Clelia Farris: da tenere d’occhio

Riassunto di oggi.

  • Come fu che mi feci la fama di profeta (io che non credo alle profezie)
  • interludio
  • «La pesatura dell’anima» di Clelia Farris
  • si alza una mano.

 

Quando nell’ottobre 1994 (come contano certi) Urania pubblicò il primo Eymerich dell’allora sconosciuto Valerio Evangelisti ne scrissi su “il manifesto” più che bene, anzi diciamo pure che ululai alla luna. Non conservo la recensione (rivangare o peggio riciclare i miei vecchi scritti mi sa di necrofilia…. salvo rare eccezioni) ma ricordo che la mia tesi era: la fantascienza italiana ha avuto sinora un bel po’ di autori e autrici interessanti ma adesso è arrivato un grande.

Ci presi e, nel ristretto ambito di chi legge «il manifesto», mi feci fama di profeta. Una stronzata perchè non c’era bisogno di sgozzare polli (o di avere una macchina del tempo) per vedere che Valerio Evangelisti sapeva tessere trame come pochi/e. Io poi detesto i profeti… sia quando la parola è scritta attaccata sia se è divisa in due con un trattino dopo la “o”.

 

Qui ci vorrebbe un interludio.

 

Per arrivare dal bolognese Evangelisti alla sarda Clelia Farris devo necessariamente passare per Bari cioè Vittorio e forse per Pescara cioè Giovanni.

Infatti se Evangelisti è un gigante (quando si aggira nei pressi della fantascienza ma anche se scrive romanzi storici o altro) io credo che Vittorio Catani – ogni tanto è su codesto blog – non gli sia da meno. Eppure non ho mai profetizzato o registrato che con lui la fantascienza italiana «abbia un grande». Come mai? Un po’ dipende dal fatto che Catani scrive soprattutto racconti, un po’ dalla mia insipienza e un po’ non so, a quell’ora sono spesso all’osteria. Però giorni fa vedendo (in ritardo) raccolta – in «L’essenza del futuro» – tutta la produzione di Catani e iniziando a leggerla o rileggerla ho avuto l’illuminazione (pure essa in ritardo): anche lui è un grande. Ho già deciso che finito il volumone dedicherò a Vittorio una pubblica ovazione-recensione; ma è un segreto dunque le ultime due righe scompariranno dalla vostra mente entro 2, 3, 4 secondi. Fatto.

 

Dalle parti di Pescara si aggira un giovane «pazzo» (nel senso erasmiano è ovvio) che quasi azzarderei – sulla base di due romanzi e di qualche racconto – potrebbe rappresentare per i paleontologi del futuro l’anello mancante fra Sheckley e Dick, se di fantascienza vogliamo nutrire la nostra evoluzione. Si chiama Giovanni Di Iacovo e qualcosa trovate su codesto blog. Lo aspetto al varco.

 

E le donne? Si aggira nei sentieri della fantascienza italiana una donna all’altezza di zia Ursula (Le Guin)? La risposta è: per ora no. Anni fa pensavo che Nicoletta Vallorani fosse a un passo dall’esserci ma si è un po’ perduta (o trovata, dipende dai punti di vista) su altre strade. Pur brava, non ha fatto – secondo me – il “salto” finale. Ora ipotizzo e spero che potrebbe essere Clelia Farris a sconvolgerci. E, con piacere, vado a parlarvene.

 

Prendete posto sul lungo-Nilo ma niente nostalgie o turismo. Qui siamo in un Egitto altro-quando dove c’ è Iside ma diversa dalla tradizione e i Sette sono giudici-poliziotti moooooooooooolto particolari. In «La pesatura dell’anima» (numero 10 di Avatar edito da Kipple Officina Libraria: 192 pagine per 15 euri) Clelia Farris smuove dalle prime scene curiosità e ammirazione senza mollare per strada, anzi. Tenere presente che nel Serdab vigono altre regole giudiziarie e persino erotiche. Soprattutto non perdersi il «vilipendio ecologico», il grillo in stile manganello, l’embargo siderurgico, le meduse illuminanti, una metamorfosi piuttosto diversa da quella di Kafka, la seconda possibilità, l’imperialismo etrusco, la telepatia o quasi. I fans dell’Ipad e varianti si faranno venire un attacco di itterizia scoprendo come funziona l’ostrakon mentre i maniaci dei giochi (a esempio il sottoscritto) malediranno la Farris perchè neppure accenna alle regole del «Coccodrillo». E siamo alla fine della prima parte. Volutamente non racconto la trama. Nella seconda e terza parte molti cambi di ritmo e di linguaggio. C’è ogni tanto un gergo da fare invidia allo slang anglo-russo dei «Drughi» del libro-film «Arancia meccanica». Nel finale la Farris ci porta tra foglie e «coltivatori di nomi» e forse sapremo cosa veramente succede ai morti che resuscitano e se essi conoscano il futuro. Di più non posso o voglio dire.

 

Ai bibliotecari scrupolosi dico: è fantascienza al 33 per cento, fantasy al 21%, favola nera al 12, e altro ancora al 33.

 

In qualunque modo si voglia etichettarlo, leggetelo. E se fossi un grande editore – in cerca di chi sappia scrivere letteratura popolare che però non sia banale – metterei Clelia Farris sotto contratto.

 

Ho perso il romanzo d’esordio – «Rupes Recta» – della Farris ma ho invece molto amato il secondo,«Nessun uomo è mio fratello» (Delosbook) che ho recensito, quasi ululando, pure su codesto blog nel febbraio 2010. Scrivevo: «Se fosse statunitense probabilmente qualche critico letterario griderebbe al “miracolo” ma essendo sarda faticherà a farsi leggere. Peccato perchè questo è uno dei romanzi più interessanti degli ultimi anni e se Clelia Farris continuerà così…. finalmente avremo un Valerio Evangelisti al femminile, cioè la capacità di declinare il meglio di un genere (la fantascienza) rompendone le gabbie e le pigrizie per arrivare a creare nuovi magazzini di mondi e di scritture».

 

Vedo una mano alzata. Prego.

«Scusi Barbieri ma lei non aveva poco fa affermato che recuperare i suoi vecchi scritti le suona necrofilia? Adesso cos’altro sta facendo?».

Brusio in sala ma, con un gesto del mantello, l’oratore zittisce ogni rumore. Poi, con voce roca: «oh mia bella signora, se fossimo soli, se lei togliesse quella collana di spicchi d’aglio e soprattutto se non fosse martedì (niente horror o gotico ma fantascienza è il menù) ben volentieri le spiegherei nei dettagli la bellezza della morte-nonmorte».

Ora nel blog compare la parola

FINE

però in un angolino (se avete gli occhiali giusti) noterete che l’oratore col mantello e la signora pallida si scambiano qualcosa,

forse un indirizzo. Passando davanti a uno specchio entrambi non riflettono immagini ma solo

FINE

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

5 commenti

  • Marco Pacifici

    Grande D B. Mo pero’ sono in arretrato di 142.761.983 periodico,libri da leggere…vabbe’!

  • ogni tanto, leggendo questi post, pure noi ululiamo alla luna

  • Mi unisco al bene che dici di Catani. Non solo in quanto scrittore, ma per il lavoro culturale che svolge in diversi ambiti. Bene anche per ciò che riguarda la Farris. Bene per la persona, intendo. Mi hai messo così tanta curiosità che è inevitabile mi vada a cercare le sue opere. Poi ti saprò dire.

  • Daniele il profeta non mi suona male.
    La fantascienza è una severa maestra, ma è anche l’unico genere letterario che permette di parlare della realtà senza farla apparire per quello che è, troppo densa.
    Io spero che le difficoltà che la fantascienza incontra nell’editoria italiana non allontanino né gli scrittori né i lettori.
    Ciao.

    Clelia

  • Evviva finalmente un blog vivo e vegeto di fantascienza italiana. Pochini, gli scrittori e appassionati (visto che si guadagna poco). Si contano sulle dita di una mano e li salutiamo come amici quando spuntano in edicola. Attendo con impazienza che spuntino le donne.

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