Scor-data: 26 ottobre 1440

Muore Gilles de Rais

di Fabrizio Melodia (*)

 

Gilles de Rais fu condannato per occultismo, stregoneria e sacrifici umani: secondo gli inquirenti avrebbe torturato, stuprato e ucciso almeno 140 bambini.

Fu ucciso mediante impiccagione e rogo, non prima di aver ricevuto l’assoluzione dei suoi peccati, il 26 ottobre 1440 a Nantes, di fronte a uno stuolo di gente accorsa per vedere la morte del “mostro” assetato di sangue.

C’erano prove certe per condannarlo? O è l’ennesimo caso di un uomo che subì una condanna ingiusta?

Nella fantasia popolare, la figura del barone Gilles de Rais prese immediatamente piede, assimilato per esempio nella figura del Barbablù, nei «Racconti di Mamma Oca» del favolista francese Charles Perrault.

In tempi recenti nel romanzo «Angelica, la marchesa degli angeli» (1956) di Anne e Serge Golon, la vicenda di Gilles de Rais è narrata proprio in apertura del libro. Il sesto romanzo dello scrittore francese Michel Tournier, «Gilles et Jeanne» (1983) narra proprio le vicende di Gilles de Rais, mettendo in luce la relazione del cavaliere con Giovanna d’Arco, di cui fu compagno d’armi.

Quanto ai film d’animazione, nell’anime «Fate/Zero» (2006/2007) Gilles de Rais compare come uno spirito eroico, in grado di utilizzare la magia per evocare demoni e altri spiriti.

In ambito fumettistico, nel manga «Giovanna d’Arco. Sulle orme della pulzella d’Orleans», il fumettista nonché animatore e regista di acclamate serie robotiche Yoshikazu Yasuhiko descrive con piglio storico ineccepibile e solida documentazione le vicende di Giovanna e Gilles de Rais: trovo estremamente gustose le note al fumetto.

Il grande scrittore Valerio Evangelisti ne parla compiutamente nel suo romanzo «Mater Terribilis» (della serie con l’inquisitore Nicholas Eymerich): durante le indagini sulla morte di due suoi confratelli, Eymerich incontrerà una distorsione temporale che lo porterà sui campi di battaglia 70 anni dopo insieme a Giovanna d’Arco e Gilles de Rais durante la guerra dei cent’anni, a causa di un grimorio aprocrifo attribuito a Tommaso d’Aquino.

Gran fama postuma dunque per un uomo che in fin dei conti si era solo distinto in vita per gli eccessivi sperperi. Infatti Gilles de Rais, di nobile casato, rimasto orfano in tenera età e allevato dal nonno materno, ebbe grandi fasti dopo l’eredità cospicua ricevuta alla morte di quest’ultimo. Si distinse poi durante la guerra dei cent’anni, ottenendo il titolo di pari di Francia e di maresciallo. Nel 1427, agli ordini di Arturo III di Bretagna, entrò al servizio di Carlo VII di Francia. Grazie alla parentela con Georges de La Trémoille, gran ciambellano di Francia, entrò nelle grazie del sovrano combattendo poi contro gli inglesi al fianco di Giovanna d’Arco, ad Orléans, a Jargeau, a Meung-sur-Loire e a Beaugency.

Ritiratosi dal servizio militare, si diede a una vita di piaceri dispendiosi, arrivando in poco tempo a dilapidare tutto l’immenso patrimonio della famiglia, spendendo tutto in manoscritti preziosissimi e in spettacoli sfarzosi di teatro, ma anche in opere caritatevoli e finanziando completamente la costruzione di una cappella privata.

Arrivò così a indebitarsi fino al collo ricorrendo a numerosi prestiti e svendendo tutte le proprietà di famiglia per cifre irrisorie, al punto tale da essere abbandonato dalla moglie Catharine de Thouars, ricca ereditiera, e subendo l’onta dell’interdizione da parte del sovrano Carlo VII, richiesta espressamente dalla famiglia, atto che comunque non fu raccolto da Giovanni V di Bretagna, il quale si opponeva all’autorità sovrana insieme a Jean de Malestroit, vescovo di Nantes, nominando Gilles de Rais luogotenente generale di Bretagna, interessati soprattutto ai suoi possedimenti terrieri.

Nel tentativo di riprendere possesso delle sostanze perdute, Gilles de Rais s’interessò di occultismo e magia nera, arrivando a contattare un monaco spretato alchimista che era dedito alla ricerca della pietra filosofale, tale Francesco Prelati, di origine aretina.

Lo assoldò e portò con sé in Francia nel 1439, sperando gli portasse ricchezze a non finire. Prelati giocò molto bene con la disperazione di De Rais, convincendolo di avere al proprio servizio un demone di nome “Barron” e che, per ottenere le sue grazie, avrebbe avuto bisogno del sacrificio di un bambino.

In tutto questo, il 15 maggio 1440 Gilles de Rais riprese con il suo esercito il castello di Saint-Étienne de Mermorte, che egli stesso aveva venduto al tesoriere di Bretagna Guillaume Le Ferron (prestanome del Duca). In questo modo non solo violò un contratto, ma infranse le leggi della Chiesa entrando in armi in un luogo sacro, e prendendo in ostaggio il canonico Jean Le Ferron (fratello del proprietario) che stava celebrando la messa. Il fatto indusse il vescovo di Nantes, competente per territorio, ad aprire un’indagine.

Poco dopo, Gilles de Rais fu arrestato insieme a 28 dei suoi servitori e tradotto nel carcere di Nantes dove il 29 settembre 1440 iniziò il processo inquisitoriale, in cui testimoni forse poco attendibili testimoniarono di crimini d’incredibile efferatezza, tra i quali il massacro nei modi più orribili di 140 bambini, oltre all’accusa di magia nera e stregoneria.

Dapprima Gilles de Rais reagì con spavalderia e polemizzando con i prelati ma poco dopo, probabilmente sotto la minaccia della tortura, confessò tutto, crimini efferati compresi. Così fu condannato a morte.

La vicenda non si concluse lì e ancora oggi gli storici sono in dubbio, anche perché non esiste una edizione critica degli atti processuali originali del procedimento contro Gilles de Rais.

Il filosofo illuminista Voltaire, riprendendo da un punto di vista storico le vicende di de Rais, affermò nel suo saggio «Essai sur le moeurs» l’innocenza dell’uomo, attribuendo l’errore alla superstizione e all’ignoranza, ma la storiografia ufficiale iniziò davvero a considerare seriamente la vicenda solo con l’edizione parziale degli atti del processo a cavallo fra il XIX e XX secolo a opera dell’abate Eugene Brossard, il quale però ne fece una edizione estremamente lacunosa e pesantemente censurata.

Pur avendo a disposizione gli atti processuali originali in latino, si continuò a far riferimento a quelli parzialmente tradotti reperiti a Nantes e pubblicati nel 1921 da parte degli scrittori Fernand Fleuret e Louis Perceau (sotto lo pseudonimo di Ludovico Hernandez) che diedero alle stampe «Le procès inquisitorial de Gilles de Rais, Maréchal de France, avec un essai de réhabilitation».

Il filosofo Georges Bataille, a cui si deve il primo serio tentativo di ricostruire la vicenda partendo dagli atti processuali originali in latino, ritenne di distaccarsi un pò dall’interpretazione tradizionale affermando che De Rais, seppur colpevole, non sarebbe mai stato inquisito se non avesse violato il contratto in quel modo e fatto irruzione in un luogo sacro. Infatti, alla fine, fu processato e condannato da quelli che un tempo erano suoi protettori.

Insomma la vicenda – in mancanza di una edizione critica attendibile degli atti processuali originali e delle altre fonti dirette di documentazione pervenute – è tutt’altro che conclusa. E dunque è arbitrario cirare De Rais come uno dei primi e più efferati “serial killer” della storia.

PER APPROFONDIRE

  • Georges Bataille, “Il processo di Gilles de Rais”, Guanda, Parma 2010.
  • Matei Cazacu. “Barbablù. Storia di Gilles de Rais”. Mondadori, 2008.
  • Ludovico Hernandez, “Le procès inquisitorial de Gilles de Rais, Maréchal de France, avec un essai de réhabilitation”, Parigi, Bibliothèque des Curieux, 1921.
  • Reginald Hyatte, “Laughter for the Devil: The Trials of Gilles De Rais, Companion-In-Arms of Joan of Arc (1440)”. Fairleigh Dickinson Univ Press.
  • Robert Nye, “The Life and Death of My Lord, Gilles de Rais”. Time Warner Books.
  • Salomon Reinach, “Cultes, mythes et religions. T.4”, Parigi, Leroux, 1921, p. 267 e segg.
  • Yoshikazu Yasuhiko, “Giovanna d’Arco. Sulle orme della pulzella d’Orléans”. Yamato edizioni, 2007, Note al fumetto, voll. 2 e 3.

(*) Ricordo – per chi si trova a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.
Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 26 ottobre avevo, fra l’altro, queste ipotesi: 1860: guerra dell’oppio; 1860: Teano, quante bugie; 1871: nasce Trilussa; 1881: sfida Ok Corrall; 1890: muore Collodi; 1934: linciaggio Sunshine State; 1943: Francia, stalinisti uccidono trozkisti; 1947: prima guerra Pakistan-India; 1948: Donora, nebbia assassina; 1987: i rischi di Radio Vaticana; 1990: scoperta di Jeffrey Kuhn; 1996: Boston, proteste contro mutilazioni bimbi “intersessuali”; 1997: in vigore accordi Schengen; 2009: il tribunale condanna Gentilini per «odio razziale». E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.
Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it ) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.
Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su http://www.radiazione.info .
Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… è un’impresa più complicata del previsto, vi aggiorneremo. (db)

Redazione
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