Deaver, de Giovanni, De Marco, Dexter, Lansdale, McBain e Rambelli

7 recensioni (giallo-noir) di Valerio Calzolaio

 

Colin Dexter

«Il giorno del rimorso»

con una nota di Giulio Giorello, traduzione di Luisa Nera (originale 1999)

Sellerio

516 pagine, 15 euro

Oxford. Luglio 1998. Il diabetico e poco udente Norman Colin Dexter (1930-2017) è stato un docente inglese di greco e latino, specialista in enigmistica e parole crociate, magnifico ironico scrittore di genere. I 13 romanzi con protagonista l’ispettore Morse (e il fido recalcitrante sergente Lewis) della Thames Valley Police sono datati 1975-1999 (tradotti a suo tempo nel Giallo Mondadori), la televisione inglese ne trasse una serie di 33 episodi trasmessa anche in Italia; serie connesse continuano ancor oggi. “Il giorno del rimorso” è l’ultimo purtroppo, classico come sempre, colmo di citazioni divertenti ed erudite. La narrazione è in terza varia al passato, brevi tratti in punta di piedi dedicati ai vari agiati personaggi. Qui la vittima è la bella infermiera quasi 50enne Yvonne Harrison, amante di tanti (anche dell’incantevole malinconico Morse, appassionato di Wagner, Mozart e Schubert, in vista della pensione) trovata nuda, imbavagliata, ammanettata e morta nella sua villa.

 

Ed McBain

«I morti non sognano. Racconti 1953-2000»

a cura di Roberto Santachiara, prefazione di Maurizio De Giovanni

traduzione di vari (soprattutto Mauro Boncompagni e Luca Briasco)

Mondadori

Stati Uniti. Seconda metà del secolo scorso. Un famoso regista americano, potente arrogante campione d’incassi, viene intervistato per una rivista sui suoi film e, in particolare, sull’incidente accaduto in Sardegna a giugno durante le riprese dell’ultimo, appena uscito nelle sale (il 4 luglio): la 19enne attrice protagonista è affogata. Lui chiarisce subito che ammira solo pochi colleghi e tutti ormai morti, che considera gli sceneggiatori e i tecnici come la servitù, gli attori bestie da soma, i produttori ignoranti e incompetenti, i critici presuntuosi e noiosi, i cronisti inaffidabili, gli intervistatori incapaci e scorretti. L’inchiesta delle autorità italiane ha stabilito che l’annegamento è stato accidentale, eppure l’insistenza delle domande costringe il regista a tornarci più volte sopra, a far emergere particolari significativi e inediti sull’orrendo mondo del cinema e sui poco casuali casi della vita. “L’intervista” (The Sardinian Incident) è uno dei più interessanti racconti scritti da Ed McBain, a suo modo un divertente torbido noir; fu pubblicato da “Playboy” nell’ottobre 1971 (vi collaborò molto in quegli anni) ed era già abbastanza noto anche in Italia. Il tema è caro a Evan Hunter che aveva imparato a non amare Hollywood, fin dalle peripezie accadute alla riduzione cinematografica del romanzo (1954) Il seme della violenza al Festival di Venezia nel 1956 e dalla prima sceneggiatura per il film di Hitchcock Gli uccelli del 1963. L’autore alla nascita si chiamava Salvatore Albert Lombino (New York, 1926), svolse lavori precari (come editor e insegnante) prima di poter seguire l’amata vocazione, si è sempre firmato con vari pseudonimi per le opere di fiction (i primi racconti, romanzi e sceneggiature risalgono al 1952-53), adottò presto ufficialmente all’anagrafe Hunter e divenne famoso nel mondo come McBain, il più fortunato degli pseudonimi, quello della serie dell’87° distretto avviata con tre magnifici romanzi nel 1956.

Con un bel titolo e una divertente copertina, finalmente arriva in unico volume la racconta completa dei racconti del grande Ed McBain, gialli, polizieschi, neri e non solo. Sono in tutto 64; dopo il primo (appunto il dialogo dell’«intervista») presentati in ordine cronologico; dal primo pubblicato nel febbraio 1953 (“La donna di Carrera”) all’ultimo realizzato nel 2000 (“Ma voi ci conoscete”) significativamente dedicato al cancro. Evan Hunter morirà a Weston nel Connecticut nel 2005 a causa di un tumore alla laringe. La maggioranza dei racconti era stata già edita in vario modo in Italia e, comunque, più di due terzi erano apparsi nelle due disordinate raccolte Einaudi di quasi una decina di anni fa. Circa la metà (trenta) vanno riferiti agli esordi letterari dello scrittore, ai quattro anni 1953-1956, quando si faceva spazio nel complesso sterminato mercato editoriale americano; non era né ricco né tradotto e scriveva più delle 20 cartelle al giorno per 5 giorni alla settimana (che fu poi la routine dell’artigiano professionista, lo “scultore” su cui introduce De Giovanni, con opportuno entusiasmo). I successivi contengono spesso momenti di autoironia, parodie e omaggi, oltre che riferimenti alle concrete esperienze vissute con il successo (e quindi pure ambientazioni cinematografiche). Vero è che, per altro, Hunter fino alla morte non ha mai smesso di usare la forma del racconto (quasi uno ogni anno, comunque con minor frequenza dei romanzi). Una volta teorizzò proprio le differenti caratteristiche della scrittura (e della lettura) connesse alla lunghezza del testo e alla collocazione in libreria (oppure altrove) della pubblicazione. Alcuni racconti sono in prima persona, altri in terza. Impossibile fare una graduatoria di qualità (i poliziotti dell’87° distretto appaiono solo in un caso), tutti sono giochi e spettacoli di alta maestria, con un ruolo cruciale di bellissimi indimenticabili dialoghi.

 

Jeffery Deaver

«Il gioco del mai»

traduzione di Sandro Ristori

Rizzoli

486 pagine, 20 euro

Silicon Valley (ampia o ristretta che sia). Domenica 9 giugno 2019. Di mattina Colter Shaw è costretto a tuffarsi dal molo nelle fredde acque pacifiche, sta cercando di salvare la 32enne Elizabeth Chabelle, incinta di sette mesi e mezzo, all’interno di una cabina chiusa di una piccola vecchia barca da pesca (12 metri) che sta affondando. Prima ha infilato il braccio nell’oceano valutando la temperatura (circa 4 gradi), ha una mezzoretta prima di svenire per l’ipotermia. La donna è stata rapita e lasciata lì dal Giocatore, è la terza vittima; per imperscrutabili ragioni si diverte a riprodurre la dinamica di un famoso videogioco. Colter lo sa, è arrivato da quelle parti due giorni prima per rintracciare quella che si è rivelata come la prima vittima, la studentessa 19enne Sophie Mulliner, poi rintracciata con perdite in una fabbrica abbandonata. La polizia sembrava poco interessata alla scomparsa e il disperato povero padre aveva offerto una ricompensa di diecimila dollari per chi l’avesse rintracciata. Colter fa quello di mestiere, il localizzatore, cerca le persone che qualcuno vuole ritrovare, valutando caso per caso, non accetta taglie, non lavora per criminali. Il padre gli ha insegnato l’arte della sopravvivenza in condizioni estreme o inattese; lui ha talento nello sviscerare ogni tipo di indizio e calcola le probabilità di ogni eventuale nesso di causa ed effetto. Ha 31 anni, parla solo sobrio e composto, sorride molto raramente; uno da non prendere alla leggera, sfiora il metro e ottanta, capelli biondi corti, occhi blu, spalle larghe, muscoli tesi, cicatrici su guancia, coscia e (più grande) collo; vive solo in un camper (Winnebago), se può gira in moto (Yamaha da cross). Tre giorni prima aveva rubato un fascio di carte nell’università di Berkeley, quindici anni prima il padre era morto, è convinto ci sia dietro qualche cospirazione o mistero, più o meno terribile. Rischiare non lo spaventa.

L’eccelso scrittore americano di thriller Jeffery Deaver (Glen Ellyn, Illinois, 1950), dopo altri cicli ed esperienze narrative (dal 1988) e lo straordinario successo delle 15 avventure della serie con Lincoln Rhyme (1997-2018), ben conosciuto in 24 lingue e oltre centocinquanta paesi, pure al cinema, ci propone un nuovo attraente personaggio. Il romanzo d’esordio è ottimo, meccanismi perfettamente oleati, il seguito è già in corso di stesura. Il titolo combina le regole paterne su cosa non fare mai con il “gioco” mortale nella finzione e nella realtà. La terza persona è fissa su Colter Shaw, il testo serve a presentarcelo a tutto tondo, esperto e allenato per l’educazione avuta e la vita già vissuta, eventi trascorsi e caratteri forgiati che vengono descritti via via, mentre è in azione, parla al telefono con amici e collaboratori, ricorda genitori (la mamma è viva e sta ancora alla Tenuta), fratello e sorella, ripensa a Margot, incontra vari guai e la rossa Maddie, la guida bella e competente nel mondo dei videogiochi durante i tre intensi giorni della Conferenza internazionale C3 del San Jose Exposition Centre. Lo scrittore si è molto documentato in argomento: concorrenza e spionaggio industriali, fasce e livelli di consumo, tipologie di clienti e mercati, concentrazione territoriale e mercato immobiliare connesso, innovazione tecnologica e rischi per la privacy, dipendenze e follie. Considera i videogiochi i suoi veri rivali rubando tempo alla lettura e ai libri. Colter non è povero, da dieci anni persegue una grande carriera di cacciatore di ricompense, rintraccia dispersi e fuggiaschi, oppure individui che cercano di far perdere le tracce. E prende un sacco di appunti, riempendo taccuini con una stilografica italiana: quando scrivi una cosa a mano, lentamente, quelle parole diventano tue, si conficcano nella mente e nella memoria. Beve spesso birra di marca (non vino) e segue la playlist di Tommy Emmanuel, il chitarrista acustico. Alla fine andrà a Washington o a Echo Ridge?

 

Maurizio de Giovanni

«Dodici rose a settembre»

Sellerio

274 pagine, 14 euro

Napoli. Novembre 2018. La psicologa Gelsomina Settembre, detta Mina, capelli lucidi e corvini, zigomi alti, occhi neri e profondi, miope, ha 42 anni e vive ancora nella cameretta di quand’era ragazzina, con i poster di Baglioni, a casa con la sarcastica madre Concetta, paralizzata, e con la badante Sonia. Era sposata con il compìto presuntuoso Claudio ma non c’era amore, lo ha lasciato e si è dedicata a corpo morto alla passione militante e alla professione sociale di assistente in un piccolo consultorio pubblico dei Quartieri Spagnoli, dove da poco ha iniziato a lavorare il bellissimo ginecologo Domenico Gammardella, detto Mimmo, fidanzato a distanza e fedelissimo, che comunque attira una miriade di donne e maschi, lunghe file in sala d’attesa senza effettive ragioni sanitarie. Le tre amiche di Mina non lo sanno, si limitano a spingerla fastidiosamente a trovarsi un uomo purché sia, dopo il prolungato periodo di solitudine. Lei, però, sente di avere ben altri guai, in particolare due Problemi fissi, questioni di accettazione della dura realtà della vita che le si ripropongono di continuo: da una parte il rapporto con la mamma invadente e urticante, dall’altra il rapporto col proprio grande incontenibile seno, meraviglioso solo per chi si trova di fronte. Mentre una persona meticolosa comincia a uccidere a destra e a manca (dopo aver fatto recapitare rose rosse, una dopo l’altra), sparando alla vittima dietro la nuca con un’antichissima Luger P08, come se eseguisse una vendetta, e l’antipatico magistrato De Carolis indaga sulle costanti degli omicidi, Mina ascolta la bruna 11enne Flor affermare che il padre sta per ammazzare Ofelia, la madre peruviana, dopo averla più volte massacrata di botte; è un boss abbastanza potente. Settembre vorrebbe salvarle, ma anche l’altra inchiesta finisce per toccarla da vicino, non potrà che correre rischi, non solo nelle GdM.

Il grande scrittore napoletano Maurizio De Giovanni (1958) s’incammina ancora una volta sulla strada di una nuova serie gialla. La protagonista ha molte caratteristiche interessanti ed era già apparsa nelle due raccolte Sellerio del 2013 e del 2014. L’atteso primo romanzo sembrava in gestazione da tempo, rallentato dalle altre serie e dalle loro trasposizioni televisive. Ora è uscito e sembra proprio un buon inizio, anche se l’autore si mostra ancora alla ricerca di un incidere specifico e coerente, diverso dagli altri personaggi già e meglio noti. La narrazione è in terza, soprattutto su Settembre e su De Carolis, oppure sul portiere dello stabile dell’ufficio con lo sguardo fisso sulle tette di Mina (è a loro che parla), intervallata da capitoli più brevi dove appare la personalità criminale durante i quattro omicidi (alcuni in prima persona, rivolta alle imminenti vittime; altri in terza sui suoi delitti). De Giovanni è alla ricerca dello stile confacente e, talora, rischia un po’ l’insistenza su caratteri ripetitivi caricaturali delle situazioni e delle personalità, come se stesse ancora affinando la conoscenza con la nuova promettente serie. Napoli vien fuori come sempre alla grande, nel bene e nel male: segnalo le Sbadate del quartiere, che arrivano in ospedale menate dai mariti e ripetono mestamente che sono scivolate, cadute per le scale, inciampate nel tappetino della doccia, o sono state solo graffiate dal gatto. Che Mina mostri insofferenza ma sia davvero attratta da Mimmo è certo, lui spettinati capelli biondo scuro e volto perfetto. Gli ricorda l’irresistibile Robert Redford, in ogni situazione di contatto riferibile alle diverse interpretazioni di indimenticabili film; invece per Luciana assomiglia a Kostner, per Delfina a Newman, per Greta a Dempsey, insomma fate voi ma conoscetelo presto!

 

Romano De Marco

«Nero a Milano»

Piemme

338 pagine per 17,50 euro

Milano. Marzo 2019. Marco Tanzi e Luca Betti sono veri amici. Marco è un ex poliziotto (prima bravo, poi corrotto), ex carcerato (quasi otto anni), ex barbone, ora solitario investigatore privato con regolare licenza in un piccolo vecchio ufficio; un po’ per caso da circa un anno gli affari hanno cominciato a girare bene, possiede gli agganci giusti un po’ ovunque, guadagna circa il triplo di uno stipendio da commissario; quasi 50 anni, un metro e novantotto di muscoli, si allena regolarmente, ha affittato un bel trilocale perfettamente ristrutturato (valore due milioni di euro), gira in Jeep Grand Cherokee nera, non ha più fiducia né speranza: “la vita è solo un’inutile fiera del dolore, dove non c’è spazio per nient’altro”. Luca è uno stanco commissario di polizia quasi 49enne, nervoso e irascibile, senza più spinta ideale o emotiva, se non quella di fare il proprio lavoro, sempre (meno) sulla retta via e sempre (più) incerto sul futuro; separato, un metro e ottantasei per 87 chili, poco sovrappeso, vive solo, mantiene un complicato rapporto con la figlia universitaria Sara, gira in Qashqai grigio. Marco e Luca un tempo erano una formidabile coppia di sbirri, dopo dieci anni senza vedersi si sono ritrovati quando Giulia, la figlia 18enne di Marco, fu rapita e Luca si spese bene per salvarla dal peggio. Ora si aiutano a vicenda, ognuno per i propri casi, e non solo. Da Marco si presenta una splendida signora borghese chiedendogli di ritrovare il figlio Davide appena maggiorenne, se ne è andato fra i clochard, ha un disturbo emotivo comportamentale con tratti schizotipici di personalità; in quei giorni però qualcuno ammazza proprio i senzatetto. A Luca vengono imposte sedute dallo psicologo, pur dopo aver risolto un caso di traffici illeciti e dovendo ancora indagare su una coppia trovata carbonizzata in un villino abbandonato, dopo che era morta la loro figlia e si era probabilmente suicidato il nonno. Le indagini si intrecciano, questa volta sarà Marco ad aiutare Luca per Sara.

Romano De Marco (Francavilla al Mare, 1965) è un professionista della sicurezza integrata (persone, valori, dati) negli istituti di credito, da circa un decennio pubblica interessanti romanzi e racconti di successo, questo è il terzo della serie milanese (dove De Marco non vive ma opera) su Tanzi e Betti. Lo sfondo è quello del noir metropolitano inquinato (da cui il titolo): azione e reazione, violenza e vendetta, affetti e tradimenti, con epilogo sorprendente ma non troppo. Come in altre occasioni la narrazione è mista: Marco e Luca sia in prima persona che in terza; Davide in corsivo e in prima pudica e breve; in terza e prima Luisa Genna, la collega poliziotta appena trasferitasi alla squadra Anticrimine, una quarantenne magra e alta, capelli biondi corti, molto malata; più raramente altre situazioni in terza; una confusione di ruoli e climi ottimamente orchestrata, pur se non sempre del tutto leale con il lettore. L’autore è molto attento sia nella informata descrizione degli ambienti dei clochard milanesi, delineandone anche alcuni personalità in qualche modo esemplari, sia nella sentita introspezione dei casi umani studiati nella malattia e nel dolore. Marco finisce per innamorarsi della 38enne Diletta madre di Davide, ne ha evidenti ragioni, pur se non sa capacitarsene; purtroppo la sua festa di compleanno si fa col prosecco. Aspro il confronto fra Luca e Luisa sullo snobismo musicale, entrambi sono in una giustificata fase ispida e intrattabile, però si trovano pur d’accordo su qualche cosa.

 

Loris Rambelli

«Giallo italiano»

Unicopli

136 pagine, 17 euro

Roma. 1946-1952. Ezio d’Errico (Agrigento, 1892 – Roma, 1972) è stato un grande scrittore italiano, giornalista poeta sceneggiatore drammaturgo autore radiofonico, anche disegnatore grafico pittore. Nato in Sicilia, spesso poi al seguito del padre militare di carriera, si era dedicato molto e bene al poliziesco fra 1936 e 1941, vivendo a Torino e (poco) a Parigi prima di trasferirsi nella capitale a fine 1942. Nel 1945 era nata la rivista “Crimen”, d’Errico ne assunse la direzione da ottobre 1946 a marzo 1952 come “settimanale di criminologia e polizia scientifica”: servizi sull’attualità della cronaca nera, ricostruzioni storiche (come il delitto Matteotti), casi giudiziari clamorosi, inchieste sulle condizioni dei carcerati o la prostituzione, numeri speciali tematici. In “Giallo italiano” l’esperto studioso Loris Rambelli (San Bernardino di Lugo, 1948) racconta la vicenda politica e umana di D’Errico nel primo dopoguerra romano con garbo e precisione. E ricchissima documentazione.

 

Joe R. Lansdale

«Sotto un cielo cremisi»

traduzione di Andrea Mattacheo

(originale Vanilla Ride, 2009; prima edizione italiana Fanucci 2009)

Einaudi

284 pagine, 12 euro

LaBorde e Camp Rapture. Una decina d’anni fa. Hap è guduriosamente a letto con Brett ma alle 11 di sera Leonard bussa alla loro porta, accompagnato dal caro ex poliziotto Marvin Hanson. Dopo aver degustato i soliti latte e biscotti viene fuori la storia; la 18enne figlia della figlia di Marvin fa la troietta, sta con un 25enne che la mena, spaccia insieme a lui. Dovrebbero convincerla a tornare a casa, ma il giro è più brutto del previsto; grandi gang e Dixie Mafia; alligatore gigante e magnifica killer a pagamento, Vanilla appunto; sparatorie pericolose e botte da orbi; ci sono pure i federali a tirar trappole, sarà dura. “Sotto un cielo cremisi” è il settimo romanzo dell’eccelsa divertente serie noir hard-boiled Hap&Leonard di Joe R. Lansdale (Gladewater, 1951); l’editore torinese la presenta in prima battuta solo dal 2015 e sta ottimamente ripubblicando i precedenti. Il titolo italiano consente di ricordare sia il rosso vivo sia il 50enario di In the Court of the Crimson King!

 

Redazione
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