Argentina: il Rosariazo del 1969

Il 18 settembre del 1969 la polizia riprende il controllo della città di Rosario dopo cinque mesi di moti di protesta di studenti e operai che tennero testa alla dittatura di Juan Carlos Onganía e si ripresero la città.

di David Lifodi

Foto: Infobae

 

Cinquanta anni fa, tra maggio e settembre del 1969, l’Argentina fu scossa da primo e secondo Rosariazo e dal Cordobazo, una serie di moti di protesta che videro studenti, operai e tutta la cittadinanza prendere il potere delle città di Rosario e Cordoba contro le violenze della polizia inviata dal dittatore Juan Carlos Onganía, alla guida del paese dal 1966 al 1970. Obreros y estudiantes, juntos y adelante, si cantava nei cortei.

Il Segundo Rosariazo terminò il 18 settembre 1969, quando la polizia riuscì a riprendere il controllo di Rosario di fronte ad almeno 250.000 manifestanti. La repressione dell’esercito, nonostante la strenua resistenza di alcuni barrios rosarini che si protrasse per diversi giorni successivi, fu guidata dal generale Herberto Robinson, il quale dette l’ordine di aprire il fuoco contro qualsiasi gruppo che si opponesse all’esercito, e messa in pratica dal famigerato, ma allora ancora poco conosciuto, colonnello Leopoldo Galtieri. Il governo aveva disposto la Ley de Defensa Civil, precettando tutti i ferrovieri, tra i principali protagonisti anche del primo Rosariazo del maggio 1969.

Il 16 settembre, alle 10 della mattina, studenti, lavoratori, operai tessili, metallurgici e sindacati si misero in marcia scontrandosi apertamente con la polizia e appiccando il fuoco a numerosi veicoli delle forze dell’ordine. Non si trattava di disordini provocati dall’estrema sinistra, come aveva cercato di far credere il regime, ma di una vera e propria pueblada della città di Rosario. Tra coloro che aderirono alla protesta anche una trentina di sacerdoti terzomondisti, tra i quali Federico Parenti: “Che questo sangue che arriva al cielo non sia sparso invano, ma che porti alla liberazione che desideriamo”, disse il religioso.

Il secondo Rosariazo ebbe inizio il 7 settembre 1969, quando gli studenti universitari di Rosario proclamarono una settimana di celebrazioni per ricordare i loro colleghi uccisi dalla polizia durante il mese di maggio. Il giorno successivo, uno sciopero di 72 ore proclamato dai ferrovieri isolò la città dal resto del paese. Il 12 settembre, i ferrovieri deciso di incrociare le braccia a tempo indeterminato nonostante il tentativo di precettarli da parte del governo. Fu allora che scoppiò definitivamente il Segundo Rosariazo o Rosariazo Proletario. La gente di Rosario si riprese le strade della propria città contro la dittatura di Onganía, grazie soprattutto agli studenti e ad una forte classe operaia, ma si unirono alla protesta tutti i settori della società rosarina, fino agli adolescenti e alle casalinghe, che facevano i turni per non smobilitare le barricate. Socialisti, comunisti, radicali e peronisti erano uniti e non indietreggiavano di fronte ai militari.

Per comprendere il secondo Rosariazo non si può non parlare di come si sviluppò il primo. Tutto iniziò il 13 maggio 1969, quando gli operai dello stabilimento Amalia decisero di occuparlo per chiedere il pagamento dei salari arretrati. Siamo a Tucumán. Il giorno dopo la protesta si trasferisce a Cordoba, dove si verificano durissimi scontri tra operai e polizia. Il 15 maggio è la volta degli universitari di Corrientes che protestano contro l’aumento dei prezzi della mensa universitaria, chiedono le dimissioni del rettore Carlos Walker e negli scontri con le forze dell’ordine viene ucciso lo studente Juan José Cabral.

Trascorrono due giorni e la protesta giunge a Rosario, dove per gli stessi motivi dei loro colleghi di Corrientes gli universitari scendono in piazza. Per tutta risposta, il rettore José Luis Valentín Cantini impone la sospensione di tutte le attività universitarie, a partire dalle lezioni,  e i militari uccidono lo studente Adolfo Bello. Il Cordobazo del 29 maggio e il primo Rosariazo rappresentarono l’inizio di una serie di puebladas organizzate dai movimenti operai e popolari contro Onganía, la cui presidenza si caratterizzerà per avere una serie di morti sulla coscienza, compresa quella di un giovanissimo manifestante, il quindicenne Luis Blanco. Nel frattempo, il 22 maggio 1969, Rosario era passata sotto la giurisdizione militare, tanto che poco più di un mese dopo, la visita presidenziale di Onganía si era conclusa con una dichiarazione che definiva il dittatore come “persona non gradita”.

Alcuni anni fa, di fronte al tentativo di far dimenticare il Rosariazo, lo storico Leónidas Ceruti ha scritto che occorre saldare le lotte di allora con quelle di oggi, contro le ingiustizie della società prodotte dagli sfruttatori di sempre. Quelle parole valgono anche per l’incerto presente in cui vive l’Argentina ridotta in miseria dal macrismo.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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