Autonomia Regionale Differenziata: PERCHÉ NO

di Anna Maria Bianchi (*)

Basta insegnanti meridionali per i nostri figli”.
La scritta campeggiava sui manifesti di uno dei tanti movimenti autonomisti che sarebbero poi confluiti nella Lega Nord, che avevano tappezzato i muri di Torino.
Erano gli anni ’80.
Allora non avrei immaginato che tanti anni dopo mi sarei trovata davanti alla realistica possibilità che questo sciagurato e razzista diktat potesse trovare una strada legislativa per arrivare nelle mani degli eredi di quei movimenti.
Invece è proprio quello che potrebbe avvenire se fosse definitivamente approvata la cosiddetta “autonomia regionale differenziata”, portando nella esclusiva disponibilità delle Giunte regionali scelte che riguardano non solo la scuola, ma la sanità, l’ambiente, la tutela dei beni culturali, le autostrade, i porti e gli aeroporti, la protezione civile, la produzione e distribuzione dell’energia e molte altre materie.

L’ autonomia differenziata nasce nel 2001 con la riforma del Titolo V della Costituzione Italiana [governo Amato II, ndr], introdotta da governi di centrosinistra sull’onda del successo della Lega Nord e delle rivendicazioni secessioniste della “Padania”.
Così all’articolo 116 scritto dalle Madri e dai Padri costituenti, che si limitava a riconoscere le 5 Regioni a Statuto speciale, è stata aggiunta la possibilità di “Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” per le “altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata” per 23 materie – 3 oggi di esclusiva potestà dello Stato, 20 concorrenti Stato – Regioni – per le quali potrebbero essere attribuite le competenze legislative e amministrative alle Regioni a Statuto ordinario.

Da allora il progetto ha attraversato varie legislature e maggioranze politiche, sotto l’impulso del Veneto e della Lombardia a trazione leghista, ma anche dell’Emilia Romagna a guida centrosinistra, e un primo salto di qualità l’ha fatto negli ultimi giorni del Governo Gentiloni, a 4 giorni dalle elezioni politiche, con la firma di tre pre – intese siglate con le tre Regioni.
Il percorso non si è interrotto nelle legislature successive, avendo sempre goduto di un sostegno trasversale, fino all’attuale Governo di centrodestra, dove il Ministro leghista per gli Affari Regionali e le Autonomie Calderoli ha premuto sull’acceleratore riuscendo a ottenere l’approvazione del suo Disegno di legge al Senato il 23 gennaio 2024.
Ora siamo arrivati al capolinea: il disegno di legge Calderoli si appresta a concludere il suo iter parlamentare, in un Parlamento che sarà escluso dalla maggior parte dei passaggi decisionali che riguardano le intese.
Infatti i protagonisti della negoziazione e approvazione delle Intese con le singole Regioni saranno il Governo e i Presidenti delle Regioni, con i “competenti organi parlamentari” chiamati a esprimere solo atti di indirizzo a cui il Presidente del Consiglio dei Ministri non è obbligato a conformarsi (1).

Quanto alle risorse per finanziare le nuove competenze ottenute dalle Regioni, poiché dall’autonomia non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, saranno reperite nel gettito fiscale maturato in ciascun territorio regionale, così che le Regioni più ricche, con maggiori entrate versate dai contribuenti sul proprio territorio, potranno offrire ai propri cittadini servizi migliori, mentre le Regioni con meno introiti, e lo stesso Stato, vedranno ridursi le risorse e quindi i servizi e i diritti.
I famosi “Lep” Livelli Essenziali delle Prestazioni, che vengono sventolati come garanzia dei diritti sociali, sono ancora lontani dall’essere “definiti” e ancora più lontani dall’essere finanziati.
Ma la macchina andrà avanti lo stesso, anche senza Lep, e la devoluzione delle materie che non prevedono la definizione dei Lep, potrà partire subito dopo l’approvazione della legge.
Tra queste Organizzazione della giustizia di pace, Rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni, Commercio con l’estero, Protezione civile e altre.

Si arriva quasi a 500. Va ricordato che per molti anni l’autonomia differenziata non è stata neanche portata al dibattito pubblico dalla maggior parte dei partiti, compresi alcuni di quelli oggi all’opposizione che, con altre linee politiche e/o altri leader, l’hanno anzi sostenuta, in forme non così diverse da quella attuale. Solo alcune realtà della società civile, insieme a movimenti e piccoli partiti, hanno continuato a battersi caparbiamente per far conoscere i rischi dell’autonomia per l’unità della Repubblica, per i diritti dei cittadini, per il nostro patrimonio collettivo.

Ben pochi gli organi di informazione che si sono presi la briga di raccontare quanto si stava apparecchiando: i “giornaloni” e le televisioni si sono occupati del tema per nulla o assai episodicamente, senza mettere in campo la campagna di informazione che avrebbe meritato un simile stravolgimento dei principi costituzionali.
Se l’autonomia diventerà realtà, non renderà solo incolmabile la distanza tra il Nord e il Sud, ma consegnerà ciò che il nostro Paese ha di più prezioso – l’ambiente, i beni culturali, la scuola, la cura delle persone – alle maggioranze politiche regionali del momento, che potranno piegarle a ideologie e convenienze, deciderne privatizzazioni, usarne i poteri derivati per estrarre consenso.

E sarà una scelta irreversibile: una volta smontato lo Stato, divise le competenze, attribuiti gli edifici, avviate le assunzioni del personale, sarà molto difficile tornare indietro.
L’Italia sarà definitivamente divisa in tante piccole repubblichette con leggi e regole diverse, guidate da potentati che su una enormità di materie potranno decidere i destini dei territori, dei lavoratori, delle persone, senza alcun ente sovraordinato che stabilisca i principi generali e possa fare da contrappeso e garante del destino comune. E forse si potrà realizzare il sogno di una macroregione del Nord, come quello che dagli anni ’80 si è insinuato come tentazione separatista in tanti cittadini che considerano i territori del Sud e delle zone più povere una zavorra di cui liberarsi.

Per questo l’associazione Carteinregola ha deciso di impegnarsi per diffondere il più possibile la conoscenza di quello che sta per abbattersi sul nostro Paese, chiedendo alle tante voci che si sono levate contro l’autonomia differenziata di raccontare perché è necessario disperatamente e fermamente opporsi, cominciando con lo spiegare per ciascuna delle materie di cui le Regioni – i loro Presidenti – possono “appropriarsi”, quello che potrebbe succedere.

Per difendere le conquiste democratiche incarnate dalla nostra Costituzione, l’uguaglianza dei diritti, l’unità della Repubblica nata dal Risorgimento e dalla Resistenza, che ha dovuto affrontare un lungo percorso per riuscire a sentirsi Paese, per superare le differenze territoriali, sociali, culturali, che rendevano difficile un completo riconoscersi comune, anche se ancora lontano dal traguardo dell’uguaglianza e delle pari opportunità sociali stabilito dalle nostre Madri e Padri costituenti, un percorso che ora potrebbe interrompersi irreversibilmente.

(*) Presidentessa di Carteinregola.

Questo articolo è il primo capitolo del libroAutonomia Regionale Differenziata: PERCHÉ NO“, liberamente scaricabile qui dal sito di Carteinregola.
Quello che segue è il sommario di un testo in fieri, che si arricchisce di nuovi materiali e interventi.

Autonomia differenziata Perchè NO

Le 23 materie che possono cambiare i connotati al nostro Paese e ai diritti dei cittadini

Perché  NO  – Anna Maria Bianchi,  Presidente di Carteinregola

La secessione delle Regioni – Stato  Gianfranco Viesti, Professore Ordinario di Economia Applicata dell’Università Aldo Moro di Bari  autore di Verso la secessione dei ricchi? e Contro la secessione dei ricchi

Autonomia Differenziata e Costituzione Italiana Gaetano Azzariti,  Professore ordinario di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università La Sapienza Roma

Residuo fiscale e secessione economicaFrancesco Pallante, Professore ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Torino, autore di Spezzare l’Italia. Le regioni come minaccia all’unità del Paese, Einaudi 2024

Livelli Essenziali delle Prestazioni e disuguaglianze –  Mariella Volpe,  Economista, Forum Disuguaglianze e  Diversità

LE MATERIE  Francesco Pallante

Cosa succede alle materie oggi di esclusiva dello Stato  (Art. Cost.117 secondo comma):

n) Norme generali sull’istruzione – Istruzione (3 comma)- Marina Boscaino Insegnante e portavoce dei Comitati per il ritiro di ogni autonomia differenziata

s) Tutela dell’ambiente e dell’ecosistema – Gaetano Benedetto – Presidente Centro Studi WWF  

s) Tutela dell’ambiente – Tutela degli animali – Gianluca Felicetti, Presidente LAV

s) Tutela dei beni culturali – Tutela del Paesaggio–   Daniele Iacovone, architetto e urbanista, Coordinatore della progettazione del nuovo Piano Territoriale Paesistico Regionale della Regione Lazio

l) Organizzazione della giustizia di pace –  Giuseppe Salmè, già presidente di sezione della Cassazione

Cosa succede alle materie oggi concorrenti Stato- Regioni (Art. Cost.117 terzo comma):

Tutela della salute Loretta Mussi, medico

Governo del territorio – Giancarlo Storto, urbanista

Protezione civile –  Roberto De Marco, geologo, già direttore servizio sismico e direttivo protezione civile

Porti e aeroporti civili – Grandi reti di trasporto e di navigazionePietro Spirito, economista dei trasporti

Produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia  – Edoardo Zanchini, ambientalista, già vicepresidente di Legambiente

Ordinamento della comunicazioneVincenzo Vita, giornalista, già sottosegretario al Ministero delle Comunicazioni

Rapporti internazionali e con l’Unione Europea delle RegioniAlberto Lucarelli, Professore ordinario di diritto costituzionaleFacoltà  Giurisprudenza Università Federico II di Napoli

Commercio con l’estero – Paolo Guerrieri, economista

Ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi Raffaele Brancati, economista

Coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario –  Massimo Paradiso, Professore Associato di Economia politica Università di Bari

Casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale – Alberto Zazzaro economista

E ancora Tutela e sicurezza del lavoro – Ordinamento sportivo -Alimentazione -Previdenza complementare e integrativa

INTERVENTI

Zero al Sud  – Marco Esposito, Giornalista

Giù al Nord  – Dianella Pez, Comitato Friuli Venezia Giulia per il ritiro di ogni autonomia differenziata, l’unità della Repubblica e l’uguaglianza dei diritti

Le politiche per le infrastrutture logistiche dopo la fine della industrializzazione del Mezzogiorno: lo strumento delle Zes – Adriano Giannola  Presidente Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno (SVIMEZ )

Battersi per un’Italia unita, democratica, eguale  –  Massimo Villone Professore emerito di diritto costituzionale all’Università Federico II di Napoli, presidente del Coordinamento per la democrazia costituzionale ed ex parlamentare

Autonomia differenziata: superamento della unità nazionale e privatizzazioni dei servizi pubblici – Pietro Spirito

APPENDICE:

Nota su approvazione,  durata e revoca  delle Intese fra Stato e Regione secondo il DDL approvato dal Senato – Anna Maria Bianchi

Il testo del Ddl Calderoli (C. 1665​)

L’Appello alle Deputate e ai Deputati del 26 aprile 2024

Ringraziamenti

Il libro è distribuito gratuitamente e come tale può essere diffuso liberamente senza fini di lucro citando gli autori e  l’Associazione Carteinregola.
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alexik

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