Venezia: l’Africa e la guerra nascosta

di Alessandra Magliaro (*) con una nota della “bottega”

Immagini tratte dalla pagina fb del film-documentario “This is Congo”

Il mondo polveriera, quello che alza i muri e perde umanità, terrorizzato, migrante, dolente, in conflitto, quello degli immensi campi profughi e di generazioni di bambini straniati, cresciuti tra i rifiuti, senza andare a scuola, senza sapere da dove vengono. ‘L’Occidente‘ (definizione ormai del tutto fuori asse) ne sente il peso, il condizionamento, l’assedio e non c’è da meravigliarsi che il tema sia quest’anno tra quelli dominanti della Mostra del cinema di Venezia (30 agosto – 9 settembre). Un filo rosso che va da Human Flow dell’artista dissidente cinese Ai WeiWei (in gara per il Leone d’oro) a This is Congo di Daniel McCabe (fuori concorso).

In un contesto globalizzato di conflitti, dove tra macellerie di attentati e ondate di profughi da respingere anche in alto mare il rischio mediatico dell’indifferenza è nel conto. Ecco così che una sfida dell’arte in generale e del cinema è ricondurre alle storie, alle persone, scuotendo, provocando, combattendo il rischio che ormai corriamo dell’assuefazione. Se poi la guerra non è sotto i riflettori, come quella in Siria, ma nel Congo che da venti anni è dilaniato, l’impresa si fa ardua.

La Repubblica ‘Democratica’ del Congo è una di quelle terre in conflitto perenne, un giacimento di minerali dallo zinco ai diamanti, all’uranio su cui si concentrano le bramosie degli altri paesi. Cinque milioni di morti in conflitto e impoverimento massimo del suo popolo per quella che da venti anni è la guerra più sanguinosa in corso dopo la Seconda guerra Mondiale e al tempo stesso una delle meno note.

“This is Congo” racconta in profondità un paese una volta bellissimo scegliendo appunto la strada delle storie, quattro personaggi che rappresentano l’estrema resilienza del popolo congolese: un sarto che cuce gli abiti girando nei campi profughi, un comandante militare, un minatore e una spia. “Ho trovato le loro storie e le loro istanze universali, mossi da una grande forza di volontà e da un desiderio di pace. Nonostante il film li mettesse potenzialmente in pericolo di vita hanno avuto la voglia di condividere con il mondo esterno la situazione drammatica del loro paese, con coraggio. E spero che This is Congo renda loro giustizia perché se lo meritano”, ha detto il regista Daniel McCabe che nel 2008 ha cominciato a filmare il conflitto perenne del paese.

(*) ripreso da «Comune Info» che presenta così l’autrice: “Caposervizio della redazione Spettacoli, Cultura e Media dell’agenzia Ansa. L’articolo è stato scritto per ansa.it (dove è apparso con il titolo completo Venezia, dal Congo all’Europa il cinema contro l’indifferenza) noi lo pubblichiamo con il consenso dell’autrice, che si dice felice di fare Comune insieme a noi”.   «Comune Info» segnala questi ARTICOLI CORRELATI:

Rompiamo il silenzio sull’Africa Alex Zanotelli

Kinshasa la bella. Un grande reportage Gianluca Iazzolino

 

NOTA DELLA “BOTTEGA”

Fra i molti articoli in “bottega” che parlano del Congo segnalo il più “vecchio”, cioè un reportage-dossier del 2006 di Gianni Boccardelli, perchè cerca di spiegare le vere radici della guerra “mondiale” che si combatte in Congo; è qui : Una speranza per il Congo?  Può darsi che, come scrive sopra Alessandra Magliaro, la definizione di OCCIDENTE sia “ormai del tutto fuori asse” ma il saccheggio del ricchissimo Congo avvantaggio Europa e Usa con i loro alleati. Il silenzio mediatico non dipende da assuefazione o “lontananza” ma soprattutto da censura: ci sono parole come “coltan” che è meglio non nominare altrimenti bisogna spiegare di che si tratta e cosa c’entriamo noi… purtroppo OGNUNO DI NOI, anche se molte/i senza volerlo. (db)

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