Aborto: l’Argentina apre una breccia

Approvata, dopo anni di lotte, la riforma che prevede l’interruzione della gravidanza fino a 14 settimane. “Oggi siamo una società migliore”, ha scritto su twitter il presidente Alberto Fernández. Ogni anno, nel paese, almeno 500.000 donne erano costrette a ricorrere all’aborto clandestino.

di David Lifodi (*)

                                                  Foto: https://kaosenlared.net/

Finalmente l’approvazione è arrivata. Al Senato, con 38 voti a favore, 29 contrari e un’astensione, la riforma che prevede l’interruzione di gravidanza fino a 14 settimane per le donne argentine è divenuta legge.

Per due anni la Camera, più conservatrice del Congresso, era riuscita a bloccare ciò che auspicavano da tempo le tante donne che sottolineavano con forza come fosse loro diritto decidere sul proprio corpo. A seguire, il Senato ha approvato all’unanimità il Proyecto de Ley Nacional de Atención y Cuidado Integral de la Salud durante el Embarazo y la Primera Infancia.

Alberto Fernández, che aveva fatto del diritto all’aborto libero e sicuro uno dei suoi cavalli di battaglia nel corso della campagna elettorale che lo ha condotto alla Casa Rosada dal 10 dicembre 2019, ha riscattato così le umiliazioni e le sofferenze di cui sono state vittime tutte quelle donne che, dal 1921 ad oggi, non avevano potuto abortire se non nei casi eccezionali di violenza sessuale o di pericolo di vita per la gestante.

Da oggi, la nuova legge permetterà di abortire fino alla quattordicesima settimana e il sistema sanitario pubblico garantirà la gratuità dell’intervento per poter abortire. Niente più carcere, quindi, per le donne che sceglieranno l’aborto.

Alla notizia dell’approvazione, una marea di fazzoletti verdi, il colore della campagna per l’aborto libero e sicuro, andata in porto dopo almeno sei tentativi falliti, l’ultimo durante la presidenza di Mauricio Macri, il predecessore di Fernández, ha colorato le strade e le piazze del paese.

Se è vero che è stato soprattutto il centrosinistra del Frente de Todos a sostenere la nuova legge, la campagna per il diritto all’aborto è stata comunque trasversale, tanto che, almeno fino a pochi anni fa, l’attuale vicepresidenta Cristina Fernández de Kirchner non era favorevole, almeno fin quando, per sua stessa ammissione, ha cambiato idea dopo aver visto migliaia e migliaia di donne riversarsi per le strade.

L’estremo tentativo di coloro che si sono sempre dichiarati contrari all’aborto, incentrato sull’inopportunità che il dibattito politico affrontasse questo argomento durante l’imperversare dell’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19, non ha pagato, al pari dei toni apocalittici dei settori della destra cattolica oltranzista che, Bibbia e crocefisso alla mano, hanno urlato che l’approvazione della legge avrebbe messo a rischio il diritto alla vita.

Al contrario, il primo risultato della legge è stato proprio quello di trasformare l’aborto clandestino, che a sua volta ha fatto molte vittime, in legale.

Inoltre, è stata sancita, per le adolescenti tra i 13 e i 16 anni, la necessità da parte della gestante, del consenso all’aborto espresso in forma scritta e, per le minori di 13 anni, il consenso informato e l’assistenza di almeno uno dei due genitori o di un rappresentante legale.

A tutto ciò probabilmente gli oppositori al progetto di legge non avevano mai pensato, o forse avevano volutamente ignorato che l’Argentina è uno dei paesi latinoamericani dove è maggiore il numero delle gravidanze delle minorenni.

Sebbene la legge preveda, per i medici, il diritto ad esercitare l’obiezione di coscienza, sia negli ospedali pubblici sia in quelli privati, occorre che sia individuato il personale medico disponibile ad effettuare l’intervento. Resta intesa anche l’obbligatorietà dei medici obiettori ad intervenire nel caso in cui la vita della gestante sia a rischio o richieda comunque un intervento rapido, pena sanzioni disciplinari a livello amministrativo, penale e civile.

Gli stessi medici obiettori di coscienza dovranno comunque prestare anche la necessaria assistenza post aborto nei casi in cui la vita della gestante sia in pericolo, come previsto dal Programa Nacional de Garantía de Calidad de la Atención Médica.

Tra le più felici per l’approvazione della legge Vilma Ibarra, segretaria legale e tecnica del governo di Alberto Fernández, soprattutto perché ad un certo punto, le incertezze dell’ex governatore di Río Negro e attuale senatore Alberto Weretilneck e quelle del peronista Edgardo Kueider sembravano sul punto di far fallire nuovamente il progetto di legge, prima che entrambi esprimessero il loro voto favorevole. Ibarra ha sottolineato che la lotta per l’aborto legale, libero e sicuro è frutto di una mobilitazione che da anni ha coinvolto le donne argentine, le quali da sempre hanno reclamato autonomia e diritti.

Particolarmente significativa, nello stesso contesto, l’approvazione della Ley Nacional de Atención y Cuidado Integral de la Salud durante el Embarazo y la Primera Infancia, conosciuta anche come Plan de los 1.000 Días che, tra le altre cose, prevede l’estensione del pagamento per l’Asignación Universal por Embarazo (AUE) da sei mensilità a nove, insieme alla creazione del Sistema de Alerta Temprana de Nacimientos y el Certificado de Hechos Vitales, volto a garantire il diritto all’identità di bambine e bambini appena nati.

Oggi l’Argentina è una società migliore, ha ricordato su twitter, subito dopo l’approvazione della legge, il presidente Alberto Fernández, soprattutto perché, come ricordato dalla Campaña Nacional por el Derecho al Aborto Legal, Seguro y Gratuito, ogni anno in Argentina 500.00 donne erano costrette a ricorrere all’aborto clandestino e in condizioni tutt’altro che sicure.

Dal 1983 ad oggi sono stati registrati oltre 3.000 decessi di donne a seguito di aborti rischiosi.

Il passo compiuto dall’Argentina potrebbe servire per cambiare le cose in America latina e nel Caribe: soltanto Uruguay (dove la Ley de Interrupción Voluntaria del Embarazo è stata approvata nel 2012), Cuba, lo stato di Mèxico, Portorico, Guyana e Cuba permettono l’interruzione della gravidanza. Lo spera l’Agrupación Ciudadana por la Despenalización del Aborto di El Salvador, dove l’aborto è vietato e l’ Agrupación Acción Afro- Dominicana, che non si aspetta particolari progressi sotto questo versante in Repubblica dominicana, ma è convinta che l’Argentina abbia aperto una breccia.

Hanno espresso la stessa convinzione anche la Red Feminista Antimilitarista della Colombia, dove l’aborto è legale soltanto nei casi di violenza sessuale, quando la vita della madre è in pericolo e nei casi di malformazione del feto, l’organizzazione femminista ecuadoriana Surkuna e la peruviana “Línea Aborto Información Segura”.

La legalizzazione dell’aborto in Argentina rappresenta una conquista per tutte le donne ed assesta uno schiaffo non indifferente ai gruppi ultraconservatori in crescita in tutto il continente latinoamericano.

(*) Fonte: Peacelink 

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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