Di che colore è l’essere venuto dallo spazio?

Impossibile dimenticare Lovecraft nella Enciclopedia aliena intergalattica di Fabrizio «Astrofilosofo» Melodia

«Che cosa sia, Dio solo lo sa. In termini di materia suppongo che la cosa sia un gas, ma obbediente a leggi che non sono quelle del nostro cosmo; non è il frutto dei pianeti o dei soli che splendono nei telescopi […] non è un soffio dei cieli di cui i nostri astronomi misurano i moti e le dimensioni […] era soltanto un colore venuto dallo spazio, messaggero spaventoso degli informi reami dell’infinito, al di là della natura che conosciamo»: così Howard Phillips Lovecraft in «Il colore venuto dallo spazio» (1927).

Una tipologia aliena davvero singolare, quella riferita dal Solitario di Providence, un uomo assolutamente reietto per i suoi tempi anche dalle riviste pulp specializzate come «Weird Tales», per il suo carattere aristocratico e per le storie non proprio edificanti che andava a narrare.

Profeta dell’abisso che guarda dentro alla tua anima, Howard Phillips Lovecraft ci riporta un tipo di alieno dalla consistenza di un colore.

La voce narrante è quella di un tecnico: si trova a fare sopralluoghi in una vallata del New England che verrà presto inondata a causa della messa in servizio di una nuova diga. La zona si è spopolata da qualche tempo e circolano strane storie, soprattutto in merito a una zona della valle detta “la landa folgorata”: cinque acri di desolazione, neanche un filo d’erba che cresce con uno spesso strato di polvere e cenere grigia che il vento e le piogge sembrano incapaci di disperdere.

In questa solitudine piangente, molti anziani borbottano nei riguardi dello straniero di certi giorni terribili in cui una famiglia venne massacrata in modo, ma qualcuno ne sa più di altri: un vecchietto strano di nome Ammi Pierce, però è totalmente matto, quindi non si può fare molto affidamento sulle sue parole.

Eppure il narratore si reca da Ammi Pierce, fermandosi a lungo, a chiacchierare con lui della landa folgorata e dei giorni terribili, per uscirne fuori dopo parecchie ore completamente sconvolto. Fa le valigie di gran carriera, si reca alla compagnia, consegna il rapporto unitamente alle sue dimissioni, ripromettendosi di non tornare mai più in quei luoghi e nemmeno di bere l’acqua proveniente da quella diga.

Secondo il racconto del vecchio era venuta alla luce una folle verità: tutto ebbe inizio con l’arrivo di un meteorite dal cielo che si conficcò nel terreno vicino al pozzo della fattoria di Nahum Gardner, una bella e bianca casetta circondata da fertili frutteti, situata al centro di quella che sarebbe diventata la terra folgorata.

La notizia rimbalzò su tutti i giornali e dopo poco arrivarono dall’università tre professori per esaminare il “visitatore” dagli spazi interstellari. La meteorite era ancora calda e gli abitanti della fattoria dissero agli scienziati che di notte emetteva una debole luminescenza e che sembrava essersi rimpicciolita dal giorno della caduta.

Gli scienziati prelevarono un piccolo campione che, come in preda a qualche strana forma di combustione, in poco tempo svanì completamente.

L’eccitazione aumentava, venne prelevato un frammento più grosso che, prima di evaporare del tutto, resistette a ogni analisi e attacco chimico; qualche sua caratteristica comunque lo fece classificare fra i metalli e l’osservazione con lo spettroscopio rivelò tracce di elementi sconosciuti più strane proprietà ottiche.

Purtroppo tutto il materiale meteoritico era destinato a scomparire, in capo a pochi giorni non ne restò neanche un frammento. Il caso venne archiviato dai ricercatori ma al successivo raccolto le pere e le mele arrivarono a dimensioni eccezionali.

Che quel meteorite alla fine avesse pure strane proprietà di concime fu chiaro non molto tempo dopo, suscitando preoccupazione. Infatti le mele e le pere avevano un gusto insano, estremamente amaro e disgustoso, mentre strani avvenimenti lanciavano segnali preoccupanti: impronte di animali sconosciuti, fioritura prepotentemente prematura di piante mai viste e dai colori indescrivibili.

Tornati sul posto di gran carriera, gli scienziati concordarono nel dire che forse alcuni minerali presenti nel meteorite si erano sciolti nel terreno inquinandolo, ma che le piogge presto avrebbero lavato il suolo. Purtroppo la situazione peggiorava sensibilmente, la strana vegetazione della landa folgorata non spariva come auspicato dagli scienziati.

La famiglia Gardner era sempre con gli occhi vigili e le orecchie aperte per individuare strani segnali. Uno dei figli di Nahum Gardner scomparve misteriosamente, mentre la landa folgorata risplendeva di notte sempre più di una luce “malsana”.

Il vecchio Nahum, al colmo della disperazione e abbandonato da tutti, si era dunque recato da Ammi Pierce per chiedere aiuto nella ricerca del figlio. Ammi lo accompagnò a casa: uno strano morbo si era impossessato del bestiame, i polli morivano, ridotti a carcasse avvizzite, la moglie era impazzita e viveva rinchiusa nel solaio; una sorta di essenza maligna, giunta sulla terra con la meteorite, sembrava prosciugare la vita e il senno degli esseri viventi, tingendo tutto con quell’assurdo colore.

La storia termina quando Ammi è costretto ad accompagnare sul luogo la polizia locale e il medico legale che vogliono controllare cosa stia accadendo alla famiglia Gardner: scoprono che “l’essere” ha divorato tutta la famiglia, fisicamente e mentalmente, riducendoli a fragili gusci putrefacenti e senza vita. La creatura ha sede nel pozzo della casa.

Nel finale, l’essere ritornerà negli spazi celesti tramite un raggio di luce, e nel contempo la casa si incendierà distruggendosi. Soltanto Ammi si renderà conto che una parte del mostro si trova ancora lì e ciò gli farà perdere l’equilibrio mentale.

Questa tremenda creatura aliena viene descritta per brevi accenni nel racconto «Il colore venuto dallo spazio» (“The colour out of space” in originale) scritto da Lovecraft nel marzo 1927 e pubblicato in luglio sulla rivista «Amazing Stories»: è sicuramente uno dei capisaldi della sua narrativa, oltre che fulcro essenziale dei miti di Chtulhu. Qui non abbiamo riti per divinità aliene, libri maledetti e cultisti completamente folli, ma un “essere” completamente altro da tutto. Non è una creatura di tipologia umanoide, nemmeno deforme secondo i nostri canoni, non ha una testa sproporzionata su un corpo minuto, non è longilieno e magari gentile, non è nemmeno un “mostro” dagli occhi d’insetto e dalla forma analoga, come ci hanno abituati appunto le riviste pulp contemporanee a Lovecraft e poi tutta una serie di film che spesso vengono pensati con nostalgia.

Qui non esiste nessun tipo di possibilità di contatto e dialogo con l’alieno, qui il paradosso di Fermi trova conferma e risposta. Non possiamo rilevare segnali da altre civiltà semplicemente perché le forme di vita che la abitano non sono umanoidi, non hanno un linguaggio come il nostro e sono particolarmente distruttive per l’ambiente circostante. Aggressive per la loro capacità di adattarsi e penetrare nel territorio, inquinandolo nelle fondamenta con la loro essenza o Dna, ecco che la creatura sfugge a qualsiasi classificazione: pare un metallo ma non lo è, a tratti sembra un gas ma nemmeno questo rientra nei nostri canoni.

E’ una cosa in sé, come vorrebbe il buon Kant, inspiegabile ma che garantisce i fenomeni di cui gli scienziati vanno a sperimentare. Eppure niente rimane, la cosa divora tutto e tutti, a nulla valgono tecnologie e interventi dell’autorità: alla fine è la cosa stessa che ritorna da dove è venuta, grazie al fascio d’energia che sembra essere capace di emettere e con il quale si sposta da un mondo all’altro. Non senza lasciare una semente nera, in fondo a quel pozzo che è la nostra anima.

Ecco dunque alcuni consigli: nel caso rilevaste i sintomi e i segni nella vostra zona, siete pregati di chiamare immediatamente le autorità del posto e di allontanarvi senza frapporre indugi.

Come si è visto, il colore s’insinua di prepotenza dentro ogni cosa, spesso non si può vedere direttamente perché ormai disciolto nel terreno, quindi prestate attenzione a piante anomale e dai colori assolutamente indicibili.

Quando si avrà la sicurezza che non sono dovuti ad inquinamenti terrestri (di questi tempi è altamente probabile purtroppo: e non pensate solo a Seveso o Brescia, alla Campania dei rifiuti nocivi o alla Calabria delle navi tossiche affondate) allora si dovrà provvedere a una bonifica pesante, a evacuare la zona e metterla in sicurezza mentre gli esperti tenteranno di studiare l’alieno. Forse avranno più fortuna che negli anni ’30. Speriamo. Nel dubbio però – ve lo ripeto – voi allontanatevi. Rapidamente.

 


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