L’ombra del male

un racconto di Fabrizio – l’Astrofilosofo – Melodia (*)

Enterprise

Diario del capitano Jean Luc Picard, data stellare criptata.

Sono di nuovo in rotta verso il pianeta Vagra II, il luogo in cui vivemmo una delle nostre più terribili vicende, combattendo il mostro nero Armus. Speravo di non dover tornare mai più su questo pianeta, ma le circostanze eccezionali occorse nelle ultime ore mi hanno portato ad affrontare ancora una delle creature più terribili che avessimo mai incontrato nei nostri viaggi.

Il brusio dei sensori a lungo raggio riempiva il silenzio del ponte comandi. Tutti stavano svolgendo i compiti di routine con efficienza ed attenzione. La missione che li attendeva non si presentava come la più semplice. L’esito era incerto, le variabili troppe, come piaceva al giocatore di poker dell’astronave, il comandante William T. Riker.

«Tra meno di due ore saremo nell’orbita di Vagra II, capitano! I sensori a lungo raggio stanno captando chiaramente il segnale di soccorso dell’astronave Star Blazer».

Il capitano Jean Luc Picard trasse un profondo respiro e si sistemò la giacca della sua tuta tirandola deciso verso il basso. Il sudore imperlava la fronte, aveva dormito poco e gli occhi presentavano un rossore intorno ai bulbi.

«Sempre troppe, Numero Uno! Troppo tempo in balia di Armus. Speriamo di trovare ancora vivi i superstiti dell’atterraggio di fortuna», la voce era calma e procedeva spedita.

«Il capitano Derek Wildstarr è un’uomo di provata esperienza. L’impero di Gamilas ancora ricorda le sue manovre tattiche e con loro ci sono gli Space Tigers di Marte, pronti a tutto.

Armus non avrà vita facile!».

Riker diceva il vero, pensava Picard. L’esperienza precedente gli suggeriva che sarebbe occorso ben altro, contro il liquame oscuro.

«Si ricordi, Numero Uno, che il primo pensiero in caso d’emergenza va rivolto a preservare la vita dell’equipaggio. Armus è intelligente e disperato. Tenterà qualunque mezzo pur di lasciare la sua prigione», proferì Picard.

«Dalla nostra precedente esperienza, posso creare un campo di forza estendendo gli scudi dell’Enterprise allo stratosfera del pianeta, signore. A tale scopo sfrutterò la sonda di quarantena che avevamo lasciato in segno d’avvertimento otto anni fa, il segnale dovrebbe essere sufficiente ad impedire a qualsiasi navetta o essere vivente di lasciare il pianeta», proferì il tenente comandante Data, mentre teneva in braccio il suo gatto Spot, il quale si strusciava come di suo uso sulla divisa del suo padrone, miagolando e facendo le fusa.

«Predisponga immediatamente tutte le contromisure necessarie, Data! Non dobbiamo permettere in alcun modo ad Armus di andarsene, soprattutto dopo quello che ha fatto», rispose Riker, guardando il cenno di assenso di Picard.

Data accoccolò Spot sulle sue gambe e prese ad armeggiare velocemente con il suo Tricorder modificato, con il quale poteva accedere a tutti i sistemi della nave con un’interfaccia wi-fi diretta ed estremamente veloce. Era come se il suo cervello positronico entrasse in perfetta fusione con il computer dell’Enterprise e potesse interagire direttamente con tutti i sistemi, gli armamenti e i sensori a lungo raggio. In casi estremi poteva persino accedere al pilota automatico e ai sistemi di teletrasporto ma aveva spesso avuto il timore che tale operazione gli avrebbe fuso completamente i circuiti, soprattutto dopo l’innesto del chip emozionale, asportato al suo defunto fratello Lore dopo il loro ultimo incontro con i Borg sperduti.

Deanna Troi si avvicinò a Data, il quale aveva finito di armeggiare con il tricorder e gli diede un bacio dolce sulla guancia, un gesto che il droide umano parve gradire molto, aprendosi in un largo sorriso compiaciuto ed accarezzando Spot e la mano che Deanna gli aveva poggiato affettuosamente sulla spalla.

Picard sorrise, pensando a quanta strada aveva percorso insieme a loro l’androide simile a Pinocchio, come lo aveva saggiamente appellato Riker.

Ora le emozioni erano per Data una scoperta continua, un piacere e un dolore quotidiano e Deanna non perdeva occasione per rassicurarlo sui suoi pregi con affettuosità e amicizia, come di aiutarlo a controllare le emozioni violente, più volte con l’aiuto del signor La Forge.

Forse era proprio questo che era mancato ad Armus? Come Data, quando la Federazione lo ritrovò in quella grotta, spento e abbandonato dal dottor Noonien Sung, il suo esiliato creatore?

Il pianto inascoltato e continuo di un bambino odiato e disperato poteva portare a questo?

Era il menefreghismo e la voglia di seguire solo l’ipocrita cammino spirituale a generare mostri insondabili per qualsiasi Ragione?

All’improvviso, Deanna Troi si portò la mano destra alla tempia, un urlo trattenuto di dolore uscì dalle sue labbra carnose, mentre rughe di dolore le segnavano il volto incorniciato dai vaporosi e lunghi capelli corvini.

«Capitano… percepisco…dolore…paura…rabbia…derisione… tante persone…pericolo…», mormorò Deanna Troi, inginocchiandosi e poggiando la testa sulla spalla di Data, il quale prese ad accarezzarle i capelli, un gesto che fino a poco tempo prima per lui era stato semplicemente impensabile.

«Data, i sensori stanno captando qualcosa? Ormai dovremmo esserci!», chiese Jean Luc Picard, la voce accalorata.

«Si, sono riuscito a modulare le frequenze in modo da eludere le facoltà di disturbo di Armus. Sul pianeta non rilevo molti segni vitali, sembra che Armus si sia sfogato a dovere. Credo che Deanna stia percependo ciò che è avvenuto, un riflesso psichico dei fatti accaduti precedentemente. Se è vero quello che rilevo, capitano, sul pianeta Vagra II ci troveremo faccia a faccia con un vero massacro», rispose Data, continuando ad accarezzare Deanna Troi, la quale nel frattempo stava sfogando in un breve pianto sommesso tutte le emozioni violente che aveva percepito.

«C’era da aspettarselo, capitano. Sono passate più di sei ore dal disastro dell’astronave Argo e siamo stati noi i primi ad essere allertati. La scorta dei Cosmo Tiger di Derek Wildstar è avvezza a tutti i combattimenti ma contro Armus non si riesce ad avere gioco facile, soprattutto affrontandolo in modo convenzionale», affermò Riker con voce preoccupata.

«Concordo. Penso che siano abbastanza inutili, se in questo tempo la massa nera di Armus è riuscita a trovare una nuova fonte di approvvigionamento, Numero Uno».

«Armus trae linfa vitale dalle persone e dalle emozioni, in quanto a potenza e capacità mutaforma non è secondo a nessuno, ma potrebbe anche aver trovato pane per i suoi denti con la scorta del capitano Wildstar e dei Cosmo Tiger, forse quello che percepisco i sensori è solo quello che Armus lascia trasparire», rispose Riker.

«Il pianeta doveva rimanere in quarantena permanente come da mie disposizioni. Armus era una vittima e l’ho punito con la stessa moneta dei suoi genitori».

«Non poteva sapere che un’astronave diplomatica sarebbe incappata in quella improvvisa perturbazione asteroidale e avrebbe riportato così tanti danni da essere costretta ad atterrare proprio su quel pianeta. Non ha nulla da rimproverarsi, capitano».

Il tenente comandante Deanna Troi aveva parlato dopo essersi asciugata gli occhi che erano macchiati di mascara colato, la sua voce calda e suadente, unita al contatto empatico, era un toccasana per l’anima sofferente.

«Ne sono consapevole, Deanna! Tuttavia prima arriviamo sul pianeta, tanto prima avremo maggiori possibilità di salvare i membri della missione diplomatica».

«Si doveva discutere di un’importante accordo tra Cardassiani e Bajoriani, vero?», chiese Riker.

«Il comandante Sisko aveva passato mesi a negoziare tutti gli accordi e a fornire le assicurazioni necessarie affinché l’incontro avvenisse sul terreno neutro della stazione Deep Space 9! Si discuteva finalmente del fronte comune nella lotta contro il Dominion», precisò il comandante Data.

«Mi sembra di essere come gli spartani alle Termopili», mormorò Picard, con una nota di disappunto nella voce.

«Prego?! E’ qualcosa di concernente l’archeologia, capitano?».

«Rimasugli di storia antica terrestre, Numero Uno».

Spero sia tutto pronto per l’operazione, non sarò tranquillo fino a quando non saremo tornati tutti sani e salvi. Per questo lei e gli altri membri dell’equipaggio non scenderete sul pianeta Vagra II. Mi è bastato di sicuro aver perso in quel modo stupido e ignobile Tasha Yar.

La uccise solo per divertirsi, il maledetto.

E’ anche per questo che non lo uccisi e lo condannai alla perenne solitudine, relegandolo nel suo pianeta. Non volevo mettermi ai suoi stessi livelli, anche un bambino rinnegato, se diventa un adulto violento e psicotico, deve essere fermato e messo in condizioni di non nuocere», disse Jean Luc Picard, guardando William Riker dritto negli occhi.

Altre volte il Primo Ufficiale aveva visto quello sguardo cosi carico di doloroso silenzio e determinazione spontanea.

«Mi permetto di dissentire, capitano. Non può scendere solo lei sul pianeta, Armus avrebbe gioco facile, ancora di più dell’altra volta che teneva in ostaggio il tenente Troi.

Deanna ha dimostrato più di una volta di riuscire a creare un forte impatto emotivo con quello psicopatico alieno, inoltre è da due anni ormai promossa al grado di ufficiale di plancia e la sua esperienza è notevole.

Potrebbe esserle davvero utile e mi sentirei più tranquillo se l’accompagnasse, insieme al signor Data».

Picard guardò attentamente il suo Numero Uno, sempre premuroso ed efficiente, il buon Riker. Sempre quella paura di perdere il suo comandante venendo meno ai proprio doveri, anche quando era stato dimostrato ampiamente che non aveva alcuna responsabilità in tutta la vicenda occorsa.

Ma da come tremava il labbro superiore di Riker, il capitano Picard sapeva anche troppo bene che non era il caso di causargli ulteriore motivo di preoccupazione.

«Va bene, Numero Uno. Anche il signor Worf concorderebbe, se fosse qui presente e non ci avesse preceduto su Deep Space 9 su richiesta del conestabile Odo.

Il tenente comandante Deanna Troi e il signor Data saranno teletrasportati insieme a me su Vagra II. Saremo i soliti cavalieri del Graal nel procinto di compiere la nostra cavalleresca impresa, parleranno di noi come Beowulf, ho timore. Bene, predisponga tutto con O’Brien, fra dieci minuti saremo in sala teletrasporto uno. Purtroppo dovremo rinviare il nostro viaggio su Deep Space 9, ma a quanto ho capito anche il capitano Benjamin Sisko è in forte ritardo per alcuni problemi. Bene, a tra poco, Numero Uno», rispose Picard, tirando giù il lembo inferiore della sua divisa rossa a striature nere, un vezzo che non aveva mai perso in tutti questi anni.

Riker sospettava a volte che fosse un gesto scaramantico molto comune nei capitano di vascello del XX secolo terrestre.

Picard si diresse al turbo ascensore, accompagnato dal tenente comandante Deanna Troi e dal signor Data, i quali non proferirono nemmeno una parola, consci del terribile compito che li attendeva una volta scesi su Vagra II.

Armus era stato generato da tutte le negatività degli abitanti del pianeta ed abbandonato a se stesso. I suoi creatori dovevano vivere una vita di ascetismo e cura dell’intelletto, non avevano tempo per lui, per prendersi cura del loro lato bestiale, della propria e oscura ombra, che da sempre minaccia di oscurare la tenue fiammella dell’inconscio di tutte le razze viventi.

Il risentimento e la rabbia di Armus, con il tempo e la solitudine, erano cresciute in modo esponenziale e diretto. Come un bambino abbandonato da un genitore, chiedeva solo amore e attenzione.

Aveva ucciso il primo ufficiale della sicurezza, Tasha Yar e tormentato tutti noi, il tenente comandante Data era stato risucchiato nel suo corpo melmoso e mutaforme, sputato in seguito al pari di un escremento.

Jean Luc Picard non aveva voluto ucciderlo, tutte le forme di vita hanno pari diritti. In più era una vittima, più che un carnefice.

L’aveva confinato sul pianeta.

Credeva vi sarebbe rimasto inoffensivo per tutta la sua vita.

Sbagliava di grosso.

Non poteva lasciare il pianeta poiché era sprovvisto di astronavi, ora se n’era procurata una e in modo del tutto fortuito. Una nave diplomatica, a seguito di una grave avaria al motore a curvatura, era stata costretta ad un atterraggio di fortuna su di un planetoide avvistato dal sistema di navigazione d’emergenza. Era stato guidato da un radiofaro della Federazione, una sonda che emetteva un segnale continuo.

Era la sonda che Picard aveva dato ordine di lasciare per segnalare la zona proibita del pianeta Vagra II, ma il computer di bordo dell’astronave Argo, ridotto al minimo del protocollo di sopravvivenza, non aveva avuto scelta.

Non appena ricevuto il segnale di soccorso dai sensori a lungo raggio, l’Enterprise si era precipitata sul posto al massimo della curvatura. Non osava immaginare cosa avrebbe potuto fare Armus con le trenta persone a bordo dell’astronave Argo.

Avrebbe avuto un mezzo per evadere dalla sua prigione.

Diario del capitano Jean Luc Picard, supplemento.

Al nostro arrivo, i sensori hanno messo in luce un’anomalia sulla superficie del pianeta. Il segnale di Armus appariva accresciuto, ora ricopriva un’area cinque volte maggiore dall’ultima volta, anche i suoi segni vitali si presentavano più forti. Ormai il peggio si era verificato e contavo sulla prontezza e l’intelligenza della mia esigua squadra per portare al sicuro i superstiti.

Il lieve formicolio del teletrasporto si dissolse non appena ricompose i corpi dei tre uomini dell’Enterprise.

Jean Luc Picard, il tenente comandante Data e Deanna Troi iniziarono subito a guardarsi intorno, ma le doti empatiche di Deanna, aumentate nel corso degli anni, confermavano quanto accaduto prima a bordo dell’Enterprise D.

«Percepisce qualche segno vitale, signor Data?», chiese Picard.

«In quella direzione percepisco nettamente una forte fonte di energia primaria su bande assolutamente nuove, capitano. Non ho mai visto niente di simile prima d’ora».

«Non percepisco pensieri o stati d’animo, capitano. Niente di niente, a parte una gigantesca e assoluta forma di rabbia e odio allo stato puro, un male assoluto e senza declinazioni», confermò Deanna, cercando di resistere al dolore acuto che ciò le provocava.

Jean Luc Picard imprecò in francese tra se e se, premendosi al contempo lo stemma della flotta stellare che portava sulla giacca, mettendosi in questo modo in comunicazione con l’Enterprise.

«Qui è il capitano Jean Luc Picard. Date inizio alla schermatura del pianeta e non toglietela se non dietro un mio preciso ordine solo dopo che mi sarò identificato come da accordi. Numero Uno, conto su di lei e sull’infermeria della dottoressa Crusher. In caso non fossimo riusciti a risalire entro ventiquattro ore, fate in modo che la schermatura al pianeta Vagra II rimanga per sempre, se necessario, bombardate il pianeta con phaser e siluri fotonici, ma solo se Armus vi sta minacciando direttamente. Qui Picard, chiudo!», la mano passò sullo stemma, spegnendo la comunicazione e da quel momento erano completamente soli, con una creatura furiosa e sadica, eppure pur sempre una vittima.

«Capitano, percepisco solo una grande massa di odio e dolore, davanti a noi, a non più di un centinaio di metri. E’ strano, dovremmo quantomeno vedere Armus o la massa nera. Ricordo che quando precipitai con la mia navetta, la creatura era ben visibile anche a occhio nudo. La sensazione però non è la stessa, è terrificante, un oscuro ammasso di dolore e violenza», affermò Deanna Troi, stringendo tra le mani il phaser, facendosi diventare bianche le nocche.

Il ricordo di Armus la perseguitava ancora, aveva dovuto fare parecchia autoterapia per non continuare ad avere gli incubi che l’avevano perseguitata da allora, soprattutto l’immagine ricorrente della morte della dolce e combattiva Tasha Yar.

Deanna Troi scrutava il suo capitano e l’androide Data, percependo chiaramente il livello di autocoscienza e di emotività raggiunti dall’uomo di metallo.

Percepiva che ora, anche a distanza di anni, il dolore per la perdita della donna amata senza averle potuto dare un ultimo saluto era più vivo e tremendo che mai. Come anche quello per la perdita della figlia Lal, i cui schemi mentali positronici erano stati riversati dall’androide dentro alla sua memoria. Forse ora a Data, la perdita di Lal sarebbe stata corroborata da dolcezza e malinconia.

Purtroppo erano tutte cose che ad Armus sarebbero potute tornare estremamente vantaggiose, un’arma di notevole impatto.

Strinse ancora di più il phaser, mentre Data brandiva il fucile a percussione e Picard la vecchia colt 45 che aveva recuperato dal loro viaggio nel tempo nell’antica San Francisco di Samuel Langhorn Clemens, un vezzo, quello per l’archeologia, che il suo capitano univa alla sua grande anima sognatrice.

«Come suggerisce di procedere, Deanna?», chiese Picard, ridestandola dai suoi pensieri.

«Direi di procedere con lentezza e circospezione, so perfettamente dove dovrebbe essere la creatura ma non riesco proprio a capire perchè ancora non la vediamo. Data, tu percepisci qualcosa?».

«Il sensore a lungo raggio del mio tricorder mi segnala la grande massa di energia davanti a noi e rileva inoltre l’assenza di segni vitali dei naufraghi e la presenza del relitto poco distante da qui. Non c’è più tempo da perdere, capitano, dobbiamo avanzare».

Jean Luc Picard annuì greve, facendo loro segno di seguirlo. Si sentiva ridicolo con quella pistola antidiluviana, ma sapeva perfettamente che con Armus non sarebbero state le armi ad averne ragione e quell’antico cimelio serviva più che altro a infondere sicurezza al suo animo tormentato dai troppi ricordi.

Il terzetto si mosse in quella landa desolata, tutta composta da rocce grigiastre e sedimentose, e da sparuti fenomeni vulcanici di bassa entità. Decisamente un pianeta brullo e inospitale.

Percorsero parecchi metri in poco tempo, sempre guardandosi intorno, fino a quando il capitano Picard non alzò la mano, in silenzioso segno di arrestare il passo.

La videro molto chiaramente.

L’astronave si era aperta in due tronconi, la lamiera era sventrata e contorta come se fosse stata aperta dall’esterno e non per un’esplosione repentina.

«Non rilevo la presenza di alcun cadavere, capitano. Niente di niente. Anche Armus non si vede però i segnali della sua traccia energetica aumentata sembrano generarsi ovunque intorno a noi, sembrerebbe quasi che ci abbia accerchiato».

«E bravo l’omino di metallo, sempre il solito guastafeste!», proferì da ogni dove una voce gutturale e cavernosa.

La terra ai loro piedi prese una colorazione nerastra, ribollendo poi repentinamente, furono inoltre scossi da un movimento tellurico repentino, che li fece cadere a terra in modo rovinoso.

«Deanna! Data! Al sicuro le armi e state uniti a me!», gridò Picard.

La terra nerastra prese a raggrumarsi in un ammasso sempre più definito fino ad emergere in un ammasso alto più di tre metri e largo in proporzione, con una parvenza di volto ignota alla prima forma appartunuta ad Armus, il quale ora li sovrastava con la propria imponente mole di liquido denso.

«Non è possibile…», iniziò a dire Deanna Troi.

«Cosa non è possibile, mia bella naufraga di un tempo? Avevo davvero sperato fossi tornata per stare con me, ma devo dedurre che in realtà siete venuti per riportare a casa le persone precipitate nuovamente nel mio triste esilio. Se devo essere sincero, non avrei mai pensato che sareste stati nuovamente voi a muovervi in soccorso, ma poco male, non sarà difficile ora guadagnarmi la libertà che tanto bramo», disse Armus, colando liquido.

«Dove sono i naufraghi, Armus? Che ne hai fatto? E com’è possibile questa tua metamorfosi?», chiese Picard.

«Mio caro capitano Picard, lei sarà l’ultimo a gioire delle mie nuove capacità, penso che le troverà particolarmente esilaranti. Per rispondere in parte alla sua domanda, mi sono mangiato i naufraghi, li ho inglobati nella mia massa mutaforme e li ho lentamente inglobati. Ora sono dentro di me, io sono loro e loro sono me», rispose la creatura nera.

«Assassino!», disse Data. Deanna Troi percepì un aumento di emotività in Armus, stava per sbottare dalla rabbia e nessuna forza avrebbe mai potuto arginare quella tremenda cascata.

«Chiamate me assassino? Assassini, traditori e infami sono stati coloro che mi hanno creato e gettato in questa prigione di tormento a scontare una pena che non mi sono meritato. Ora posso finalmente andarmene e nessuno se ne accorgerà, ve lo assicuro».

«Armus, smettila, ormai dopo quello che hai fatto non possiamo permettere che tu vada via da questo pianeta incolume. Ho fatto schermare Vagra II con uno scudo energetico e l’ordine è di mantenerlo se non fossimo ritornati sani e salvi sull’astronave. Non potrai mai fuggire da questa prigione come la chiami tu. Non avrai mai la possibilità di scorrazzare nello spazio, cercando modi violenti di colmare la tua solitudine», disse Jean Luc Picard.

Deanna Troi percepì l’ira montare dentro Armus e la reazione della creatura non si fece attendere.

Un tentacolo di melma si protese verso di loro a una velocità spaventosa, mentre Picard e l’androide lo intercettavano prontamente al volo, sparando con le loro armi.

Una scarica di proiettili calibro 45 attraversò l’aria in breve tempo, risucchiata dalla pelle melmosa della creatura, mentre il raggio del fucile a percussione si infranse come un’onda, senza lasciare segni di danni o di qualsivoglia altro genere.

Un altro tentacolo si protese, afferrando Picard per una gamba mentre era intento a ricarice il revolver, mentre Data non perse tempo a sparare una seconda scarica, che sortì l’effetto della prima, mentre il tentacolo lo afferrava per la vita, portandolo in alto, come se fosse stata una bambola di pezza.

Picard intanto era stato risucchiato verso il centro di Armus e lentamente veniva assimilato nella melma nera, le sabbie mobili che costituivano il cuore e il ventre dell’alieno sembravano succhiarlo, procurandogli urla atroci di dolore, che Picard evitava di far uscire per non dare soddisfazione alla creatura.

Deanna Troi non perse tempo a seguire il protocollo, un brivido di terrore le percorreva la schiena, ma non poteva lasciarsi prendere dal panico. Ricordava alla perfezione i modi che provocavano ad Armus qualcosa di simile al dolore, regolò il phaser alla massima potenza e urlò ad Armus.

«Ehi, ti piace essere cosi, vero? Potente e arrogante! Poter giocare con le vite degli altri esseri viventi? Ma non vedi quanto sei patetico? Sei solo un infantile creatura che non sa come procurarsi una famiglia, sei solo in grado di distruggere per farti notare, come puoi pretendere che qualcuno possa amarti o accettarti con loro?».

Armus ebbe la fluttuazione che Deanna si aspettava, allentò la presa verso le sue vittime e la sua guardia si abbassò quel tanto da far percepire alla betazoide un punto debole abbastanza buono da essere stuzzicato.

Prese la mira e fece fuoco, si era allenata molto all’uso delle armi, come da protocollo per ogni ufficiale di plancia che si rispetti. Inoltre, la sua passione per gli antichi film western terrestri, i quali riviveva spesso sul ponte ologrammi dell’Enterprise, le avevano fatto acquisire una perizia di tiro davvero invidiabile.

Il raggio raggiunse perfettamente il punto percepito, procurando qualcosa di simile al dolore, ma che Armus sembrò accusare con molta facilità.

La presa su Picard e Data venne meno, l’androide fu lasciato cadere a terra, mentre Picard, stringendo i denti, riuscì ad afferrare degli spuntoni di roccia e ad issarsi fuori dalla melma nera.

I pantaloni della divisa erano letteralmente consumati, la pelle visibilmente sanguinante e arrossata, come per effetto di una ustione potente.

Picard tremava come una foglia, mentre cercava di spostarsi il più possibile verso la salvezza, costituita in quel momento dal relitto dell’astronave.

Deanna Troi non perse altro tempo, sapeva che il phaser non avrebbe avuto molta autonomia dopo una scarica del genere, puntò nuovamente l’arma e sparò di nuovo, questa volta insistendo di più, Armus sembrava davvero in difficoltà, doveva insistere ancora, magari aveva un limite alla quantità di energia che avrebbe potuto assorbire e usare per accrescere la propria forza.

Improvvisamente un tentacolo si protese verso di lei, colpendola in pieno al torace con una scarica elettrica che le tolse il fiato.

Deanna Troi fu sbalzata lontano da dove si trovava, un volo che durò parecchio metri, fino ad atterrare rovinosamente su alcune rocce nelle vicinanze.

L’impatto le tolse il fiato, mentre il tentacolo la seguiva intorno alle sue gambe, iniziando a trascinarla, inerte, verso la creatura nera, bramosa di altro sangue.

«Lasciala andare, adesso!», la voce di Data proruppe come un tonfo in una stanza vuota.

Era balzato al centro della melma, cogliendo Armus nello stesso punto in cui Deanna Troi aveva sparato con il phaser, prese a strappare a mani nude quell’ammasso gelatinoso, Armus stava cercando di assimilarlo dentro di se, ma senza molto successo, almeno inizialmente.

Data prese diversi lembi di quel mantello notturno, la pelle del male, come un tempo si era definito lo stesso Armus, strappando, lacerando, colpendo con tutta la forza che il suo endoscheletro metallico gli permetteva.

Era un gesto completamente sconsiderato, che Deanna Troi classificò come dettato dalla rabbia latente che l’androide provava per Armus, però sembrò sortire qualche effetto, perlomeno tenne impegnato Armus.

Deanna Troi, vistosamente ferita e contusa, massaggiandosi il torace e la scottatura procurata dalla scarica elettrica, corse in aiuto del capitano Picard, il quale sembrava essere preso meglio da una prima osservazione superficiale.

«Deanna… mi ha letteralemente mangiato le gambe… è solo grazie al tuo intervento se non ha completato l’opera… voleva farmi soffrire in modo atroce… in parte c’è riuscito… dammi la mia pistola e prendi il fucile… non so quanto Data riuscirà a tenere Armus impegnato», proferì Picard.

Improvvisamente un urlo di dolore si alzò chiaro nella landa sconfinata, mentre l’androide con le emozioni umane veniva lentamente preso dalle onde dell’ammasso gelatinoso e risucchiato lentamente, mentre cercava, annaspando, di conquistarsi la superficie.

L’androide sembrò in un primo momento riuscirci ma poi anche la sua mano fu risucchiata, l’ultima cosa che Picard e Troi sentirono, fu la fragorosa risata di Armus.

«Mi divertirò un poco adesso con il vostro bell’androide. Lo farò soffrire, certo, adesso che può sentire sarà per me un divertimento. Anche lui ha avuto una seconda possibilità, di essere amato da una famiglia. Ho solo il desiderio di andarmene da qui e una volta che mi sarò preso i vostri corpi, non avrò difficoltà ad assumere le vostre sembianze. Una volta sull’Enterprise, sarà uno scherzo prenderne possesso e uccidere tutto l’equipaggio. Soffrirete, senz’altro soffrirete», proferì Armus.

Diario del capitano, supplemento.

E’ stato tutto inutile, Armus è diventato troppo potente, una volontà di puro odio che tutto assimila e distrugge, annichilendo qualsiasi coscienza contraria. Io e il tenente comandante Troi abbiamo assistito alla fine del signor Data, ma ancora non ci arrendiamo. Il comandante Riker ha l’ordine preciso di non far risalire nessuno, di certo non sarò io a dare l’ordine. O almeno lo spero.

All’improvviso, il signor Data riemerse dai flutti neri, non sembrò nemmeno preoccupato di riprendere fiato, mentre afferrava la massa alta e possente per quello che sarebbe parso il centro della sua coscienza attiva, stritolandolo con le sue mani possenti.

Deanna Troi e Jean Luc Picard videro che non aveva più le gambe, e fili elettrici e lembi di metallo erano ben visibili dalla cintola in giù, chiaro segno dell’attività nutritiva di Armus.

«Deanna! Jean Luc! Non perdete tempo, colpite il centro, è in quel punto… l’attività della coscienza liquida… ogni cellula è cosciente… mirate al punto di raccolta… presto…», le ultime parole, prima che un gigantesco tentacolo lo avvolgesse.

Scariche elettriche attraversarono quello che rimaneva dell’androide, facendolo esplodere con fragore.

Mille frammenti volarono per ogni dove, spargendosi a raggiera, mentre la testa ancora intatta dell’androide che era stato il signor Data andò a cadere proprio davanti a Jean Luc Picard e a Deanna Troi, facendo scaturire a quest’ultimo un grido strozzato, facendole portare la mano alla bocca per trattenere i conati di pianto e dolore.

Data sembrava guardarla con quell’espressione stralunata che lo caratterizzava da sempre, un allegro Pinocchio alla scoperta di un mondo per lui completamente alieno, cercando di diventare un bambino vero.

«Deanna! Forse Data ha ragione… ogni cellula è un individuo…ecco come farà…ecco come combatterlo… l’ombra…che oscura le nostre coscienze…bisogna affrontarla…francamente…non serve distruggerla o reprimerla…vai…usa…l’unione mentale…aiutalo…come sai fare tu…», il dolore deturpava il volto di Jean Luc Picard. Da vero spirito indomito, anche in quel frangente, la sua mente cercava in tutti i modi di non arrendersi.

Le lacrime solcavano le guance di Deanna Troi, a volte la troppa sensibilità fa solo stare sempre più male.

Aveva capito cosa il capitano Picard voleva da lei. Doveva essere completamente betazoide, come sua madre Lwaxana.

Non con la bocca, Deanna, con la mente, la rimproverava sempre sua madre, quando rinnegava troppo la sua metà empatica.

Doveva farsi forse della capacità empatica. L’odio si combatte con l’amore, ecco l’unico sistema per aver ragione di Armus.

Deanna Troi adagiò lentamente Picard, ponendogli tra le mani la colt 45 bella carica, per ogni evenienza.

Fissò duramente la creatura, uno sguardo colmo di determinazione.

«Armus, sto arrivando!».

Si spogliò completamente, mettendo in luce un corpo snello, dal seno possente e dalla curve sinuose, i graziosi capelli corvini le lambivano le belle spalle tornite, liberava se stessa a un sole che non vedeva, era pronta per Armus.

Deanna Troi si mise a correre verso la marea nera, non prima di aver deposto delicatamente la testa di Data tra le mani del capitano Picard, si tuffò tra le onde, finendo risucchiata in breve tempo.

Diario del capitano, data stellare imprecisata.

Il tenente comandante Troi si è tuffata dentro Armus. Non so se potrà aiutarci ma io sono ferito gravemente e il tenente comandante Data è ormai distrutto, la sua testa è tra le mie mani. Mi auguro che tutto si risolva, non ho la minima idea di come affrontare Armus, ridotto in questo stato. Darò l’ordine a Riker di distruggere il pianeta non appena mi sarò sparato un colpo in testa.

Fu molto strano questo sprofondare, era gelatina, tutta intorno al corpo, sembrava lambirla dolcemente, come immersa nel liquido amniotico.

Era dolce questo sprofondare, poteva percepire ogni cosa intorno a se, l’anima profonda di ciò che la circondava, come quando da bambina andava al mare con suo padre.

Percepiva tutto mentre era immersa nell’acqua, tutte le sensazioni che le provenivano dai pesci e dai coralli presenti in quel meraviglioso scorcio ancora incontaminato dai rimasugli delle guerre atomiche e batteriologiche dei secoli precedenti.

Sprofondava ma tese le mani per nuotare e in quell’istante entrò in contatto, afferrò una mano diversa, una figura simile a un uomo si fece avanti, non poteva dire se fosse un parto solo della sua mente, ma era li con lei, le sembrava di essere tornata sulla scogliera, mentre ascoltava il mare e il canto dei gabbiani.

L’uomo l’abbraccio per la vita, tirandola a se. Aveva mani forti e salde e trasudava passione e desiderio.

Deanna non si tirò indietro e assecondò ogni brama della figura indistinta ma ben formata che le si parava davanti.

Percepì tutta la sua tristezza, tutto il suo dolore, tutta la sua labbra e non oppose altra resistenza.

Le labbra eteree della betazoide si posarono su quelle di lui, mentre le mani percorrevano quel corpo dall’odore e dalla consistenza indistinta ma piacevole.

Percepì i suoi baci su tutto il corpo mentre indugiava sui seni e sul pube, procurandole piacere a non finire.

Lei non si fece pregare, passò all’azione, anche la sua bocca iniziò una tenue fase di esplorazione, ogni centimetro possibile fu saggiamente controllato mentre tra le sue labbra il frutto del desiderio sembrava avere un ottimo sapore e una conforme consistenza.

Si ritrovarono avvinghiati furiosamente, mentre le loro mani sembravano non essere mai sazie di toccare ed essere toccate.

All’improvviso a Deanna sembrò di essere sopra a quel corpo, solare e violenta come un’onda, prese a muoversi ritmicamente, aumentando sempre di più, il respiro del suo uomo era sempre più affrettato e il battito del cuore accelerato.

Le sembrava di essere tutto un fuoco, mentre si chinava a baciarlo ancora, abbeverandosi alla sua fonte.

Sudava ma il sudore si mescolava a quello di lui, dove si trovava, non riusciva a ricordarlo, le piaceva colare umori e scambiarli con i suoi, ora ne voleva uno in particolare, solo uno.

Improvvisamente proruppero le grida, il piacere li travolse e i corpi eterei si avvinghiarono l’uno con l’altro nel momento supremo.

Deanna Troi si ritrovò abbracciata a lui, sudata e stremata, mentre la marea nera la riprendeva con se, come coccolandola e lambendo ogni centimetro di quel corpo perfetto.

«Armus, basta! Non fare più del male… ti amo…», si ritrovò a pensare, ogni sillaba le era uscita da sola, senza che potesse proferire altro.

La marea nera sembrò dissolversi, ogni lembo parve bollire e scomparire intorno a lei, mentre emergeva di nuovo alla luce e alcuni lembi le colavano dalla bocca semiaperta, riportandola ad assaporare l’aria del pianeta Vagra II.

Era li, sdraiata a terra, completamente nuda, stremata ma con il cuore certo di aver riportato una vittoria insperata.

Il capitano Picard aveva avuto ragione, l’odio si combatte con l’amore.

Si alzò da terra, aveva un certo imbarazzo a presentarsi al capitano in quel modo, ma ormai riteneva che certe cose dovessero necessariamente passare in secondo piano.

S’incamminò verso di lui, riverso a terra, con la pistola in una mano e la testa di Data nell’altra.

Arrivata davanti a lui, vide che era svenuto.

Lo rianimò come meglio poteva, doveva dare l’ordine di riportare tutti sulla nave, ormai non c’era più pericolo, Armus non avrebbe più potuto nuocere ad anima viva.

Jean Luc Picard si riscosse dal suo torpore, aveva perso molto sangue ma a parte quello se la sarebbe cavata.

«Capitano, aveva ragione lei. Armus… è scomparso dopo che sono entrata in contatto mentale con lui. E’ stata un’esperienza… indicibile… spero di non doverla più ripetere. Venga, la aiuto ad alzarsi, dobbiamo riportare Data sull’astronave e anche lei ha bisogno di cure immediate. Chiami il comandante Riker e gli confermi l’ordine», disse Deanna.

Picard non era certo di quello che stava vedendo, ma era certo solo di una cosa.

Aveva avuto ragione, quando? A che proposito?

Alzò la pistola carica e la puntò in direzione di Deanna Troi.

Lo sguardo meravigliato della donna nuda davanti a lui era inequivocabile, ma non poteva correre rischi.

«Numero uno, qui è il capitano Picard che parla. Armus è sparito ma potrebbe essersi impossessato dei corpi di uno di noi, o della testa distrutta del signor Data. Ci faccia risalire ma direttamente nelle celle di quarantena e prendete tutte le precauzioni, come se doveste affrontare una grave infezione aliena, di cui non conoscete natura e cura. Tutto chiaro? Picard, chiudo».

Rimase immobile, con la testa di Data nell’altro mano, mentre Deanna Troi, coprendosi con un braccio il seno e con la mano libera il pube, lo fissava con espressione attonita e preoccupata, mentre non molto lontano da loro, la marea nera stava ancora ribollendo silenziosa e solitaria.

Diario del Primo Ufficiale William T. Riker, data stellare criptata in base alle leggi della Flotta Stellare in caso di operazione coperta.

Siamo in rotta verso la Terra, accoglieremo a bordo il dottor Tom Maddox, che già in passato si era dimostrato molto avanti nella tecnologia robotica. Ci aiuterà a ricomporre il signor Data, anzi, a ricostruirlo. Per fortuna, la testa è intatta, sembra che nessuna cellula aliena si sia infiltrata dentro, per sicurezza l’abbiamo bombardata con una scarica di super neutroni, assicurandoci che la memoria e la coscienza di Data non subissero danni.

Vorrei poter dire lo stesso del capitano Picard e di Deanna. Li stiamo tuttora tenendo in isolamento, i dottori che hanno prestato le prime cure, tra le quali la dottoressa Crusher, hanno operato con braccia robotiche e a distanza, non potevamo essere sicuri che Armus non avesse inserito delle cellule del suo patrimonio genetico per impossessarsi dei loro corpi.

Deanna afferma di aver avuto un contatto mentale molto simile alla xenogenesi. Non so come le cose andranno a finire.

Ho parlato con Benjamin Sisko e sembra che i Bajoriani siano molto esperti di queste cose, conto di arrivare quanto prima sulla stazione “Deep Space 9”, non appena recuperato il luminare dall’ Istituto Daystrom.

L’unica cosa che adesso dovrò fare è occuparmi del gatto del signor Data, il caro Spot.

Da quando il suo padrone è nella sala infermieristica insieme al signor LaForge che non lo molla un attimo, non perde occasione per andare a distendersi vicino a Data.

Penso che, al di la di quello che è accaduto, egli sappia che l’androide è li e che tra non molto tornerà.

Vorrei solo essere sicuro che le cose saranno cosi facili per Jean Luc e Deanna.

Perché le stelle scorrono cosi veloci e non mi aiutano?

(*) Se tra le persone fedelissime di codesta “bottega” – che prima fu blog – forse serpeggia una sensazione di “deja vu”… rassicuratevi: Melodia non ha rubato questo racconto startrekiano che era già apparso qui e dunque forse lo avevate letto. Poteva la redazione della bottega (versante Marte-dì) non riproporlo dopo la morte del “signor Spock”?

 

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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