15 M: la lunga durata del movimento spagnolo

di Massimo Serafini e Marina Turi

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Non ha avuto certamente quella intensità e quella partecipazione del 2011, ma è ugualmente positivo che la Spagna non si sia scordata del moto di indignazione generale che si sollevò cinque anni fa, portando centinaia di migliaia di donne ed uomini, giovani, ma anche meno giovani, ad occupare le piazze di tutte le principali città per rivendicare democrazia, diritti, giustizia sociale ed ambientale. Era un no rivolto all’Europa costruita dal pensiero unico, fra destre e sinistre, su soprusi e ingiustizie. Chi animò quelle straordinarie piazze di partecipazione e creatività è stato chiamato indignato, ma forse la dimensione collettiva di quegli eventi la si coglie meglio con il termine movimento 15M, data in cui tutto iniziò.

Ancora più positivo è che non ci si è mobilitati solo in Spagna, ma in gran parte delle città europee, in particolare in Francia, dove già da aprile ha preso corpo una massiccia ribellione a una brutta legge sul lavoro ordinata da Bruxelles e prontamente accolta dal governo socialista di Hollande.

15M dal suo epicentro in Spagna ebbe la capacità fin da subito di contaminare gran parte dei Paesi europei. Non è un caso che in Italia, negli stessi mesi in cui gli spagnoli occupavano le piazze, associazioni e movimenti dal basso convinsero la maggioranza degli italiani a dire no al nucleare e alla privatizzazione dell’acqua. Altrettanto significativo della capacità di diffusione della ribellione è che nel 2012 i greci consegnano la loro protesta contro l’Europa dei sacrifici a Tsipras e all’alleanza di sinistra di cui era espressione. Ciò che però caratterizza l’esperienza spagnola è la sua capacità di durare nel corso di questi cinque anni. Non solo. Oltre a continuare ad alimentare conflitti si è realizzato il tentativo di offrire a essi una rappresentanza politica. L’iniziale “non ci rappresentate” che gli indignados gridavano ai due maggiori partiti spagnoli PP e PSOE è diventato, almeno per una parte del movimento, impegno diretto a darsi una rappresentanza, formando una forza politica come Podemos. Un’operazione in larga parte riuscita, visto che nelle elezioni politiche dello scorso dicembre ha prodotto una vera e propria destabilizzazione degli equilibri politici e sociali spagnoli. Questo è solo la conferma più recente. Podemos aveva già raccolto dal nulla più di un 8% di voti alle elezioni europee, confermandolo successivamente nelle elezioni amministrative con la conquista – alleandosi con forze di movimento protagoniste nelle loro città – dei principali Comuni, a cominciare da Madrid e Barcellona.

Il successo di Podemos ha scardinato – sebbene una legge elettorale che fino ad ora ne aveva garantito la continuità – il soffocante bipartitismo fra socialisti e popolari, che si è alternato al governo del Paese dalla fine della dittatura franchista. Un successo reso possibile dalla capacità di dare continuità ai conflitti, contribuendo alla costruzione delle maree: la verde in difesa della scuola, la bianca per la sanità pubblica, la viola per l’autodeterminazione delle donne, quella arancione per il lavoro e il welfare; organizzando contemporaneamente sul territorio un partito come Podemos, per garantire una rappresentanza e uno sbocco politico. Come è noto la Spagna tornerà a votare il 26 giugno prossimo. Lo farà per responsabilità dei socialisti che, per non mettere in discussione la loro obbedienza alle politiche liberiste di Bruxelles, hanno deciso di allearsi con un partito centrista come Ciudadanos, fatto nascere dalla destra proprio come risposta a Podemos. Hanno rifiutato, in poche parole, il possibile governo che 11 milioni di persone avevano indicato con il loro voto a Psoe, Podemos e Izquierda Unida.

Sarebbe poca cosa se le manifestazioni di questo 15 maggio in Spagna esprimessero solo un ricordo e non un presente, come indubbiamente esprimono quelle che si sono svolte in Francia. Se ci si limitasse a commemorare, non si modificherebbero i rapporti di forza né in Spagna né altrove in Europa dove a dettare le regole del gioco sono ancora i fanatici del mercato e della finanza. In realtà avere legato il ricordo del 15 maggio 2011 alla lotta dei francesi, raccogliendo l’appello per una mobilitazione europea, lanciato da Place de la République, esprime la volontà di riattivare uno scontro sociale contro le ingiustizie di questa Europa. Una ripresa del movimento non può che essere salutare per la Spagna e per l’Europa. Per la Spagna perché una campagna elettorale in un clima di mobilitazione sociale porterà consensi a una forza come Unidos Podemos – la nuova formazione nata dall’alleanza fra Podemos e Izquierda Unida – che chiede voti proprio per portare al governo il progetto di Paese che si immaginò in quelle piazze occupate cinque anni fa. Sarà un bene per l’Europa che può sopravvivere solo se una sinistra nuova sconfiggerà l’attuale egemonia liberista sul vecchio continente, le cui ingiuste politiche lo stanno consegnando alle destre razziste e nazionaliste.

 

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