Armi-Myanmar: l’Occidente viola le sue sanzioni

redazione Diogene*

Stati Uniti, Francia, India e Giappone sono tra i paesi che secondo un rapporto dell’Onu forniscono al governo del Myanmar armi, nonostante le sanzioni occidentali per le violazioni dei diritti umani.

Il rapporto afferma che le armi vengono utilizzate per compiere atrocità contro coloro che si oppongono ai militari, andati al governo dopo il colpo di stato del febbraio 2021.

L’opposizione si è unita ai gruppi etnici ribelli per resistere al governo militare. Il rapporto del Consiglio consultivo speciale sul Myanmar non si limita a denunciare le armi vendute dall’esterno.

“Un fattore altrettanto importante, tuttavia – si legge nel report – è il fatto che le forze armate del Myanmar possono produrre, all’interno del paese, una varietà di armi che vengono utilizzate per colpire i civili”.

Le aziende menzionate forniscono all’esercito del Myanmar materie prime, addestramento e macchinari, afferma il rapporto, e le armi prodotte di conseguenza non vengono utilizzate per difendere i suoi confini ma per reprimere le persone.

“Il Myanmar non è mai stato attaccato da un paese straniero”, ha spiegato Yanghee Lee, ex relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani in Myanmar e uno degli autori del rapporto. “E il Myanmar non esporta armi. Dal 1950, ha fabbricato le proprie armi da usare contro la propria gente”.

Ufficialmente, più di 2.600 persone sono state uccise dai militari dall’ultimo colpo di stato. Tuttavia, si pensa che il vero bilancio delle vittime sia dieci volte superiore.

Negli ultimi mesi, secondo gli osservatori internazionali, i movimenti di opposizione sembrano reagire a quello che sembrava un processo di annientamento da parte dei militari al potere, che possono sfruttare l’aviazione.

Insieme a Yanghee Lee, il rapporto è stato scritto da Chris Sidoti e Marzuki Darusman, entrambi della missione internazionale indipendente di accertamento su quanto sta accadendo nel Myanmar.

Documenti militari, interviste con ex soldati e immagini satellitari delle fabbriche sono alla bse dela denuncia Onu. Alcune immagini dimostrano che le armi prodotte in casa sono state utilizzate prima del colpo di stato.

I soldati sono visti portare fucili fabbricati in Myanmar durante il massacro di Inn Din, quando le truppe del Myanmar hanno ucciso 10 uomini di etnia Rohingya disarmati.

Bossoli di proiettili di artiglieria rinvenuti provengono da fabbriche europee, in particolare dall’Austria. Macchine ad alta precisione prodotte dal fornitore austriaco GFM Steyr sono utilizzate per la produzione di canne di fucili.

Quando le macchine necessitano di manutenzione, specifica sempre il rapporto, vengono spedite a Taiwan, dove i tecnici GFM Steyr le ripristinano prima che vengano restituite in Myanmar.

Il rapporto afferma che non è chiaro se i tecnici dell’azienda austriaca siano a conoscenza del fatto che stanno lavorando su cose che verranno utilizzate all’interno del Myanmar.

Le materie prime provenienti dalla Cina sono state ricondotte alla produzione di armi in Myanmar, tra cui rame e ferro che si ritiene provengano dalla Cina e da Singapore.

Componenti chiave come micce e detonatori elettrici sono stati rintracciati come provenienti da aziende di India e Russia, grazie ai registri di spedizione.

Altri macchinari provengono da Germania, Giappone, Ucraina e Stati Uniti. Si ritiene che il software per programmare le macchine provenga da Israele e Francia. Singapore invece, secondo il rapporto sembra funzionare come un hub di transito per i fornitori.

Per decenni, l’esercito del Myanmar è stato soggetto a una serie di sanzioni internazionali, ma non ha fermato la sua produzione di armi. Il numero di fabbriche si sta moltiplicando: da circa sei nel 1988 a ben 25 fabbriche oggi.

“Le sanzioni internazionali sono state molto incostante”, afferma Chris Sidoti. “Non ci sono state sanzioni imposte dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ma solo da singoli stati o gruppi di stati.

*diogeneonline.info

ciuoti

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