Wislawa Szymborska: «Riso»
102esimo appuntamento con “la cicala del sabato” (*)
La ragazzina che ero
la conosco, ovviamente.
Ho qualche fotografia
della sua breve vita.
Provo un’allegra pietà
per un paio di poesiole.
Ricordo alcuni fatti.
Ma,
perché chi è qui con me
rida e mi abbracci
rammento solo una storiella:
l’amore infantile
di quella bruttina.
Racconto
com’era innamorata di uno studente,
cioè voleva
che lui la guardasse.
Racconto
come gli corse incontro
con una benda sulla testa sana
perché almeno, ah, le chiedesse
cos’era successo.
Buffa piccina.
Come poteva sapere
che anche la disperazione dà benefici
se si ha la fortuna
di vivere più a lungo.
Le pagherei un dolcetto.
Le pagherei il cinema.
Vattene, non ho tempo.
Eppure vedi
che la luce è spenta.
Certo capisci
che la porta è chiusa.
Non scuotere la maniglia –
quello che ha riso,
quello che mi ha abbracciato,
non è il tuo studente.
Faresti meglio a tornare
da dove sei venuta.
Non ti devo nulla,
donna qualunque,
che sa solo
quando
tradire un segreto altrui.
Non guardarci così
con quei tuoi occhi
troppo aperti,
come gli occhi dei morti.
[da «Uno spasso», traduzione di Pietro Marchesani]
(*) Ricordo che qui, il sabato, regna “cicala”: libraia militante e molto altro, codesta cicala da oltre 15 anni invia ad amiche/amici per 3 o 4 giorni alla settimana i versi che le piacciono; immaginate che gioia far tardi la sera oppure risvegliarsi al mattino trovando una poesia. Abbiamo raggiunto uno storico accordo: lei sceglie ogni settimana fra le ultime poesie inviate quella da regalare alla “bottega” e io posto. Perciò ci rivediamo qui fra 7 giorni. [db]