Dacci oggi la nostra guerra quotidiana
di Dionisio Pinna (*)
Qualche giorno fa il direttore di un quotidiano, cercando di analizzare le forze in campo (favorevoli, contrari e incerti) per un eventuale intervento militare in Siria, si chiedeva sconsolato: «Dove sono i pacifisti?». Quasi a dire che quel gigantesco movimento (che contro la guerra in Irak venne definito la «terza potenza mondiale») ormai non esisteva più e che i cosiddetti pacifisti, ormai assopiti o rassegnati, non giocavano più nessun ruolo di contrasto alle nostre nuove guerre “umanitarie”. Vorrei tranquillizzare quell’analista politico: i contrari alle guerre (a tutte, comprese quelle di cui non si parla e che mietono centinaia e centinaia di migliaia di vittime) sono in maggioranza nel mondo, ma non hanno strumenti per impedirle. Se persino Obama, premiato con il Nobel per la pace prima ancora di essere messo alla prova, va dicendo che una lezione dall’alto dei cieli al tiranno Assad ci sta proprio bene, lui che presiede la più armata potenza militare del mondo, volete che siano le anime belle dei pacifisti a impedirglielo? E pensate che anche l’attuale pontefice Bergoglio – finora considerato innovatore e portatore di un pensiero religioso ancorato alle Beatitudini evangeliche e al francescanesimo di Francesco d’Assisi, e quindi sicuramente pacifista, ovvero contro ogni guerra e (si suppone) antimilitarista, nel senso letterale del termine – riuscirà a impedire una nuova guerra dell’Occidente a difesa non si sa di quali valori superiori?
Non è qui il caso di ripetere cose già dette per l’Irak, il Kossovo, la Libia, l’Afghanistan. Le guerre non portano democrazia. Non servono per eliminare tiranni o dittatori non più “nostri” alleati. Le guerre portano morte, distruzione, odio; alimentano il terrorismo e il fanatismo religioso. Che siano guerre chirurgiche o di polizia internazionale, che siano fatte in nostro nome da parte di gruppi che dicono di voler rovesciare i satrapi e che noi addestriamo, armiamo e finanziamo. Anche costruendo prove che sappiamo (e si riveleranno) false. Servono soprattutto a mantenere in ottima salute l’apparato industrial-militare, che fa affari d’oro e non conosce crisi, se non di overdose di infiltrazione politica nella maggioranza dei governi del mondo.
Ribadiamo il nostro no senza se e senza ma alla stupidità di una nuova prova di forza contro un Paese la cui posizione nel Medio Oriente è delicatissima trovandosi in un’area strategica per gli equilibri mondiali.
Non siamo in grado di prevedere gli sviluppi successivi di questa vicenda. Vorremmo tanto che la nostra gioia provata all’indomani per l’elezione del primo presidente afro-americano della storia degli Stati Uniti non abbia a trasformarsi in delusione e amarezza per una scelta che, ne siamo certi, se verrà attuata, non potrà che dimostrarsi sbagliata, scellerata e contro l’umanità intera.
Spetta alla Politica e alla diplomazia internazionale impedire un’altra vergogna.
(*) Questo articolo esce su «L’occhio del cittadino», rivista di Sestu.