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La Bottega del Barbieri

Lobby delle armi e politica italiana

Un dossier sul dilagare della detenzione delle armi per uso personale su cui la Lega costruisce buona parte della sua campagna elettorale.

di Jennifer Guerra (*)

e occhio ai due link in coda

Il 9 febbraio 2018, nel pieno della campagna elettorale, Matteo Salvini si è presentato all’Hit Show, fiera della caccia, del tiro sportivo e dell’outdoor che si svolge ogni anno a Vicenza. Qui, oltre a rimarcare la storica vicinanza della Lega al bacino elettorale dei cacciatori (e quello veneto), il leader del partito ha firmato un impegno con il Comitato Direttiva 477 a esaudire alcune richieste di tutela per i detentori di armi. Come si legge sul sito dell’associazione, il Comitato Direttiva 477, dal 2019 Unarmi, è nato nel 2015 in seguito all’approvazione del decreto legge n. 7 del 18 febbraio 2015 sulle misure urgenti per il contrasto del terrorismo. Il decreto, che recepiva alcune modifiche alla direttiva europea 477, stabiliva ulteriori restrizioni al possesso delle armi. Come spiega Andrea Intonti per l’agenzia di stampa Pressenza, alcune richieste avanzate da Unarmi e presenti nel documento firmato da Salvini a Vicenza sono state accolte nel decreto legislativo 104/2018 firmato dall’ex vicepremier. Nel decreto è previsto, in particolare, l’aumento pro capite da 6 a 12 delle armi sportive detenibili nella propria abitazione, un incremento della capienza massima dei caricatori e l’eliminazione della discrezionalità dei questori nell’imporre limitazioni sulle munizioni acquistabili nel periodo di licenza.

Unarmi si definisce apartitico ma non apolitico, anche se basta leggere qualche post sul gruppo Facebook dell’associazione per capire che il sostegno degli iscritti nei confronti di Salvini è pressoché unanime. Già nel 2015 il direttivo dell’allora Comitato veniva ospitato nella sede della Lega per “sviluppare una fattiva collaborazione” tra le due parti. Anche uno dei documenti costitutivi del Comitato non lasciava spazio a dubbi: “Abbiamo dovuto riscontrare disponibilità e serietà da parte di un solo partito: la Lega. È stata la Lega infatti che ci ha accolti con attenzione quando ancora eravamo un’associazione sconosciuta, che si è resa disponibile in concreto dei nostri diritti […] e il cui segretario ha sottoscritto pubblicamente (unico tra tutti) l’impegno a favore dei possessori di armi estendendolo a tutto il suo partito”. Tuttavia sembra che, almeno pubblicamente, Unarmi voglia prendere le distanze da un eventuale collegamento diretto con la Lega. Contattato da The Vision, il delegato di Unarmi ai rapporti con Firearms United Andrea Favaro ha dichiarato: “Per un’associazione come la nostra i contatti con la politica sono inevitabili. Parliamo con tutte le forze politiche, non abbiamo un canale preferenziale”. Unarmi smentisce anche di essere una lobby (nonostante poi ai suoi iscritti invii un adesivo con la scritta “La lobby sono io”), sostenendo sul proprio sito di essere “impropriamente definita e identificata” dai media come come la “lobby delle armi italiana”.

Unarmi fa però parte del network europeo Firearms United (Fun), regolarmente iscritto al Registro europeo per la trasparenza delle lobby. Firearms United è nata in Polonia nel 2013 e oggi conta affiliazioni in 26Paesi europei. Dal 2018 è stata formalmente riconosciuta da un tribunale polacco come Organizzazione non governativa, cambiando il proprio statuto affinché i singoli individui possano iscriversi alla rete, oltre che alle singole associazioni che ne fanno parte. Come riporta Gunsweek, una delle varie testate vicine alla lobby, l’obiettivo è creare uno “schieramento (che) potrebbe superare per rappresentatività e ‘potenza di fuoco’ anche i colossi dei Gun Rights d’oltreoceano”. Il cambio di statuto è avvenuto anche per il Comitato Direttiva 477 che, proprio lo scorso anno, è diventato associazione di promozione sociale. Sembrerebbe che il network armigero europeo stia adottando una strategia simile a quella che da tempo utilizza l’Nra, la National Rifle Association, potente lobby delle armi statunitense che l’amministrazione di San Francisco ha bollato come “organizzazione di terrorismo domestico”. Secondo il database Open Secrets, negli ultimi tre anni l’Nra avrebbe finanziato le proprie attività di lobbying con circa 13 milioni di dollari e le donazioni elargite ai partiti andrebbero per il 99% al partito repubblicano.

Come spiega bene un video realizzato da Vox, l’Nra, che si descrive come “la più antica organizzazione per i diritti civili d’America”, è formalmente un public interest group. Questo statuto permette all’Nra non solo di essere esente dalle tasse, ma anche di ricevere donazioni da chiunque, il che si traduce in donazioni dalle aziende produttrici di armi, come la Remington, la Colt e anche l’italiana Beretta, che vedono così promossi i propri interessi a livello istituzionale. Proprio la Beretta nel 2008 aveva donato alla lobby 1 milione di dollari, entrando così a far parte del famigerato “Golden Ring of Freedom” (i cui membri ricevono in omaggio una sobrissima giacca color oro).

La strategia propagandistica utilizzata dall’Nra sembra essere l’ispirazione di Fun. Proprio come la lobby statunitense si erge a protettrice nei confronti dei cittadini di un diritto civile considerato inalienabile (il secondo emendamento) che ritengono sotto attacco da parte dei legislatori e dei burocrati, così Firearms United insiste sull’idea che esista un diritto fondamentale al possesso di armi, ostacolato da “eurocrati non eletti e senza volto che vogliono portare via i nostri fucili”. Per quanto riguarda l’Italia, invece, Favaro spiega che la richiesta di Unarmi è semplice: la certezza della norma. “Spesso in Italia assistiamo a una specie di feudalesimo. Ogni norma è interpretabile a seconda del questore o del prefetto, per cui quello che vale in una provincia può non valere in quella adiacente. Noi chiediamo solo una norma chiara e non discrezionale, e quando parliamo di sicurezza del cittadino ci riferiamo a questo: che sia chiaro cosa può fare e cosa non può fare con un porto d’armi, come accade nel Paese che prendiamo a modello – la Repubblica Ceca”. Niente fanatismi, quindi, ma una strategia “riformista” che cerca di fare arrivare le proprie istanze soprattutto a Bruxelles. Tra i risultati raggiunti da Fun, il presidente Tomasz W. Stępień, in un’intervista alla rivista polacca pro-armi Zbrojnice, cita proprio l’aver convinto circa 200 europarlamentari a opporsi a ulteriori modifiche della direttiva 477, mentre all’ultimo aggiornamento solo 18 deputati avevano votato contro.

La retorica “moderata” sulle armi ha dato i suoi frutti anche in Italia, sebbene la maggior parte dell’opinione pubblica ignori l’esistenza di una lobby o comunque un gruppo di pressione armigero. Sia il già citato decreto legislativo 104/2018, sia i decreti sicurezza, sia la riforma della legittima difesa voluti da Salvini sono figli del clima allarmistico che viene alimentato dai gruppi pro gun rights e dell’esasperazione del diritto dei cittadini a proteggersi con le armi da fuoco. Su quale influenza diretta abbiano avuto Unarmi e le altri associazioni della categoria (Assoarmieri e Conarmi) possiamo fare solo delle ipotesi, anche a causa dello scarso monitoraggio delle attività di lobbying nel nostro Paese da parte delle istituzioni.

Nonostante le somiglianze, Favaro smentisce ogni collegamento con l’Nra: “L’unico contatto che è avvenuto è stato l’invito per Firearms United a una conferenza negli Stati Uniti sulla situazione europea delle armi”. Bisogna poi tenere presente che la realtà statunitense e quella europea sul controllo delle armi non sono paragonabili, così come gli obiettivi, i mezzi e soprattutto la portata delle due associazioni. “Guardando la situazione europea, fare un paragone con gli Stati Uniti è insensato”, aggiunge Favaro. “La nostra intenzione è mantenere la base europea”.

D’altronde negli ultimi anni l’egemonia e la popolarità dell’Nra sono state messe a dura prova in seguito alla sparatoria di Parkland nel febbraio 2018, in cui persero la vita 17 studenti, senza contare i successivi suicidi. Di fronte al grande successo di iniziative di sensibilizzazione come la March for Our Lives organizzata dai giovani sopravvissuti, la risposta scomposta e aggressiva dell’Nra (spesso nei confronti degli adolescenti stessi, come si vede nel video di Vox) ha fatto perdere molti consensi all’associazione. Di conseguenza, l’Nra sta provando a esternalizzare la propria influenza. Un’inchiesta di Al Jazeera ha rivelato gli stretti legami della lobby con il partito di estrema destra australiano One Nation e altre ingerenze dell’Nra sono state registrate in Messico, Brasile, Australia, Russia e Nuova Zelanda, proprio all’indomani della strage di Christchurch. Secondo il Washington Post, questa “delocalizzazione” dell’Nra avrebbe l’obiettivo di migliorare i rapporti con le aziende straniere produttrici di armi, soprattutto per la vendita negli Stati Uniti dei modelli proibiti nei Paesi di origine o per l’apertura di nuove aziende sul territorio. La sola Beretta Holding ha, negli Stati Uniti, 8 sedi.

Al registro per la trasparenza europeo, Firearms United Network ha dichiarato di spendere per le attività di lobbying meno di 10mila euro l’anno. Niente di assimilabile alla potenza economica dell’Nra che, per quanto decrescente, è ancora nell’ordine delle decine di milioni di dollari. Tuttavia, vista la campagna di espansione della lobby statunitense nel resto del mondo e considerando anche le elezioni presidenziali del 2020, non è da escludere che in un futuro prossimo vedremo un sodalizio tra le due associazioni. Anche se per ora Firearms United è una realtà piccola – almeno dal punto di vista economico – la sua influenza non è da sottovalutare. In Italia, per esempio, questo gruppo di “semplici cittadini” è riuscito a concretizzare le sue istanze in un decreto. D’altronde anche il partito che si è fatto garante della loro mission dichiara di sostenersi solo ed esclusivamente grazie alle vendite “di una birra o di una salamella”.

(*) Fonte: The Vision

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