ANTIPODI

(Roba del Pabuda…)

 

il consiglio                                    

dei ministri col cilindro

o coi tacchi alti

ha quest’anno, da febbraio,

un grinzoso

presidente nuovo:

con il ghigno.

ciononostante,

o forse proprio grazie

al suo sorrisetto

raro, sottilissimo e storto

piace a tutti:

ai giornali, alle tv, alle radio

e ai telefoni senza fili,

agli allibratori,

ai coccodrilli, agli alligatori,

a quelli per la pastasciutta

e a quelli per la minestra,

agli industriali, e ai borsaioli,

ai colleghi suoi banchieri,

ai più quotati commentatori,

ai bagarini e ai tifosi,

ai bagnini e ai seccatori,

ai bottegai e ai consumatori

ai cavernicoli e agli ultrà-moderni.

qualche giorno fa

un tale – forse un vecchio,

barbuto

e grezzo comunista,

arrochito dal tabacco scuro

e un po’ suonato –

molto acutamente

m’ha fatto notare

quali son state

le quattro parolette

più importanti

del suo discorso d’investitura.

poi ci ho dormito sopra

quasi placidamente

per tre o quattro giorni

e quattro o tre notti

e me le son dimenticate.

ieri, per l’otto marzo,

son tornate a galla

e da tutti i lati l’ho valutate.

prendendole delicatamente

da sotto

– senza stringere,

come fossero state

infreddoliti passerotti –

l’ho ben soppesate.

tra le quattro parolette

importanti,

a sua volta, la più

importante di tutte

deriva dritta dritta

da: «competizione»

vedrete: non invento,

non confondo, non mento:

dritta dritta:

«competizione».

è del tutto evidente:

con questa faccenda

di «garantire

parità di condizioni

competitive»,

se traduciamo bene,

ci troviamo in un attimo

agli antipodi:

quella roba, infatti,

è l’esatto opposto

dell’idea che mi son fatto

d’un’esistenza desiderabile

su questa Terra:

gentile, fraterna

sana, gradevole,

tranquilla e sorridente.

quell’ossessione

per la competizione

è il contrario belligerante,

è la dichiarata negazione

del fitto contenuto storico

di due interi libroni

che sul tavolo da lettura

tengo sempre

per consultazioni frequenti:

riportano, passo passo,

secoli di coraggiosi tentativi

e appassionati esperimenti:

uno s’intitola:

Dell’umana collaborazione,

l’atro:

Sulla socievole cooperazione.

Pabuda on Facebook
Pabuda
Pabuda è Paolo Buffoni Damiani quando scrive versi compulsivi o storie brevi, quando ritaglia colori e compone collage o quando legge le sue cose accompagnato dalla musica de Les Enfants du Voudou. Si è solo inventato un acronimo tanto per distinguersi dal suo sosia. Quello che “fa cose turpi”… per campare. Tutta la roba scritta o disegnata dal Pabuda tramite collage è, ovviamente, nel magazzino www.pabuda.net

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *