capire Mozart o Rossini? Già perché un film come Rumori fuori scena è una specie di Barbiere di Siviglia: un autentico merletto che fa ridere e affascina dall’inizio alla fine e ti leva il respiro perché ti tiene incollato allo schermo più di un triller mozzafiato.

Tutto si basa su un meccanismo a orologeria difficilissimo da progettare ma non da vedere.

C’è una compagnia di attori sgangherati, che sono in sostanza guitti e spostati. E c’è un regista ambizioso e geniale ma forse solo istrione e casinaro. Quest’armata brancaleone cerca di mettere in scena una farsa, una commediaccia di serie B: ognuno va in una casa di campagna convinto di essere solo e quando sente un rumore perchè arriva un altro si nasconde. Il risultato è una serie di equivoci a catena. Che cosa può diventare tutto questo in mano ai guitti? L’occasione per fare casino nel casino e trasformare i piccoli equivoci della farsa in colossali equivoci di recitazione: il minimo che può succedere è che un atttore entri in scena al momento sbagliato e dica le sue battute mentre ci sono ancora altri sulla scena che stanno dicendo le loro. E fosse solo questo. Durante lo spettacolo nello spettacolo si scatenano una girandola di contrattempi e di follie esilaranti che si ripetono in continuazione senza stancare. E’ questo il segreto della storia: la variazione sul tema. Lo spettatore non crede ai suoi occhi: vede e rivede le stesse incredibili disavventure, che si accumulano e si ripetono senza essere mai identiche con il risultato stupefacente che otterrebbe una raffica di barzellette sullo stesso argomento da parte di un comico eccezionale.

Per apprezzare questo effetto bisogna seguire con attenzione ogni scena e non distrarsi. Proprio quello che non permettono i film a effetti speciali a diluvio e luce smarmellata a manetta. No, non ti devi distrarre. Non devi cercare di stordirti e di evadere. Devi rimanere sveglio, attento, curioso. Come un gatto in agguato. La tua preda, dolcissima, sarà una risata veramente liberatoria. Come dire: attraverso un attento rispetto del principio di realtà puoi raggiungere un piacere vero e profondo.

E’ evidente che il merito principale di tutto va all’autore della commedia, Michael Frayn, giustamente famoso per le sue doti. Ma non va trascurato il fatto che anche Bogdanovich e i suoi attori ci mettono qualcosa. E’ vero che un film non è mai come uno spettacolo teatrale. Ma se in un film sopravvive lo spirito dello spettacolo teatrale e si arriva a capolavori come Irma la dolce o Arsenico e vecchi merletti bisogna abbandonare il pregiudizio e accettare che un film non è solo l’ assassino della commedia ma può essere invece una maniera di farla rivivere come l’esecuzione di un grande pianista può far rivivere una Sonata celeberrima.

Leviamoci il cappello allora di fronte al buon, vecchio Bogdanovich che ha osato cimentarsi in quest’impresa. E godiamoci il film. Chi non l’ha visto (ma anche chi lo ha visto e decide di rivederlo) può stare tranquillo. Sono due ore di spasso.

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

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