Basta armi, prendersi cura del mondo

Un appello di Alex Zanotelli e una manifestazione femminista il 25 settembre a Roma

Basta parlare di pace, fermiamo le armi, «facciamo la pace»

In mille rivoli, ma il movimento c’è. Alziamo la voce e uniamo le iniziative. Il mondo, altro che Covid, riarma per 1.981 miliardi di dollari, l’Italia con 27 miliardi di euro nel 2020 e 30 miliardi quest’anno

di Alex Zanotelli

«La pandemia è ancora in pieno corso, la crisi sociale ed economica è molto pesante, specialmente per i più poveri. Malgrado questo, ed è scandaloso, non cessano i conflitti armati e si rafforzano gli arsenali militari». È questa l’amara constatazione di papa Francesco davanti alla crescente e paurosa militarizzazione mondiale. E bacchetta un’Europa che «parla di pace, ma vive di guerra».

Lo scorso anno infatti a livello mondiale i governi hanno investito in armi ben 1.981 miliardi di dollari, 74 miliardi in più del 2019. L’Italia, sempre secondo i dati del SIPRI, lo scorso anno ha investito 27 miliardi di euro in armi.

E le previsioni sono che, quest’anno, l’Italia spenderà ben 30 miliardi di euro in armi, pari a 82 milioni di euro al giorno. Tutti questi enormi investimenti in armi avvengono a spese della Sanità pubblica e dell’Istruzione. Basta pensare che negli ultimi dieci anni i vari governi italiani hanno tolto alla Sanità pubblica ben 37 miliardi, mentre questi stessi governi hanno speso in media oltre 20 miliardi di euro all’anno in armi.

È UNA FOLLIA TOTALE la nostra. Pagata a caro prezzo, durante la pandemia, da migliaia e migliaia di cittadini morti per la Covid-19, specie in Lombardia, una regione che in gran parte ha privatizzato la Sanità. Tra il 1995 e 1998, ben 222 ospedali pubblici sono stati chiusi.

L’Italia è il nono esportatore mondiale di armi. E vendiamo queste armi a tutti. Il caso più clamoroso è il quantitativo di armi di ben 9 miliardi di euro che vogliamo vendere all’Egitto, un paese governato dalla più spietata dittatura d’Africa, di cui è stata vittima il nostro concittadino, Giulio Regeni.

Nulla da fare, ‘business is business‘(gli affari sono affari). Vendiamo armi e bombe all’Arabia Saudita che le usa per fare la guerra allo Yemen. Vendiamo armi a Israele che le usa per reprimere il popolo palestinese. La litania potrebbe continuare. Tutto questo avviene mentre il popolo della Pace è frantumato in mille rivoli. Se ogni comitato, se ogni associazione, se le varie realtà antimilitariste camminano per proprio conto, non otterremo molti risultati.

È FONDAMENTALE unirsi e connettersi con le altre realtà per formare un grande movimento per la pace. A Napoli cinque diverse realtà impegnate per la pace hanno deciso di formare un’unica ‘realtà’: gli Antimilitaristi Campani. Durante la pandemia abbiamo scritto insieme un libretto dal titolo Fermiamo la guerra. Il 30 giugno gli Antimilitaristi Campani sono riusciti a interconnettersi con le diverse realtà che sono impegnate sul territorio contro questa spaventosa militarizzazione: No Muos della Sicilia, le mamme della Sardegna e i portuali di Genova, di Livorno e di Ferrara.

Questi gruppi ‘fanno’ la pace. Trovo particolarmente efficace l’azione dei portuali che si stanno rifiutando di caricare armi sulle navi. Hanno iniziato i portuali di Genova quando nel giugno dell’anno scorso hanno impedito alla nave saudita Bahri Abha (gemella della Jazan,..) di caricare materiale bellico destinato ad alimentare la guerra nello Yemen, «la più sporca e criminale» di quelle in corso.

IL GOVERNATORE della Liguria Toti ha subiro reagito: «È assurdo impedire che non si imbarchino questi prodotti». Papa Francesco ha detto invece che «i lavoratori del porto sono stati bravi». E ha aggiunto che «i paesi Europei parlano di pace, ma vivono di armi».

Il 12 dicembre dello scorso anno, quando di nuovo la nave Bahri Abha attraccò a Genova, il porto era pieno di carabinieri e Digos per garantire le operazioni di carico bellico. Cinque dei portuali disobbedienti sono ora indagati e rischiano il processo. «Non un passo indietro», ha risposto il Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali di Genova. Questa lotta si sta ora estendendo ai porti di Livorno, Ferrara e Napoli. A Ferrara i portuali, con l’appoggio dei tre sindacati, si sono rifiutati di caricare materiale bellico sulla nave Asiatic Liberty diretta in Israele.

E si sta ora creando una rete di porti in Europa che si rifiutano di caricare materiale bellico con lo slogan «Block the Boat». (Blocca la nave). A Napoli gli Antimilitaristi Campani sono scesi nel porto di Napoli per solidarizzare con i portuali , appoggiando la loro iniziativa di non caricare materiale bellico sulle navi della morte. Basta parlare di pace, bisogna fare la pace!

E come Antimilitaristi Campani appoggiamo anche l’altro strumento fondamentale di resistenza alla militarizzazione: ritirare i propri soldi dalla banche che investono in armi. È la cosiddetta «Campagna Banche Armate», lanciata dalle riviste Mosaico di Pace, Nigrizia, Missione Oggi e anche da Pax Christi. Anche questa è una pratica molto efficace se diventa una campagna popolare, soprattutto se sostenuta dalle comunità cristiane.

DOPO LE FORTI PRESE di posizione di papa Francesco sulle armi, sul nucleare, ogni parrocchia, ogni diocesi dovrebbe togliere i propri soldi da quelle banche che investono in armamenti. È un dovere di coscienza per un cittadino , ma soprattutto per un cristiano. Se davvero il disinvestimento dalle banche armate diventasse una prassi popolare, metteremo in crisi un Sistema basato sulle armi, sulla Bomba (atomica).

Smettiamola di parlare di pace, ma facciamo pace attraverso pratiche efficaci, mettendoci in rete. Dobbiamo cambiare questo Sistema economico-finanziario-militarizzato che uccide per fame, per guerra e soffoca il Pianeta. Diamoci tutti da fare per un sistema che porti vita e speranza per tutti.

La voce delle donne per prendersi cura del mondo: 25 SETTEMBRE 2021 (ore 14) a Roma in Piazza del Popolo

 

Dalla pandemia abbiamo imparato una lezione: lottare per praticare quella cura che
ha al centro la vita degli esseri umani, della natura e di tutti i viventi. Altrimenti, la
risposta sarà sempre la stessa: ingiustizia, disuguaglianza, sfruttamento degli esseri
umani e della nostra terra e alla fine guerra e distruzione.

L’Afghanistan è il tragico specchio del cinismo di tutti i poteri, dei torbidi inganni del paternalismo della cura che funziona solo con i cerchi concentrici del prima, la famiglia, la nazione, mai la comune umanità. Per questo, quel che accade nel Paese è della stessa pasta delle morti nel Mediterraneo, delle torture in Libia, degli accampamenti nei Balcani, teatro di efferate violenze sui corpi delle donne.

Dobbiamo imparare le lezioni che questi durissimi decenni di crisi economica, malattia, guerra, devastazione ambientale ci hanno impartito.

Le donne, che pagano sempre il prezzo più alto di queste scelte, stanno gridando che
bisogna cambiare: partire dai bisogni, dai diritti, dalle idee, dalla fatica significa
prendersi cura del mondo invece che sfruttare il mondo, prendersi cura delle persone
e della terra in cui viviamo, invece che usarla per affermare profitto e dominio.
Per la prima volta da decenni ci saranno risorse da spendere, in un’Europa
benestante e ingiusta.

Non un euro per scelte di dominio e sfruttamento, non un euro per le armi.
Tutte le risorse, tutte le nuove leggi, dal fisco al lavoro, dall’ambiente al welfare
per curare il mondo, sanare le ingiustizie, restituire a chi ha perduto e sofferto.

E’ tempo di usare tutti gli strumenti della nostra incompiuta democrazia per la
conquista della libertà di tutte.

Per questo andiamo in piazza.
La pandemia, la crisi climatica, le tragedie delle guerre e delle migrazioni ci chiedono
una rivoluzione:

LA RIVOLUZIONE DELLA CURA

L’Assemblea della Magnolia

Per adesioni scrivere a: segreteria@casainternazionaledelledonne.org

Testo ripreso da www.womenews.net

LA VIGNETTA QUI SOPRA E’ DI BENIGNO MOI

 

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

2 commenti

  • Sono d’accordo con l’iniziativa ma finchè non si capirà che la stessa pandemia è stata volutamente ampliata e ab.usata per il riassetto mondiale e tutti-e insieme lottiamo anche contro la dittatura sanitaria di cui il gren pass rappresenta solo l’inizio per un controllo sociale devastante , non riusciremo a smuovere nulla .

  • angelo maddalena

    approvo le tue parole Giancarla, e direi di più: oggi ho assistito a dei meccanismi di soprusi quotidiani in due mezzi pubblici a Perugia e dintorni (è estendbile ovunque): sfascio di servizi pubblici a opera o con logiche private e colpevolizzazione degli utenti, criminalizzazione e pressione su chi non ha un biglietto di pochi Km nonostante lunghi ritardi dei treni, lo stesso principio del grin pass e dei vaccini: sfascio sanitario e poi colpevolizzazione e criminalizzazione dei singoli attraverso strumenti che oltre a ostacolare e paralizzare i movimenti fisici e mentali controllano, un’amica oggi mi diceva che in gren pass prossimamente potrebbe inglobare la tessera sanitaria e un altro elemento che ora non ricordo, spero non sia vero ma già con i biglietti elettronici e le prenotazioni obbligatorie tutto ciò in piccolo e in filigrana è in atto da anni

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