Scor-data: 12 marzo 1977

El Salvador: padre Rutilio Grande cade in un’imboscata degli squadroni della morte

di David Lifodi (*)

È il 12 marzo 1977 quando l’auto su cui Rutilio Grande viaggiava insieme a due contadini per la strada che unisce il municipio di El Paisnal a quello di Aguilares cade in un’imboscata: il sacerdote perde la vita, così come i due campesinos che erano con lui. Il corpo del gesuita fu mitragliato da 18 colpi di pistola di marca Mantzer, quella in dotazione ai militari della Guardia Nazionale salvadoregna.

A fine anni ’70 in El Salvador si moriva così, vittime della repressione di uno spietato regime militare che aveva scelto di attaccare la Chiesa di orientamento progressista che si riconosceva nella Teologia della Liberazione. L’omicidio di Rutilio Grande rappresentò un macabro avvertimento per monsignor Romero, ucciso dagli squadroni della morte il 24 marzo 1980. Amici fin dal 1967, quando si erano conosciuti presso il seminario di San José de la Montaña in qualità di studenti, entrambi furono eliminati in una maniera molto simile. Rutilio Grande venne ucciso mentre stava recandosi a celebrare messa, a Romero i sicari spararono facendo irruzione in Chiesa durante la funzione. I militari non accettavano che la Teologia della Liberazione e le comunità ecclesiali di base rappresentassero un potentissimo strumento per la presa della coscienza sociale tra le comunità contadine. Nel 1970 Rutilio Grande aveva presieduto la cerimonia religiosa per l’investitura di Romero come vescovo ausiliare di San Salvador. Allora il sacerdote gesuita era già parroco di Aguilares, ma soprattutto svolgeva la funzione di coordinatore delle Comunidades Eclesiales de Base (Ceb) e rivolgeva tutto il suo impegno nell’organizzazione del movimento contadino. Fu in questo contesto che padre Tilo, questo l’affettuoso nomignolo con cui era conosciuto Rutilio Grande, trasformò la parrocchia di Aguilares nel centro di formazione dei Delegados de la Palabra, i leader contadini che avevano una grande influenza nella comunità. I terratenientes guardavano al lavoro di Rutilio Grande con una preoccupazione sempre maggiore: vedevano nei sacerdoti impegnati con la Teologia della Liberazione una minaccia al loro potere, ma si tramava contro di loro anche all’interno della stessa Chiesa. I religiosi di orientamento conservatore temevano che la Chiesa finisse nelle mani delle forze politiche vicine alla sinistra. Pochi mesi prima che padre Rutilio Grande cadesse nell’imboscata degli squadroni della morte, lo stesso sacerdote gesuita aveva denunciato con veemenza il governo, che aveva espulso dal paese il sacerdote Mario Bernal Londoño, il cui rapimento, avvenuto il 28 gennaio 1977, era stato attribuito alla guerriglia. Pare che fu proprio a seguito di questo attacco diretto al regime militare che maturò la decisione di far fuori Rutilio Grande. In quel momento sedeva alla guida del paese il colonnello Arturo Armando Molina del Partido de Conciliación Nacional, una formazione politica di ultradestra che poi si affiancherà e confluirà dentro Arena (Alianza Republicana Nacionalista) alla fine degli anni ’80. Padre Rutilio Grande fu ucciso per il solito motivo alla base di molti crimini: la lotta dei sacerdoti per la pace e a fianco dei popoli, da cui derivava, puntuale quanto stantia, la consueta accusa di marxismo.  Di certo Rutilio Grande era stato profondamente influenzato dalla Conferenza episcopale latinoamericana (Celam) svoltasi nel 1968 a Medellin all’insegna di una teologia vicina agli oppressi del continente latinoamericano e all’opzione preferenziale per i poveri, alla quale si era avvicinato nel tempo anche monsignor Romero, il cui orientamento, soprattutto nei primi anni del suo sacerdozio, non era progressista. Entrambi scoprirono con i loro occhi le disuguaglianze sociali presenti nel loro paese, ma anche nel resto dell’America Latina, oltre a percepire l’ostilità dei vertici ecclesiastici che andavano a braccetto con i peggiori criminali del continente. Rutilio Grande non fu l’unico a cadere nell’imboscata degli squadroni della morte: morirono insieme a lui Manuel Solorzano, un contadino di 72 anni, e il giovane Nelson Rutilio Lemus, di 16. L’uccisione di padre Grande e dei suoi due accompagnatori scatenò commozione e rabbia tra i contadini, che imposero la sepoltura dei loro corpi in quella parrocchia che avevano costruito assieme. Lo sdegno di Romero fu tale che il monsignore decise che non avrebbe partecipato ad alcuna cerimonia pubblica del regime salvadoregno fino a quando non venisse fatta luce sulla morte di Rutilio Grande e non fosse promossa un’indagine seria a livello giudiziario. Nessuna di queste due cose si verificò e Romero di fatto boicottò, fin quando rimase in vita, tutti gli eventi pubblici del governo di El Salvador. Non solo: la domenica successiva all’assassinio di Rutilio Grande e dei suoi accompagnatori, Romero, in qualità di vescovo, cancellò le messe già programmate in tutta l’arcidiocesi per celebrarne una unica nella cattedrale di San Salvador in onore del suo amico e dei due contadini. Ancora una volta, la Chiesa conservatrice scese in campo esprimendo la sua totale contrarietà alla scelta di monsignor Romero, ma fu sconfessata dalla partecipazione di oltre 150 sacerdoti, che concelebrarono insieme in onore di Rutilio Grande di fronte ad una folla di oltre centomila persone. Tutto questo, però, non servì a far desistere la guerra sporca contro i settori progressisti della Chiesa salvadoregna: dopo l’assassinio di Romero fu la volta dei sei gesuiti dell’Universidad Centroamericana, uccisi il 16novembre 1989, in piena guerra civile, dai soldati dello spietato battaglione governativo antiguerriglia Atlacatl.

Eppure il martirio di Rutilio Grande non è stato inutile poiché il suo nome continua a vivere nella società salvadoregna. Il 15 marzo 1991, un gruppo di ex rifugiati salvadoregni appena tornati nel loro paese dopo 11 anni di esilio forzato in Nicaragua, fondarono la Comunidad Rutilio Grande, da cui nacque una radio comunitaria, Radio Rutilio, dedicata ad uno dei sacerdoti che, al pari di molti altri, ha pagato con la vita il suo impegno per la giustizia sociale.

 

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili ma sinora sempre evitati) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molti i temi possibili. Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.

Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su www.radiazione.info.

Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… vi aggiorneremo. (db)

 

 

 

 

 

 

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