Casalecchio: bonifiche e confusione

di Vito Totire (*)

a seguire una scheda (utile anche ai “profani”) per capire cos’è il cemento-amianto

Dire che la bonifica stia andando troppo lentamente è un eufemismo. Questa vicenda ha creato un forte distress fra i cittadini residenti nella zona che non vedono le motivazioni dei troppi e frequenti rinvii. Ma si sa: per il distress causato ai cittadini (stante l’attuale ceto politico) non paga nessuno…

Il “terreno di coltura” del temporeggiamento patologico ha una base solida: le Linee guida della Regione Emilia-Romagna che consentono, entro certi limiti, una sorta di comodo “fai da te” delle imprese e dei proprietari. Sia chiaro: la nostra associazione non vuole perseguitare i proprietari di immobili; essi hanno diritto a prestiti – senza interesse – per portare avanti le bonifiche. Il decreto sulle “facciate” (**) avrebbe invece potuto includere le bonifiche del cemento-amianto. Tuttavia la miopia del ceto politico non deve essere pagata dai cittadini.

Per non limitare il dialogo alle comunicazioni via mail abbiamo proposto – come avevamo fatto per la penosa vicenda della ex-piscina di Loiano (risoltasi dopo 15 mesi di pressing) – la convocazione di un tavolo presso la Prefettura. Ma la proposta non è stata accolta.

Prefettura, sindaco e Comune hanno risposto alle nostre richieste di dati e informazioni. Sempre ermetiche e nebulose invece le comunicazioni da parte della Ausl. Ma la dialettica fra cittadini-associazioni e istituzioni dovrebbe essere qualcosa di più concreto che lo scambio epistolare.

Oggi siamo al punto che entro il 31 marzo 2020 si dovrebbe effettuare un intervento sulla residua copertura in cemento-amianto del capannone Santa Lucia. In teoria – per sapere come va a finire – dovremmo vedere il piano di lavoro: dovrebbe essere stato consegnato vista la scadenza del 31 marzo. Ma traspare una incertezza: nel caso della opzione per l’incapsulamento la Ausl chiede un piano di lavoro preventivo?

Noi contestiamo alla Ausl e al sindaco è il perseverare – anche in questa fase finale – in un atteggiamento di delega. Le istituzioni sanitarie pubbliche non devono delegare lasciando al soggetto privato la facoltà di adottare le misure più convenienti per lui. La soluzione migliore per la ex Norma era – da anni – la bonifica integrale.

Oltretutto certi interventi di incapsulamento (se preceduti da interventi con la idropulitrice) possono essere più rischiosi della bonifica integrale.

Ausl e Comune hanno scelto la linea del “fate vobis”. L’ordinanza numero 60 del sindaco chiede pilatescamente alla proprietà di fare la bonifica o l’incapsulamento o la sovracopertura. Ma è una linea di condotta sbagliata che, ancora in extremis, possiamo scongiurare.

La delega al soggetto privato è all’origine anche dell’allungamento dei tempi; infatti l’ultima proroga sarebbe “giustificata” dalla esigenza di operare in condizioni di bassa umidità. Si può approfondire il dato tecnico, che è discutibile, ma per un intervento di bonifica integrale questa motivazione certamente non avrebbe potuto essere invocata (non che sia credibile adesso!). Dunque l’ultimo slittamento è “motivato” dalla particolare scelta tecnica operata dalla proprietà. A monte di questa proroga, come è noto, ve ne sono state altre, pure non condivisibili. Abbiamo per esempio un “buco” di un anno (dal 31.3.2019 al 31.3.2020) che non si spiega: è forse “giustificato” dal documento citato in atti come “condizioni ambientali a contorno”?

Se questo documento è la “motivazione” del rinvio di un anno ciò conferma la politica della delega (acritica) al privato. Infatti quel documento introduce elementi insignificanti ai fini della valutazione del rischio. Ma è più volte citato negli atti ufficiali, senza valutazioni critiche. Cosa vuol dire? E’ una foglia di fico? A che pro?

Tardivamente comincia a fare capolino una considerazione che potremmo considerare un lapsus autocritico. La Ausl dice: “se non potete fare l’incapsulamento a causa delle condizioni atmosferiche, fate la bonifica integrale…”. Dunque si persevera nella politica del “fate vobis” e della delega al privato. Con questo atteggiamento, a nostro avviso, Ausl e Sindaco hanno omesso di svolgere il proprio ruolo di garanti della salute pubblica – attribuito loro dalla legge di riforma sanitaria 833/1978 – subordinando la difesa della salute pubblica, come abbiamo detto, alla “autogestione” da parte del soggetto privato.

In conclusione:

  • La vicenda della bonifica si è protratta per un lasso di tempo ingiustificabile; la comunità scientifica ha definito, da decenni, i siti industriali dismessi come una priorità nei piani territoriali di bonifica; le Linee guida della Regione sono una gruviera che consente temporeggiamenti assurdi e nocivi per la salute pubblica; a noi non pare sufficiente che un soggetto privato dichiari unilateralmente uno stato “discreto” delle copertura (in questo caso dal 2011 al 2018!) per temporeggiare sine die su capannone residuo; le linee guida regionali, al di là dell’uso opportunistico che ne può fare il privato, nuocciono alla salute in quanto consentono di attendere che le coperture passino dallo stato discreto al pessimo, sottovalutando un dato di fatto: che fra discreto e pessimo ci sono miliardi di fibre che finiscono nell’ambiente (vedi scheda tecnica QUI SOTTO);
  • La linea di condotta Ausl/Comune è stata sbagliata in quanto fondata sulla delega alla proprietà a scegliere l’approccio più comodo per se stessa; una domanda (forse il dato manca a noi ed è in possesso della Ausl): le coperture del capannone Santa Lucia contengono solo amianto crisotilo o anche anfiboli?
  • Siamo ancora in tempo a rimediare all’ultimo errore: che il piano di lavoro (se fosse incentrato su incapsulamento) venga respinto e sostituito da bonifica con rimozione integrale dei materiali amiantiferi;
  • Ma l’azienda esecutrice presenterà un piano o forse lo ha già presentato?

Rivendichiamo che entro il 31 marzo il sito sia integralmente bonificato e suggeriamo alla Ausl. alla Regione e al Sindaco di chiedere scusa ai cittadini per una esposizione a rischio che era evitabile o fortemente riducibile.

29.2.2020

(*) Vito Totire è presidente di AEA, l’Associazione Esposti Amianto e rischi per la salute

(**) Uno dei punti del recente “decreto mille proroghe” prevede la detraibilità fiscale del 90% delle spese per interventi di restauro e miglioramento delle “facciate” degli immobili dei centri storici. Risulta che il Comune di Firenze abbia esteso o intenda estendere il provvedimento anche alle periferie; un commento diffuso – e condivisibile – invita a estendere il provvedimento anche alle bonifiche dell’amianto pur se la tettoia (o ciminiera o tubazione) da bonificare non avesse a che fare direttamente con la facciata. Ma occorrerebbe un parlamentare che sollevasse la questione o forse si tratta di un terreno su cui potrebbero muoversi anche i Comuni.

Scheda sul cemento-amianto

  • Contiene 10-20 % in peso di amianto
  • Una lastra di 16 mq. pesa 240-300 kg.
  • In grande maggioranza l’amianto è crisotilo
  • I manufatti fino al 1985 possono contenere anche il 3-5% di anfiboli (in particolare crocidolite ma a volte anche amosite); gli amianti sono tutti cancerogeni per l’uomo ma gli anfiboli sono più aggressivi; la presenza di anfiboli può essere considerata una “aggravante” e una priorità
  • Una lastra esposta alle intemperie comincia a rilasciare fibre nell’ambiente dopo un anno dall’esposizione
  • I fattori di rischio che accelerano i rilasci di fibre sono: piogge acide (soprattutto), escursioni termiche, vento, eventi sismici, vetustà, sviluppo di muschio ecc
  • Non sono attendibili i campionamenti dell’aria soprattutto se di breve durata; risulta più credibile la valutazione col metodo deposimetrico (si collocano scatoline nell’area di possibile ricaduta delle fibre e si pesa quanto si è depositato dopo un mese, due, ecc.)
  • La presenza di grondaie in qualche modo “contiene” un po’ la dispersione ma le grondaie dovrebbero essere periodicamente monitorate e bonificate
  • Dopo dieci anni le lastre presentano aree di corrosione importanti
  • Si calcola un rilascio di 3 grammi di fibre di amianto per mq all’anno
  • Le fibre si contano al microscopio su nanogrammo (vale a dire un miliardesimo di grammo)
  • Al microscopio ottico in un nanogrammo si “vedono” 30 fibre; 100 al microscopio elettronico a scansione; 100.000 per nanogrammo al microscopio elettronico a trasmissione (TEM – nell’immagine sopra)
  • Il rilascio di fibre da una lastra è dunque dell’ordine di diversi miliardi; prima si distaccano fascetti di fibre (inquinamento primario) poi questi fascetti si sbriciolano ulteriormente nell’ambiente (inquinamento secondario) in fibre più fini a volte rilevabili solo col TEM
  • Tutte le agenzie istituzionali sanitarie pubbliche hanno sempre definito il cemento-amianto “un problema rilevante di sanità pubblica” salvo poi rimandare sempre alle calende greche gli interventi di bonifica per i soliti problemi: costi, difficoltà di smaltimento ecc
  • Risultano depositati nel territorio italiano – nei 40 anni precedenti alla legge di divieto (277/1992) – 2,5 miliardi di mq di cemento-amianto
  • Le linee guida regionali E-R sono una gruviera che consente di temporeggiare sine die senza alcun rispetto della salute pubblica
Redazione
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