Baccalario, Bonnot, Bradley, Bussi, Camilleri, Costantini, Khadra più (moltissimi) Autori Vari

8 recensioni giallo-noir di Valerio Calzolaio

Alan Bradley

«Flavia de Luce e il cadavere nel camino»

traduzione di Alfonso Geraci

Sellerio

424 pagine, 15 euro

Toronto. 1951. Flavia, 12enne di nobili origini, occhi azzurri e freddi, udito sopraffino, talento per la chimica, è stata mandata dalla casa inglese (Bishop’s Lacey, antiche magione e tenuta di Buckshaw, fittizi) nel college di un’Accademia Femminile canadese, lungo viaggio in nave e treno. Vi aveva studiato anche la madre Harriet, morta in un’escursione in Tibet oltre dieci anni prima. Non le mancano certo il babbo Haviland, colonnello con baffetti, filatelico collezionista di francobolli in ristrettezze finanziarie, né le sorelle maggiori Ophelia Feely 18enne e Daphne Daffy 14enne, ferocemente scherzose. Tuttavia incontra le rigide istruttrici e compagne nevrotizzate, oltre a nuovi delitti. Risolve molto. Godibile la serie Flavia De Luce’s Mysteries iniziata nel 2009 dallo scrittore canadese esperto d’ingegneria elettronica Alan Bradley (Toronto, 1940). Questo è l’ultimo (ottavo), “Flavia de Luce e il cadavere nel camino”, come sempre in prima persona.

Autori vari

«Una finestra sul noir»

Frilli

376 pagine per 13,90 euro

Genova. 1948-2016. Marco Frilli nacque a Firenze e si era lasciato adottare dal capoluogo ligure. Dopo aver lavorato per Laterza, nel 2000 promosse una casa editrice importante: tra cinquanta e sessanta titoli l’anno pubblicati cartacei ed e-book, ormai quasi mille in 17 anni, circa un terzo gialli per genere e copertina. Il fondatore è scomparso un anno fa a causa di un brutto tumore, i figli Giacomo e Carlo (che già vi lavoravano) proseguono l’attività. Ora 46 “suoi” autori italiani di noir (alcuni in coppia o trio, 11 donne, alcuni con un successo che li ha portati altrove come proprio lo scouting Frilli metteva in conto) ricordano Marco con 40 racconti dove lo affiancano in vario modo ai propri investigatori. Se il giallo è radicato in ogni regione è merito anche loro: nella bella raccolta “Una finestra sul noir” s’incontrano città, protagonisti, crimini e tic provinciali di Liguria, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Campania, Sicilia. Prefazione di Valerio Varesi.

 

Xavier-Marie Bonnot

«La donna di pietra»

traduzione di Barbara Sancin

Edizioni del Capricorno

380 pagine, 17 euro

Villaggio di Saint Vincent nella grande valle alpina francese dell’Oisans fra le cime delle Aiguilles. Pochi anni fa. Il 45enne Pierre Verdier assiste alla nuova sepoltura di Vicky nel piccolo cimitero montano e ripensa al calvario di tutta la storia iniziata l’autunno dell’anno precedente. Quello era il suo ambiente, accanto al Parc National des Écrins dove erano stati appena avvistati alcuni lupi, almeno tre esemplari. Stava attendendo la sorella Claire, in arrivo da Parigi per la festa di Ognissanti. La casa di famiglia si trovava all’estremo limite del minuscolo paesino, entrambi i genitori già morti. Dopo gloriosi decenni di guida alpina e di scalatore estremo sui picchi del mondo, ebbe un terribile incidente con la sua ricca dolce fidanzata Paola Berg (con la quale conviveva felicemente a Chamonix da più di cinque anni) arrampicandosi d’inverno su una pericolosa via della parete nord dell’Olan, lei non ne uscì viva. Lui riprese in mano casa e fattoria, fece costruire un ovile sul sentiero verso gli alpeggi, un gregge di oltre cento pecore e una decina di capre nei dodici ettari ereditati (in comproprietà), rimase triste e appartato con Capitaine, un mastino dei Pirenei. Claire lavorava a Parigi (dove Pierre non era mai stato) e tornava con passione ma raramente, cinque anni più piccola, occhi neri e scintillanti, alta e flessuosa, slanciata e vigorosa, modi da maschiaccio, gran lettrice, biologa impegnata al CNRS in una importante ricerca sul cervello del laboratorio di genetica, senza mai parlare di eventuali amori. Dopo il suo arrivo Pierre accennò al medico dei disturbi della sorella (incubi riguardanti una certa Vicky), decisero di vederla subito insieme, ma a casa non c’era più, trovarono tracce nella neve e poi lei impiccata a una corda da scalatore. In base a prime indagini il maresciallo Portal e la giudice Montaz decisero di arrestare Pierre. Né Vicky né l’ex innamorato un po’ fuori di testa erano stati trovati. Ancora.

Lo storico e documentarista Xavier-Marie Bonnot (Marsiglia, 1962) scrive polizieschi da una quindicina d’anni, un paio tradotti. In questo la protagonista è la montagna descritta con sapienza ed esperienza durante tutte le differenti quattro stagioni: rumori e odori, sapori e colori, rocce e paesaggi, neve e ghiacciai, animali e vegetali. Chi parla con l’ecosistema è Pierre e la narrazione in terza riguarda soprattutto lui (toccanti le pagine relative all’agnellatura), con intervalli sulla sorella e sui due investigatori, a loro modo sempre più coinvolti nella ricerca di verità antiche e moderne. Occorre entrare dentro le reti di relazioni familiari in piccoli borghi isolati dove non mancano segreti e pazzie, anche i fiori hanno un senso. Occorre ricostruire la vita parigina (pur senza fronzoli o eccessi) e gli affetti di Claire, come e perché avesse un legame profondo, poetico e sofferente con una bella donna lontana. Occorre far emergere la tragedia che colpì il venerato fratello, il senso delle chiacchiere che lo riguardano e dalle quali sembra sempre chilometri distante. Anche perché morti e dinamiche vendicative continuano a sconvolgere la valle per tutto quell’anno. Il titolo fa riferimento al carattere (apparentemente non fragile) di alcuni umani e di tutti i monti. Un ghiacciaio vive al ritmo lento della gravitazione, si nutre di neve e di freddo, e si spezza sui pendii. Mille forze lo percorrono. Mille fratture. Claire legge romanzi senza pretese, le piacciono perché così può far riposare il cervello. Allo scopo e per festeggiare molto si utilizzano anche i liquori al genepì, il bianco Aligoté (dei cugini) non è granché. Pierre è appassionato di musica barocca e sacra, venera Bach che illumina la sua solitudine; Claire invece canta sotto la doccia i vecchi successi degli anni ottanta.

 

Pierdomenico Baccalario

«La confraternita»

Einaudi

298 pagine, 18 euro

Foxburg e Ypstown, anni dopo. Dopo aver ottenuto il diploma, abilissimo con giochi di ruolo, computer e videogame, Marco McKay sta per iscriversi alla Facoltà di Economia del prestigioso ateneo. In accordo col suo grande amico Cosmo (dall’infanzia insieme), ha l’obiettivo di infiltrarsi in un’associazione universitaria segreta che “connette” giovani formidabili, si chiama Natio Suprema Iunctio, con regole severissime, forse dirige e manipola il mondo. Conquista la fiducia di Julian, figlio del Primo Ministro di Weland, e ci riesce. Poi incontra Julia e s’innamora. Il gioco si fa imprevedibile e duro. Pierdomenico Baccalario (Acqui Terme, 1974) è un fertile prolifico scrittore di libri per ragazzi (anche gialli) affermato nel mondo. In “La confraternita” narra un’avventura fantanoir, divertente per tutti.

 

Roberto Costantini

«Ballando nel buio»

Marsilio

470 pagine, 19 euro

Roma. 1974 e 1986. Michele Balistreri, bruno e muscoloso, nonno geometra dei coloni in Libia, padre bello affermato ingegnere cresciuto povero a Palermo e poi responsabile (per l’affare di favorire l’ascesa al potere di Gheddafi) della morte dell’amata madre fascista Italia, bravo fratello maggiore Alberto (ormai in Ibm a Londra), ha rabbia e odio come motori della vita, si sente esaltato e spietato, straniero ovunque. Soprattutto fra i camerati di Ordine Nuovo (appena sciolto) che stanno confluendo nel Fuan, alcuni sono i colleghi e forse amici coi quali gestisce la piccola lercia palestra dove lavora (come istruttore di arti marziali). Trova inutile continuare a dibattere, manifestare, volantinare, prendersela con qualche giovane rosso o poliziotto; vorrebbe eliminare i mandanti e le istituzioni statali dei traditori. Assomiglia al bellissimo Al Pacino, vive solo e astemio in un piccolo loculo spoglio con un letto, quattro sedie pieghevoli e il cucinino; sa di greco e letteratura, fa esami e legge Nietzsche, non sopporta che tanti lo chiamino ancora Africa (lì aveva ammazzato davvero i nemici), gira in 127 (che poi scambia con un Gilera 125); una sera incontra la sarda Isabella Mulas. S’innamora, nonostante lei si trova coinvolto in lanci di molotov, scommesse clandestine, traffico d’armi, strategia della tensione, manovre di partiti e Servizi (presto secretate), la vita svolta. Dodici anni dopo è laureato in filosofia, vive alla Garbatella e guida un Duetto, fuma e beve, risulta il più bravo, intuitivo e detestabile funzionario della squadra Mobile, sciupafemmine con una regola fissa (“mai con una donna che non ha un altro uomo”). Ai Parioli hanno ucciso un deputato, l’onorevole Giulio Giuli. Era suo capo e amico tra i fascisti, poi si era spostato nella Dc e aveva pure sposato Isabella. A stento gli assegnano il caso, reincontrerà tutti, altri ex camerati verranno assassinati, scoprirà passato e presente di ciascuno, onori e oneri.

L’ingegnere dirigente Luiss Roberto Costantini (Tripoli, 1952) continua a narrare con maestria l’avvincente saga noir di Balistreri, due piani temporali (con soluzioni connesse) per ogni avventura gialla, questo è il quinto romanzo, sempre in prima (talora intervallata con diari altrui). Sappiamo che Michele è nato a Ferragosto 1950 in Libia. L’infanzia e l’adolescenza sono descritte nel secondo, il rientro a Roma dopo la morte della madre Italia nel terzo, qui lo troviamo all’Università nel 1974, ancora colmo di rancore, e dodici anni dopo, poliziotto acuto e torvo. Abbiamo già letto di alcuni misteri che ha risolto, precedenti (1982, 1983) e successivi (2001, 2005-06, 2011). A 61 anni è certamente arrivato, nonostante abbia incrociato ferite e attentati personali, morti tradimenti abbandoni affettivi, stragi delitti poteri crimini (famosi nella storia patria), per oltre 35 anni come capace investigatore (per quanto ben presto scopra d’odiare le diavolerie informatiche e s’intenda più di foto). Vari personaggi ritornano e si intrecciano, altri (inediti o quasi) hanno specifica centralità: qui soprattutto Viola, la figlia dell’odiato potente presidente Scandriga, è suo il diario segreto (dal cui testo, oltre che dallo Springsteen del 1984, deriva il titolo), è lei a essere rimasta 12 anni in carcere; e Carlo, nemico di Scandriga (e di Moro), l’uomo che lo aveva salvato dall’abisso, utilizzato nei servizi e in polizia, dopo essere divenuto capo (45enne) della squadra mobile più grande d’Italia. I pensieri di Mike su onore, lealtà e giustizia (nel ricordo della mamma) fanno da filo conduttore per amori, amicizie, legami; viene da un mondo dove offese e ignominie si lavano col sangue, scopre che si trova sempre qualche nuovo ribaldo o qualcuno col quale si è sleali. E, con l’età, s’abbandona spesso e tanto all’alcol del Lagavulin, da solo e in compagnia. Ben sapendo che Battisti c’entra poco con la destra, resta mesto con Leonard Cohen (che anche Viola apprezza).

 

Andrea Camilleri

«Un mese con Montalbano»

Sellerio

506 pagine, 15 euro

Montalbano è… nato nel 1960, poliziotto da varie parti e da un po’ a Vigàta, ora fidanzato con Livia (che prevalentemente resta a Boccadasse), baffuto (nonostante il bel Zingaretti), invidiato soprattutto per Enzo (la trattoria del pranzo) e Adelina (la governante per la cena pronta in frigo). Andrea Calogero Camilleri (Porto Empedocle, Agrigento, 1925) narra sempre in terza fissa su Salvo, opere pensieri sogni mangiate. Accanto ai romanzi, gli dedica racconti. Le 30 situazioni di “Un mese con Montalbano” furono scritte in 14 mesi tra il primo dicembre 1996 e il 31 gennaio 1998, 3 edite, una su una rivista e due in raccolte, 27 inedite, tutte uscite in una prima edizione Mondadori del 1998, primo libro sul commissario non pubblicato da Sellerio. Adesso torna alla casa madre. Non solo crimini, anche furti senza furto, infedeltà coniugali, indagini sulla memoria; lingua e stile che conosciamo, amiamo e rileggiamo sempre con voluttà.

 

Yasmina Khadra

«Il pazzo col bisturi»

Edizioni del Capricorno

traduzione di Roberto Marro

174 pagine, 12 euro

Algeri. Vent’anni fa. Il commissario Llob è un cinquantenne avvilito dalla noia finché non lo chiama il Pazzo per annunciargli che sta per uccidere e poi per confermargli che lo ha fatto davvero, dando l’indirizzo ove trovare il cadavere. L’uomo continua a giocare al gatto col topo attraverso altri quattro efferati delitti di donne. Tortura le vittime, strappa loro il cuore, depone una stella sul cadavere. Quando “Il pazzo col bisturi” di Yasmina Khadra uscì in Francia come esordio letterario di una nuova serie poliziesca africana – narrata in prima persona – non si sapeva che l’autore (Mohammed Moulessehoul, 1955) era un militare nato nel Sahara francofono, testimone della guerra civile in Algeria, che aveva scelto uno pseudonimo femminile per non farsi riconoscere. I suoi romanzi sono ormai tradotti in quasi 50 paesi, questo era inedito in Italia.

 

Michel Bussi

«Mai dimenticare»

traduzione di Alberto Bracci Testasecca

Edizioni e/o

462 pagine per 16,50 euro

Yport. 12 luglio 2014. Frana un pezzo di falesia, evento non raro sulla costa normanna di fronte al Canale della Manica. Tra i blocchi caduti sulla spiaggia la gendarmeria rinviene ossa di tre scheletri umani con un diverso grado di decomposizione (morti in date diverse). Per capirci qualcosa viene chiamata in causa l’Unità nazionale per l’identificazione delle vittime di catastrofi. La scena si sposta a quasi cinque mesi prima. Jamal Salaoui si stava allenando a Yport, gli era stata regalata una settimana di soggiorno come premio di un sondaggio telefonico. Correva sulla falesia più alta d’Europa quando vide una sciarpa rossa di cachemire attaccata alla recinzione di un campo, poi una bellissima ragazza discinta sull’orlo dello strapiombo, parlarono un attimo, provò a farla allontanare, le tirò la sciarpa, lei sembrò prenderla ma poi si gettò nel dirupo. Jamal è un giovane magrebino bruno, muscoloso e senza una gamba, tibia e piede di carbonio, cresciuto a La Courneuve nella regione parigina, dal 2008 assunto da categorie protette come operaio per manutenzioni varie in un istituto terapeutico, ormai sportivo di alto livello (paraolimpico) intenzionato a partecipare all’Ultra-Trail del Monte Bianco, la più dura campestre del mondo. L’apparente suicidio lo sconvolse, non poteva certo sporgersi sul ciglio, corse sotto, ritrovò il corpo sui sassi, stranamente aveva la sciarpa intorno al collo, due persone avevano visto solo la giovane cadere, arrivò la polizia, nessuno spiegava la concatenazione letale degli eventi e pian piano ci andò di mezzo lui. Fra l’altro nel 2004, a poca distanza di mesi, vi erano stati due episodi analoghi con belle ragazze poco meno e poco più che ventenni aggredite dopo un bagno, violentate e strangolate. Le morti non finiscono.

Il professore di geografia all’università di Rouen (Normandia) e direttore di ricerca al Cnrs francese Michel Bussi (Louviers, 1965) continua a scrivere ottimi gialli senza protagonisti seriali in ecosistemi sempre molto biodiversi e originali. Qui quasi a casa sua. Il titolo si riferisce al nome dell’associazione promossa da familiari e amici delle prime due vittime per l’indimenticabile dolore subito, mai rassegnati all’inconcludenza delle tante indagini fatte. La narrazione ovviamente ha più piani temporali e alterna ad alcuni dispacci ufficiali la terza varia su alcuni protagonisti e la prima persona del diario scritto da Jamal, frastornato dalle donne incontrate, la ragazza che si era lanciata nel vuoto e Mona Salinas che incrociò in gendarmeria, capelli rossi, occhi neri, nasino all’insù, subito conquistata. E sorpreso dal contenuto delle buste riservate che qualcuno gli faceva trovare ovunque, per narrargli tutt’altra storia e destabilizzarlo di continuo, sia sul passato che sul presente. L’ingranaggio è molto complicato, perfettamente oleato. Ognuno dei 45 capitoli inizia con una frase inserita nel precedente. Come sempre il contesto è narrato con poesia e scienza: lo stesso senso di eternità del paesaggio risulta un’illusione, la falesia attaccata da tutte le parti (acqua, ghiaccio, pioggia, mare) resiste, si piega, cede e muore sotto gli occhi di milioni di turisti che non percepiscono quei cambiamenti sotterranei. Che bello: esistono ancora fan di progressive rock (Pink Floyd, Yes, Genesis) trent’anni dopo gli anni settanta. Per cene amorose si gustano costose coppe di champagne Piper-Heidsieck 2005 o chardonnay di Borgogna, Vougeot 2009 premier cru, altrimenti Calvados e Bergerac.

Redazione
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