Greene, Manzini, May, Savatteri più Autori Vari e…

. due di Morchio.

7 recensioni (giallo-noir) di Valerio Calzolaio

 

Antonio Manzini

«Gli ultimi giorni di quiete»

Sellerio

232 pagine, 14 euro

Abruzzo. Novembre 2016. Nora, capelli biondi e lisci, rigorosa minuta 64enne con padre generale di corpo d’armata, è stata a trovare per tre giorni la bella famiglia della cugina ad Ancona e sta tornando a casa con l’interregionale verso la natia Pescara, dove a casa l’aspetta il marito Pasquale Camplone, capelli ancora neri, silenzioso meticoloso 65enne proprietario di una tabaccheria, con padre avvocato. La loro vita è stata travolta poco più di dieci anni prima: l’unico figlio Corrado era morto il 12 marzo 2010 quando stava sostituendo il padre in negozio e aveva cercato di impedire una rapina, avrebbe compiuto 29 anni il prossimo 29 novembre. Sul treno Nora s’accorge che è salito un uomo con i Ray-Ban seduto di fronte a una donna con la “Settimana enigmistica” sui quattro posti oltre il corridoio centrale alla sua sinistra. Dopo una galleria lui si toglie gli occhiali da sole e lei lo riconosce: è il ladro, l’assassino di Corrado, Paolo Dainese, pupille nere, bruno, capelli neri ricci e bianchi alla radice, bocca piccola e carnosa, barba di tre giorni, 38 anni. Scende alla stazione di Roseto e lei, con qualche esitazione, prova a seguirlo ma lo perde presto di vista. In un turbinio di pensieri riesce a prendere un treno successivo, si butta a letto con lo sguardo fisso, Pasquale la raggiunge e si fa dire cos’è successo, restano impietriti, il mondo si è fermato di nuovo. Il giorno dopo l’amico avvocato ricostruisce cosa può essere accaduto: Corrado era stato sbattuto contro uno spigolo, l’incensurato Dainese era riuscito ad ottenere il preterintenzionale, aveva preso 14 anni ma, fra appello, buona condotta e permessi annuali, sì, poco dopo cinque anni di prigione poteva star fuori. Nora e Pasquale vivono ormai percorsi separati, ognuno decide di far qualcosa a suo modo, lei scopre dove e con chi vive libero l’assassino, si trasferisce a Roseto; lui si procura una pistola senza matricola, riattiva la moto Guzzi; Paolo Dainese non potrà prescinderne.

Dal 2013 l’attore e regista Antonio Manzini (Roma, 1964) è divenuto uno degli scrittori italiani più seguiti e apprezzati, famoso per i nove godibilissimi romanzi oltre a vari racconti dell’eccelsa sospesa serie Schiavone e per le relative tre serie televisive. Aveva realizzato e poi pubblicato belle storie anche prima, iniziando come regista e sceneggiatore, poi con una pièce per il teatro, “Sangue Marcio” (2005), cui era seguito “La giostra dei criceti” (2007). E ha continuato anche in parallelo con il successo travolgente della serie Schiavone, attraverso godibili narrazioni di vario genere. La vicenda del nuovo interessante romanzo urgeva da tempo, tutto avviene in terza persona al passato, varia sui tre protagonisti, soprattutto separatamente sui due coniugi: in lei matura una lucida autodistruzione, in lui un’inedita aggressività. Lo spunto è una storia vera, circa quindici anni fa l’autore incontrò un padre disperato per aver casualmente rivisto l’assassino di sua figlia; in casi simili ogni risposta non può che essere solitaria e personale, Manzini ha scritto per approfondire e capire; qui è la madre Nora a decidere che deve arrivare l’ultimo giorno di quiete per Dainese (da cui il titolo): antipatiche dinamiche e curiosi intrecci sono di triste angosciosa plausibile invenzione. Tutti e tre scendono in un inferno relazionale di provincia, condizionato solo un poco da altri personaggi di contorno, pur vitali e significativi: Francesca, la sorella di Nora, con Danilo, il figlio ragazzone ritardato ed epilettico; la nuova compagna acconciatrice e i suoi parenti, datori di lavoro nell’officina d’auto dove Dainese è in prova. Lo stile risulta asettico, secco e viscerale, coerente con la storia, mai ironico, lieve, musicale. Marito e moglie balbettano ormai in orbite diverse, sei anni grigi e uguali con azioni inerti, senza vita, lei nel profondo materno, lui più combattuto; amici e congiunti non sono d’accordo e sostengono scelte alternative, ma ci sono forse solo piccoli eventuali pertugi per farsi ancora qualche domanda e provarci davvero.

 

Peter May

«Lockdown»

traduzione di Alessandra Montrucchio e Carla Palmieri

Einaudi

314 pagine, 18 euro

Londra. In piena pandemia. All’alba un operaio spilungone magro e atletico, scavatore al cantiere nell’Archibishop’s Park (stanno costruendo un ospedale) intravede un borsone in fondo a una buca, è stato buttato nella notte, prima non c’era. Lo apre, sbianca, arrivano altri, trovano ossa umane e il teschio di una bimba di origini cinesi. La scena del crimine va sigillata, sospesi i lavori, anche se in tanti spingono per ricominciarli. Viene chiamato l’ispettore MacNeil, scozzese alle soglie della pensione, che da mesi non si fa vedere al lavoro, ubriacandosi spesso. L’omicidio è avvenuto da poco e l’esecutore si è sbagliato, il borsone non andava trovato. Il mandante Mr Smith chiama il sicario capo Pinkie per rimettere a posto le cose. Il fatto è che siamo in piena pandemia, tutto chiuso. “Lockdown” fu scritto 15 anni fa dal bravo autore e giornalista Peter May (Glasgow, 1951) che fece accurate ricerche su Spagnola e Sars. Ora finalmente è stato pubblicato ed è proprio un bel noir.

 

Graham Greene

«Una pistola in vendita»

traduzione di Adriana Bottini (originale 1936: prima edizione italiana Mondadori 1956)

con una nota di Giancarlo De Cataldo; cura e postfazione di Domenico Scarpa

Sellerio

316 pagine, 15 euro

Londra. Gennaio 1936. Raven (“Corvo”) è un brutto (ugly) sociopatico sicario londinese nemmeno trentenne, smilzo e mingherlino, ben riconoscibile per un orribile deforme labbro leporino. Genitori morti in modo cruento (padre impiccato, madre suicida), terribile degradante infanzia in collegio, già in una banda nel giro delle corse dei cavalli, da poco prova a sopravvivere accettando somme non eccelse per uccidere. Qui un paffuto intermediario gli offre 250 sterline (solo 50 come anticipo) per assassinare in Cecoslovacchia un buon ministro socialista, in modo da provocare davvero lo scoppio della guerra che tanti considerano imminente. Ha una lettera di presentazione, il mandante conosceva in passato bene chi va eliminato; Raven spara e poi liquida con freddezza anche la vecchia segretaria; torna nella capitale inglese, riceve il resto dei soldi ma scopre presto che erano banconote rubate, la polizia ha i numeri di serie e trova facilmente le sue tracce. Scappa in stazione dove casualmente si trova proprio la giovane ragazza promessa sposa del sergente investigativo Jimmy Mather che guida le ricerche. Anne è diretta verso nord, a Nottwich (rivisitazione di Nottingham) dove lavoricchia precaria come ballerina di seconda fila in teatro. Raven scopre che lì sta andando con lo stesso treno pure l’intermediario; il mandante è un locale potente insospettabile Gran maestro, uomo d’affari e trafficante d’armi. Gli investigatori ben presto rintracciano il killer e lo seguono; all’inizio nessuno sapendo degli altri. Ne succederanno di cotte e di crude, prima che qualcuno torni vivo a Londra.

Grande Graham Greene, straordinario scrittore e diplomatico inglese (Berkhamsted, 1904 – Corsier-sur-Vevey, Svizzera, 1991) meritoriamente riproposto da Sellerio con aggiornati filtri critici! Il primo romanzo risaliva al 1929, il primo thriller al 1932 (subito piaciuto al grande pubblico). Questo è il settimo libro e il secondo thriller; lo terminò il 4 gennaio 1936 e uscì poi a giugno successivo negli Usa (This Gun for Hire) e a luglio in patria, col titolo che aveva pensato (insieme a uno pseudonimo che l’editore sconsigliò), scelto e confermato, A Gun for Sale. Bipolare, dopo un’infanzia e un’adolescenza turbolente nonostante la famiglia benestante e colta, dopo aver preso comunque una laurea in storia e svolto attività redazionali a Nottingham e a Londra presso The Times, a quel tempo l’autore faceva il giornalista intermittente e in giro per il mondo, aspirante scrittore a tempo pieno. La splendida narrazione è in terza varia, sul crinale di esistenze pericolosamente noir, fra spy story, melodramma ed entertainment, proprie ancora una volta di un’umanità balbuziente, spaventata, cupa, dolente, buffa e vitale. L’unica certezza sembra l’incertezza, l’ineluttabile squilibrio della vita. Siamo fra le due guerre e in tutt’Europa si sente arrivare il nuovo virulento conflitto sulla base di voci e impressioni esatte ma sfuggenti, realistiche ma ipotetiche. La lettura è assolutamente consigliata, iniziate e non potete credere che sia trascorso quasi un secolo e che si scrivano ancora oggi tanti “gialli” come se un certo ritmo limpido, lineare e avvincente non fosse stato già sacralizzato.

 

Bruno Morchio

«Voci nel silenzio. Dalla quarantena, Bacci Pagano e gli spettri del passato»

Garzanti

188 pagine per 17,90 euro

Genova. Aprile 2020 e giugno 1998. La telefonata arriva all’investigatore privato Bacci Pagano di mattino, ai primi di aprile, nel mezzo del lockdown decretato dal governo per contrastare la diffusione della malattia Covid-19. La consegna di restare a casa (che per lui coincide con l’ufficio) non gli pesa particolarmente: ne ha passate così tante che ha un’alta capacità di sopportazione, la contingente salute è abbastanza buona e migliora tra fornelli, buone letture, quotidiani esercizi ginnici, film e serie tv. Esce davvero raramente comunque con mascherine, guanti, dotato di comprovate incombenze o scuse certificate. Certo, ha da poco iniziato la bella relazione con la maestra elementare Giulia Corsini che abita nella diga bianca di Begato e non possono vedersi, però si sentono spesso e volentieri (anche per il sesso a distanza). Certo, la figlia Aglaja è bloccata a Parigi, lavora all’università appassionatamente e, comunque, si tranquillizzano con le reciproche videochiamate. La ragazza che lo interpella si presenta come Lara, figlia del 62enne Giuseppe Bortoli, un cliente di ventidue anni prima; è morto da pochi giorni chiedendole di consegnare a Pagano una riservata lettera in busta chiusa. Il giorno dopo gliela fa recapitare nella cassetta. Bacci la legge e ripensa alla torbida vicenda di depistaggi, infiltrazioni e terrorismo che molto lo coinvolse nell’estate del 1998. La lettera gli chiede però soprattutto di indagare a pagamento sugli ultimi mesi prima della morte nel 2001 a Nuoro (causa soffocamento) di Marina Tanzi, malata di tumore, compagna di Bortoli (in coppia dal 1989, incontratisi a Berlino alla caduta del muro) e mamma di Lara (nata il 21 marzo 1999, cresciuta dal padre e dall’amata nonna Rosa, morta da due anni); una veneta che Bacci aveva ben conosciuto a Cuba, poco più che ventenni. Scopre un’altra dinamica torbida, fra servizi italiani e stranieri, ex brigatisti e assassini, che gli impone di riesumare anche i dubbi del passato.

Ci è riuscito e non era semplice. Il nuovo ottimo romanzo dello psicologo e psicoterapeuta Bruno Morchio (Genova, 1954) torna al suo famoso e bel protagonista seriale e descrive un’indagine a distanza di tempo e di spazi per la pandemia in corso. Bacci Pagano lo conosciamo: ironico e disilluso 66enne, figlio di operaio genoano e  comunista; amante della musica di Mozart, della buona enogastronomia e dei perdenti; autista (quando viaggiava) di vecchia Vespa amaranto 200 PX; non indossatore (quando usciva) di mutande; segnato da un’ingiusta giovanile quinquennale prigionia e da brutti successivi incidenti del mestiere (con permanenti cicatrici corporali) oltre che da lunghi rapporti con donne. Tutte interessanti: la moglie, che lo lasciò senza vedere la figlia per dieci anni; Mara, la sua compagna psicologa, che lo definì “analfabeta dei sentimenti”; ora Giulia, saggia e vespaiola eventuale anche lei. La narrazione è sempre in prima persona al presente, quattordicesima avventura dell’ottima serie noir. La professione dell’autore emerge dall’acuta introspezione su sogni e dialoghi che il protagonista compie, mai artefatta, sempre connessa alla trama narrativa. Dopo il prologo, vi è una netta esplicita partizione: dieci capitoli dedicati al dipanarsi del caso del 1998, tutti introdotti dai passi della lettera d’incarico inviatagli da un uomo che non aveva mai stimato e che pure aveva professionalmente aiutato; dodici ulteriori capitoli, con il provetto investigatore che conduce accurate ricerche internet, riflettuto studio di foto e meditate telefonate agli interlocutori giusti. Lo aiutano due maschi ex, il sempre caro irsuto Totò Pertusiello, già capo della sezione omicidi in pensione, e l’antica guardia carceraria sarda Virgilio Loi col quale erano poi cresciuti legami e libere frequentazioni affettive, pure familiari. Segnalo l’Asinara a pag. 137 e 146. Grandi vini: Vermentino o Pigato col pesce, Granaccia col pesto, il rosso Cannonau e la Malvasia, oltre a rum e vodka.

 

Bruno Morchio

«Dove crollano i sogni»

Rizzoli

236 pagine, 18 euro

Genova. Primavera-estate 2018. Tutti nel quartiere la chiamano Blondi, ma il suo nome è Ramona, splendida ragazza verso i 18 anni, occhi azzurri e capelli biondi, padre sconosciuto (da lei) e mamma 38enne che si è lasciata andare, infermiera OSS in un ospizio. Vivono in un buco a Certosa, il quartiere dove è nata e cresciuta. Ha abbandonato la scuola, né diploma né lavoro, una paghetta settimanale di 15 euro e, da due anni, un’idea fissa: scappare in Costa Rica, la striscia meravigliosa fra Caraibi e Pacifico, decidere lì il suo destino. Scopa con un ragazzo alto, atletico e tatuato, il 23enne Cris, inconcludente narcisista. Quando è rimasta incinta, ha abortito. Lei è sensibile, intelligente, scaltra, deve trovare soldi in un modo o nell’altro, gestendo i conoscenti sciocchi o ignari. Fino al compleanno del 4 luglio e, poi, al 14 agosto. Nell’ottimo noir “Dove crollano i sogni” lo psicologo, psicoterapeuta e grande scrittore Bruno Morchio (Genova, 1954) narra in prima al presente.

 

Aa. Vv.

«Natale in giallo»

Einaudi

240 pagine, 15 euro

Anglo-America. Tempo fa. Per un buon Natale vi è l’occasione di trovare tempo e modo di leggere e rileggere, ancor più quando il contesto suggerisce prudenza e riservatezza, uscire poco da casa e mantenere molto distanziamento sociale. Qui trovate una raccolta di dieci inquietanti graziosi racconti di genere mystery o noir o giallo, datati fra 150 e 80 anni fa, sei pubblicati in precedenti (differenti) raccolte natalizie dello stesso editore, quattro inediti, tutti scritti in lingua inglese da americani e britannici, più o meno celebri, due autrici. “Natale in giallo” si può fare con Vari Autori: Conan Doyle (1892, data prima pubblicazione, in genere su periodici del tempo), Amelia B. Edwards (1867), Scott Fitzgerald (1940), Hardy (1881), Hornung (1905), Nicholson (1917), Runyon (1932), Saki pseudonimo di Munro (1913), Stevenson (1885), Ethel Lina White (1930). Ladri, furfanti, assassini (e scrittori) si dilettano e ci sovrastano anche a cavallo con la fine di ogni anno.

 

Gaetano Savatteri

«Il lusso della giovinezza»

Sellerio

246 pagine, 14 euro

Madonie, Sicilia. Gennaio 2020. Dopo un intenso colloquio con l’editore (vuole presto il cadavere nel romanzo), l’ultraquarantenne Saverio Lamanna è costretto a muoversi da Màkari. Lo chiama l’innamorata sublime architetta Suleima, a Castelnuovo (circa duecento chilometri di distanza, lontano dal mare) è morto il manager Steve Parker, l’hanno trovato dentro un crepaccio della montagna, lei piange, lui parte. Il traffico palermitano è intenso e lento, Peppe Piccionello lo accompagna ma s’addormenta facilmente, durante le soste in fila Saverio si documenta: Parker era nato a New York nel 1956, divenendo presto ricco e famoso, soprattutto con la guida americana ai ristoranti più cool e posh degli Stati Uniti; dopo il divorzio (con due figli) e la crisi finanziaria e immobiliare del 2008 aveva deciso di investire in un progetto ecosostenibile, nella zona siciliana che lo aveva stregato grazie a un amico attore e gastronomo. Aveva riunito una squadra di giovani, fra i quali appunto Suleima (che è scesa da sei mesi, un poco anche per amore) ed Emma Piccionello, la 25enne nipote architetta errabonda di Peppe; poi il 26enne esperto di tourism and hotel management Calogero Dalli Cardillo detto Carlos di Canicattì (con esperienze a Barcellona), la bella biondina Constance, figlia di siciliani nata a Liegi, pratica di 4 lingue e specializzata nel restauro, legata a Carlos; il 24enne graphic designer Salvo Amato, diplomato all’informatico di Palermo, intamato fidanzato di Emma; tutti decisi a mettere a frutto il loro know-how cosmopolita per un Rinascimento siciliano, rispetto al quale il boss politico e il vegliardo dei monti sono in parte contrapposti, in parte coinvolti. Per caso si trovano lì anche il padre di Saverio, con amici e con la recente possibile fiamma sessantenne Igea, e il vicequestore Randone con la famiglia. Ci sarà di che divertirsi, fra l’altro vien fuori che probabilmente si tratta di un omicidio. Saverio indaga da par suo e, quando finisce, arriva l’editore con la serie tv in canna (nel 2021).

Il bravo giornalista Gaetano Savatteri (Milano, 1964) è cresciuto a Racalmuto in Sicilia, da parecchio vive e lavora a Roma; grazie anche all’editore insiste sul suo scoppiettante protagonista seriale e sulla relativa corte dei miracoli, che funzionano ottimamente proprio per raccontare usi e costumi siciliani, fatti e miti, luoghi arcinoti e angoli fantasmagorici, con intelligente ironia e autoironia, usando indagini su morti come pretesti vitali. La divertente acuta narrazione è in prima persona al presente: contano dialoghi, situazioni, personaggi, rimandi, citazioni, giochi di parole, insieme a sapori colori odori umori di una terra magnifica e biodiversa. Il titolo, l’intreccio, molti dialoghi e i pensieri del protagonista (personaggio letterario, indagatore casuale, disoccupato di successo, giornalista in disarmo, elucubrante allegro alter ego dell’autore, con diversa biografia e a dieci anni di distanza) ruotano intorno al disagio nella dialettica vecchi-giovani, nostalgia-euforia, resistenza-esuberanza. Saverio ha l’età dei genitori dei ragazzi del progetto; il padre si rasa i capelli a zero per dissimulare l’età di ultrasettantenne e a lui viene da piangere; si sente nella terra di mezzo, «in attesa di definizione anagrafica», quando al cinema non ti danno «né lo sconto per studenti né quello per senior», «quella linea d’ombra che si attraversa quando non si è più giovani ma non si è ancora vecchi» e «sono caduti gli alibi della giovinezza e non sono ancora intervenute le attenuanti della vecchiaia»; gli pesa la freschezza di Suleima rispetto alla propria “maturità”, tanto più che lei accenna al desiderio di fare un figlio insieme. Saverio però continua a scherzare e, prima o poi, potrà convincersi che non ci sono generazioni perdute o ritrovate: siamo nel nostro tempo. Magnifici vini, soprattutto Nerello, Syrah, Nero d’Avola. Musiche e parole stimolano l’intelletto.

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

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