Bombe nucleari sotto casa

L’iniziativa di Greenpeace. A seguire l’appello di Giuseppe Bruzzone per un’azione comune

Dormiresti con una bomba sotto al cuscino? Sono certa di no.
O forse sì, se non sai nulla.

Nel nord est del nostro Paese, precisamente nelle basi militari di Ghedi e Aviano, sono custodite circa 40 bombe nucleari americane.
Quaranta.

E in caso di incidente è proprio il Ministero della Difesa a stimare che le persone raggiunte dal fungo radioattivo potrebbero essere fino a 10 milioni. Anche tu.

Perché non ne sapevi nulla? Perché tutto ciò che riguarda la custodia di queste bombe è tenuto rigorosamente segreto dai nostri Governi, consapevoli che la maggior parte degli italiani è ormai contrario all’uso delle armi nucleari. 

Anche se fortunatamente non abbiamo ancora pagato i danni di un disastro nucleare, per la custodia di queste bombe stiamo già pagando un prezzo molto alto.

Con la nostra Unità Investigativa siamo andati a fondo di questa vicenda e abbiamo rivelato il prezzo nascosto della custodia delle armi nucleari nel nostro paese: circa 100 milioni l’anno, che corrispondono a circa 5.000 ventilatori o 4.500 letti di terapia intensiva.

Che senso ha continuare a spendere centinaia di milioni in attività inquinanti e pericolose proprio ora, che abbiamo un bisogno disperato di investimenti in lavoro, salute e ambiente?

Con la nostra campagna #Restart, lo stiamo chiedendo al Governo Italiano. UNISCITI A NOI. 

 


Paghiamo centinaia di milioni per conservare le bombe nucleari

BASTA FONDI PER ATTIVITÀ DISTRUTTIVE E INQUINANTI

Priorità a lavoro, salute e ambiente per la ripresa!

Ogni anno il nostro Paese spende quasi 6 miliardi per acquistare portaerei, F-35, elicotteri, missili. E non basta: nell’ipotesi che l’Italia assegni 20 velivoli F-35 ai compiti nucleari, il costo per l’acquisto e l’utilizzo dei nuovi cacciabombardieri lieviterebbe a circa 10 miliardi di euro per i prossimi 30 anni.

È così, accrescendo di anno in anno il proprio arsenale, che gli Stati pensano di difendersi da ipotetiche guerre e invasioni.
È stato un virus, invece, a distruggere il nostro sistema economico e sociale: perché mancano infermieri, insegnanti, operatori sociali e infrastrutture per garantire a tutti di vivere davvero in sicurezza.

Proprio in queste settimane, il nostro Governo sta discutendo i piani di investimenti per la ripartenza. Ecco perché il momento di farsi sentire è ora.

La sfida è non ripetere gli errori del passato. Il mondo prima della pandemia era già “malato” di inquinamento, allevamenti intensivi, deforestazione. E ci siamo trovati impreparati di fronte alla pandemia che lo ha sconvolto.

Ora al Governo Italiano chiediamo: avete il coraggio di fare le scelte necessarie e non più rimandabili, per consegnare alle future generazioni un Paese più sicuro, verde e pacifico? 

Abbiamo già raccolto 80.000 firme, aiutaci ad arrivare a 100.000 entro la prossima settimana: Il momento di ripartire sta per arrivare davvero! FIRMA ORA.

Grazie per il tuo impegno,
Chiara Campione – Greenpeace Italia 

UNA NOTA DI GIUSEPPE BRUZZONE

Chiedo a giornali e siti legati al pacifismo di sollecitare i vari gruppi a una qualche azione comune, per riproporre ad esempio firma e ratifica del TPAN da parte italiana, legandola a questa lodevolissima iniziativa di Greenpeace.

Redazione
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Un commento

  • Una storia del 1979, a Sinnai, Cagliari
    Nel 1979, fra il 13 e 15 dicembre, si tenne a Sinnai una “tre giorni contro il nucleare”, sia contro il nucleare militare sia contro quello civile. Ci furono un convegno, mostre e spettacoli, il tutto organizzato da ”Su comitau antinucleari de Sinnia”.
    L’evento si svolse in quello che allora, ma lo fu per ancora tanti anni, rappresentava l’anima sociale, culturale e politica del paese: la Piazza Chiesa nelle sue articolazioni, compreso il “saloncino” parrocchiale messo disposizione dal parroco d’allora, per gli eventi al chiuso.
    Nel saloncino si svolse un convegno di due giorni, ed una serata finale con musica e brani teatrali.
    Alla fine del convegno fu approvata una mozione (scritta in sardo e in italiano) che, oltre ad esprimere il rifiuto all’installazione di missili in Sardegna (tema allora caldissimo perché l’Italia doveva accogliere nel proprio territorio missili USA/NATO a testata nucleare, i famigerati euromissili)*, chiedeva al Consiglio Comunale di Sinnai di prendere posizione sulla questione della militarizzazione della Sardegna.
    Fra gli esperti e attivisti che parteciparono al convegno ricordiamo lo scrittore antimilitarista Ugo Dessy, quel periodo residente a Sinnai. Fra gli artisti che si esibirono una giovanissima Elena Ledda, poi Miali Logudoresu/Mimmo Bua, Walter Racugno e Cicci Rozzo dei Compagni di Scena, Sergio Etzi.
    Nella Piazza furono allestite tre mostre, una con le sculture in legno del sinnaese Edoardo Exana, una con grandi pannelli del muralista di Serramana Adriano Putzolu (fratello dello storico vignettista dell’Unione Sarda Franco). Infine la mostra realizzata da Su comitau, consistente in una ventina di pannelli ricchi d informazioni, documentazioni e denunce, sul nucleare militare e sul nucleare civile, sui pericoli di questi impianti (erano ancora lontani gli incidenti di Chernobyl e Fukushima ma ce n’era stato, a marzo di quell’anno, uno a Three Mile Island (USA)); sulle lotte contro le basi militari e le centrali (in Francia, nel 1977,venne ucciso un manifestante durante le manifestazioni contro il “Superphenix” di Creys-Malville).
    La mostra, prima di venire esposta quei giorni nella forma definitiva a Sinnai, aveva già girato per la Sardegna: a Cagliari, nel corso di un’iniziativa antinucleare al Bastione di San Remy; a Tonara, nella settimana del campeggio antimilitarista organizzato da Sardegna Libertaria; a Porto Torres al campeggio antinucleare organizzato dal Coordinamento romano contro l’energia padrona. Ambedue ad agosto.
    Ricordo quell’evento di 41 anni fa (mentre continuano le iniziative di #aforas contro la militarizzazione della Sardegna), ora che Greenpeace rilancia la petizione #restart (nota 2), campagna fra le cui parole d’ordine c’è quella sullo smantellamento degli arsenali nucleari in Italia. Si tratta di una realtà che dimentichiamo con troppa facilità, e che invece si sta rinnovando ed inasprendo in maniera preoccupante:
    * Missili nucleari statunitensi a medio raggio (Cruise e Pershing 2), dotati di una gittata compresa tra i 1.000 e i 5.000 km e dotati di testate nucleari. Nel 1979 un accordo Nato deliberò l’installazione di 108 missili Pershing2 e 464 missili da crociera Cruise in basi militari americane situate in Gran Bretagna, Italia e Germania occidentale.

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