Comete e dintorni: un primo incontro…

dove Farmer rimescola il vero, l’immaginario e tutto il resto

di Fabrizio (Astrofilosofo) Melodia   

E’ difficile scrivere qualcosa di fantascientifico e insieme di sensato parlando di uno dei corpi celesti più noti e con i quali gli umani hanno spesso a che fare, seppure senza conoscere la loro origine o composizione.

Cometa deriva dal greco antico «kometes» che significa “chiomato” proprio per la caratteristica più evidente ovvero la scia che si diparte dal suo nucleo, facendo assumere una sorta di “pettinatura”.

Si ipotizza che le comete siano residui della condensazione della nebulosa da cui si formò il Sistema Solare: ovvero grazie al fatto che la nostra nebulosa sarebbe stata talmente fredda da condensare in ghiaccio e non in forma gassosa l’acqua generata.

La collisione di comete – o meglio di quel che ne resta – con pianeti è frequente in scala astronomica. Un’altra “morte” possibile per la cometa è quando viene catturata dalla forza attrattiva del Sole o di altre stelle.

La vecchia Terra ha incontrato, un po’ troppo da vicino, quella cometa che nel 1908 esplose a Tunguska, nella taiga siberiana. Ma anche la bellissima chioma della cometa scoperta dall’astronomo Halley “centrò” il nostro pianeta, senza peraltro far danni, per la sua natura inconsistente.

Ma c ‘è una cometa meteoritica – o meglio una pietra «in larghezza di 28 pollici, lunghezza 36 pollici»particolarmente interessante per i suoi fanta-sviluppi. Colpì l’Inghilterra il 13 dicembre 1795 e «diverse persone, presso il World Cottage nello Yorkshire, sentirono vari rumori nell’aria, come colpi di pistola o cannonate» come ebbe a riportare il «Gentleman’s Magazine», a proposito dell’impatto avvenuto presso la città di Wold Newton. Per fortuna l’inquilino del cottage, l’anziano giudice Edward Topham, era a passeggio e non si rese conto dell’impatto se non al ritorno dalla passeggiata, annotando con flemma che «tutti i testimoni dell’accaduto concordano perfettamente nella descrizione dei fatti: essi videro un corpo oscuro fendere l’aria e quindi impattare violentemente il terreno». Il meteorite fu trovato da Topham, con l’aiuto dei vicini, dissotterrato dal cratere che si era formato a causa dell’impatto: per peso e dimensioni, il meteorite sarebbe entrato di diritto negli annali astronomici, garantendo al giudice anche la nomea del suddetto cratere vicino al quale fu posto un piccolo monumento, tuttora visibile.

Niente di particolarmente eclatante se non fosse che questo evento avrebbe fornito una simpatica idea al prolifico Philip Josè Farmer: un autore incurante di regole e stilemi di qualsivoglia genere o convenzione letteraria, come ricorda l’amico e collega Brian Aldiss, nel fondamentale saggio «Un miliardo di anni». Da buon autore postmoderno, Farmer amava molto mescolare, scardinare e parodiare i generi, ottenendo lavori inclassificabili, come fanno notare Robert Scholes ed Eric Rabkin in «Fantascienza. Storia, scienza, visione».

Infatti nel 1972 Farmer pubblicò «Tarzan Alive» e nel 1973 «Doc Savage – His apocalyptic life», cioè le biografie immaginarie che descrivono vita, morte e miracoli di due arcinoti personaggi della narrativa popolare, ovvero il Re delle Scimmie creato da Edgar Rice Burroughs nel 1912 e il Doc Savage – «l’uomo di bronzo» – che fu immaginato nel 1933 da Kenneth Robeson (nome d’arte di Lester Dent).

L’operazione di Farmer è un “pastiche”, cioè un’opera composta per la maggior parte da brani di opere preesistenti, per lo più con intenzioni imitative e parodistiche; con questo genere si sono cimentati anche gli italiani Carlo Emilio Gadda, Dino Buzzati, Italo Calvino e al massimo grado Antonio Tabucchi e Umberto Eco.

Farmer prese lo spunto proprio dal meteorite di Wold Newton, immaginando che esso sia stato portatore di una singolare forma di radioattività capace di agire a livello genetico su chiunque entrasse nel suo raggio d’azione. Così nell’impatto i passeggeri di una carrozza, casualmente di passaggio, furono investiti dalla potente onda radioattiva e … dai loro discendenti sarebbero nati Lord Greystoke (meglio conosciuto come Tarzan) e Clarke Savage Junior.

Altri seguirono le orme di Farmer, sempre sulla scia del meteorite di Wold Newton, tutti tacitamente guardando nel buco della serratura dei “vuoti” lasciati dai rispettivi autori di personaggi noti. Tralasciando le molteplici “pasticciate” che hanno visto per protagonista Dracula (in questi giorni assistiamo alla sua ricomparsa sul grande schermo nel fantasmagorico e nerissimo «Dracula Untold») e tornando sulla cometa di Wold Newton ecco il principe dei vampiri affrontare Sherlock Holmes («Dracula contro Sherlock Holmes» di Loren D. Estleman, 1978).

Gli sherlockiani ricorderanno che il loro amato investigatore affrontò, sempre nel ’78, anche la strana “coppia” Mr. Hyde-Dr. Jekyll. La bibbia di tutti gli sherlockiani resta però la fittizia biografia del grande detective ovvero «Sherlock Holmes of Baker Street» scritta da William Stuart Baring-Gould, in cui si sostiene che Holmes sia il padre biologico dell’altro grande detective, appassionato di orchidee e della buona tavola, Nero Wolfe (creato nel 1934 da Rex Stout).

E proprio in questo periodo Sh torna in edicola – nei «Gialli Mondadori» – a ritmo mensile.

Tornando a Farmer, si è dedicato all’uomo di Baker Street nella raccolta «Sherlock Holmes nel tempo e nello spazio» (a cura di Isaac Asimov) con due racconti lunghi, ovvero «Il caso del ponte dolorante» – scritto con lo pseudonimo di Harry Manders – e «Un bozzetto di Scarletin», scritto con il “nom del plume” di Jonathan Swift Somers.

Il “figlio della cometa” – insomma il segugio di Baker Street – ci salva anche dalle invasioni marziane come scoprono Manly Wade e Wade Wellman, padre e figlio, nel gustoso «La guerra dei mondi di Sherlock Holmes».

Cosa può generare un solo meteorite caduto sulla Terra, vero?

A ben cercare nella fantascienza (dei padri e dei figli) si trovano altre comete-meteoriti, degne di nota.

Per esempio in uno dei migliori episodi della serie televisiva «X-Files» dove gli investigatori Fox Mulder e Dana Scully si scontrano con creature alieni simili a piccoli vermi, portati sulla Terra da una cometa impattata in Alaska.

Oppure nel film (filmaccio secondo i più) «La meteora infernale», del 1957, di John Sherwood e in quello – mitico grazie a Raitre – dell’anno successivo ovvero «Blob – Fluido mortale» dove una creatura gelatinosa giunge sul nostro pianeta all’interno di un meteorite e sarà liberato poi dall’incauto bastone di un troppo curioso anziano con quel che ne segue.

Ma ci sono anche le spore fungine portate sulla Terra da una cometa impattata nel deserto del Texas, le quali avrebbero dato origine a una specie di ricci che, sotto le influenze della luce lunare, possono spostarsi e scagliare aculei avvelenati. Per fortuna c’è Tex Willer (eh-eh) con la sua colt a contrastarle, nell’episodio «I fiori della morte», scritto da Gian Luigi Bonelli e disegnato dall’indimenticabile Aurelio Galleppini.

E per oggi basta comete ma «domani è un altro giorno e si vedrà».

 

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