Chi è l’autrice?

di Paola Frau

Scor…data, scordata ovvero non accordata.
Una data la ricordo, ma citerò solo l’anno, il 2002. Pochi giorni dopo il mio rientro da un viaggio bellissimo nell’ex Germania dell’Est insieme alla mia amica Roberta, per lavoro e per amore, per amore del mio lavoro.
La prima mostra dei miei quadri, non la prima volta in cui li ho mostrati, ma la prima ufficiale in Casteddu (Cagliari) in una vera galleria d’arte, con una brochure, il rinfresco… insomma un vernissage in piena regola, con presentazione scritta da un critico d’arte (uno che ne capisce, o almeno convinto di capirne) l’inaugurazione con le calde parole di un amico stimato, Giacomo, e i miei cari presenti, e gli amici, tantissimi… Manca solo Marco, mio marito , in viaggio in Messico… beato lui! Ma beata anche io, perché gli amici e i familiari mi coccolano tantissimo. E poi ci sono anche i clienti della galleria, al punto che ben 17 mie creature prendono altre strade, un bel risultato!
Mi vedo ancora lì, in mezzo alla sala, circondata dai presenti che chiacchierano, tra bevande fresche e pasticcini. A un certo punto guardo la scena come se non fossi lì… Chi è l’autrice? Perché dipinge volti africani e asiatici? (E perché no?) Perché non fa paesaggi o donne in costume sardo? (Ma nooooo!) Ma ha studiato pittura? (No, è autodidatta) Ma ha vissuto in India? (Mai stata in India) Allora ha girato l’Africa in lungo e in largo? (Mai stata in Africa). Ma non è possibile! E poi quanti bollini rossi (la gallerista gongola).
Mentre guardo la scena, quasi inconsapevole, e ascolto, non vista, i commenti positivi, alcuni dubbiosi, succede qualcosa che scoprirò nei giorni successivi.
Uno stagionato signore si convince che la pittrice sia quella bella ragazza alta, mora, veramente notevole! Prende nota e va via… Ritornerà qualche giorno dopo per avere una grande delusione… e un po’ ci sono rimasta male perché non è tornato per i miei quadri, ma per fare il galletto con quella che lui credeva fosse l’artista, perché si era convinto che la pittrice che esponeva fosse mia sorella.
Un artista (collega) in visita anonima conta i bollini rossi e va via, per raccontare ad altri artisti che i bollini rossi erano tanti già durante il vernissage e quelli dopo qualche giorno arriveranno alla spicciolata, alcuni per fare un giro velocissimo, non per guardare le opere e studiarle, ma per contare i bollini rossi; altri per chiedermi a bruciapelo
«che tecnica usi, come stendi il colore?». E intanto forse pensano «ma chi è questa che alla prima “uscita” osa avere un piccolo successo?». Ma quale successo e successo, sono stati la bontà e l’affetto degli amici a fare il successo. Certo c’era qualche estimatore sconosciuto, uno voleva un quadro prima ancora dell’inaugurazione ma ha dovuto aspettare, in fondo io avevo aspettato più di 40 anni…
Quel giorno durante l’inaugurazione mi sono sentita una pittrice… Poi sono ritornata nella mia realtà quotidiana e col tempo mi sono scordata di quella volta in cui una insegnante di storia dell’arte disse:
«belli i tuoi quadri, interessanti», aggiungendo subito dopo «se fai mostre non invitare i diplomati all’artistico che sul figurativo ti danno dieci a zero»; e mi sono scordata di tutte le persone che entrando in studio mi hanno ricoperto di complimenti per il locale: «bello, con quelle pietre a vista». (Scusa, e i quadri?… trasparenti?) Mi sono scordata di quando, convinta di partecipare a una bella manifestazione in Castello, ho pagato un organizzatore furbo senza sapere esattamente in cambio di quale servizio e per fare una cosa che faccio sempre quando posso: aprire il mio studio al pubblico. Ho scordato tutte le volte in cui qualcuno mi ha chiesto «perché dipingi donne indiane?» finché mi sono rotta e ho iniziato a rispondere: «perché in una precedente vita sono stata indiana». Ma soprattutto avevo scordato quella volta in cui mio marito molto serio, guardando le opere, disse: «certo che qui dentro c’è un bel valore in cornici».

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