Palestina: la solidarietà non si può fermare

articoli ripresi da Anbamed, Radio Onda d’Urto, Oren Ziv e quattro puntate del diario di Luigi Eusebi.

E se stasera siete dalle parti di PADOVA non mancate all’appuntamento «Voci per Gaza»

da Anbamed 31 ottobre 2025

Genocidio a Gaza

Non c’è nessun cessate-il-fuoco a Gaza. La tregua si legge soltanto nelle dichiarazioni della Casa Bianca. Israele ha bombardato, con caccia e artiglieria, su tutta la linea delle zone dalle quali si era ritirato l’esercito. Bulldozer militari protetti dai soldati hanno compiuto demolizioni nelle parti orientali di Gaza città e Khan Younis.

Rapporti giornalistici informano di un totale di 32 uccisi nella giornata di ieri. I feriti sono 102.

Il piano israelo-statunitense è la spartizione della Striscia in due zone: una per le tendopoli degli sfollati palestinesi e l’altra ad est della linea gialla e al confine con l’Egitto, Rafah compresa, per la nuova colonizzazione ebraica con la possibile presenza di collaborazionisti. A Rafah, l’esercito israeliano ha già avviato i lavori per la creazione di un “città modello”, con case prefabbricate di legno, mercati e ospedali ad esclusivo uso dei miliziani collaborazionisti e loro famiglie.

Il nostro commento quotidiano fisso: Ci sono ancora coloro che obiettano che non si tratti di genocidio, basandosi su congetture storiche e non guardando la realtà delle cifre e delle intenzioni, dicono: “Dire che Israele commette genocidio è una bestemmia”.

Pronunciare una frase simile è la vera bestemmia nei confronti della memoria dei sei milioni di ebrei assassinati dal nazismo tedesco.

Situazione umanitaria a Gaza

Gli ospedali tornano ad essere obiettivi degli attacchi israeliani. Appena è stata dichiarata la tregua, i palestinesi hanno avviato le azioni per la rimessa in funzione delle strutture, con rimozione delle macerie e ristrutturazioni. Il direttore di Shifà ha denunciato che l’esercito israeliano durante l’escalation di due giorni fa aveva preso di mira proprio i reparti che erano stati rimessi in funzione. Lo stesso è avvento contro l’ospedale Nasser di Khan Younes. I due ospedali sono gli unici dove i malati affetti da insufficienza renale possono ottenere le cure nei reparti di dialisi. “La mancanza di carburanti per produrre elettricità e la scarsità di bombole di ossigeno hanno ridotto le nostre capacità di interventi salvavita”, ha detto il medico palestinese.

Cisgiordania

il corpo di Yamin Hamed, 155 anni assassinato da Israele a Selwad

Un ragazzo di 15 anni, Yamin Hamed, è stato assassinato dai soldati israeliani con un colpo di arma da fuoco militare, durante l’invasione di Selwad, ad est di Ramallah. I soldati hanno impedito il passaggio dell’ambulanza per soccorrerlo, per oltre due ore, fino all’accertamento della morte.

Un’altra invasione militare è toccata al campo profughi di Askar, ad est di Nablus, Kafr Kalel e a Massafer Yatta. Con feriti e arresti.

Proseguono le confische di terreni agricoli palestinesi per ordini militari oppure per occupazioni da parte dei coloni, spalleggiati dai soldati. A Barqa, i coloni, protetti dalla forza militare di occupazione, hanno chiuso con una rete un terreno agricolo appartenente a due famiglie e hanno incendiato le auto di loro proprietà.

Libano

Attacchi militari israeliani quotidiani in sud Libano. 4 feriti in un attacco con missili lanciati da droni sul villaggio di Harouf.

Le violazioni israeliane della tregua di 11 mesi fa sono state 5.100 (una media di 17 violazioni al giorno), con 302 uccisi e 588 feriti.

Gli Stati uniti non hanno mai espresso preoccupazione per tali aggressioni militari, ma appena il presidente libanese ha chiesto all’esercito libanese di rispondere, dalla Casa Bianca sono arrivate le pressioni e le minacce.

BDS

Ieri, 30 ottobre 2025, Napoli ha visto una delle più partecipate proteste universitarie degli ultimi anni grazie all’iniziativa degli studenti della Federico II. La piazza antistante l’Ateneo si è trasformata in uno scenario di intensa espressione civile dove centinaia di studenti e studentesse hanno dato voce alle proprie richieste tramite un flash-mob. La manifestazione, che si inserisce nel quadro più ampio delle proteste studentesche pro Palestina, aveva un obiettivo preciso: sollecitare la sospensione degli accordi accademici tra l’Università degli Studi di Napoli Federico II e alcune istituzioni israeliane. Il rettore Matteo Lorito è stato direttamente interpellato, sia con una lettera pubblica sia con la richiesta formale di dimettersi dalla Fondazione MedOr. (clicca!)

L’Italia è il terzo paese esportatore di armi in Israele. Rapporto ONU: clicca

22 novembre “Giornata nazionale di digiuno x Gaza”

Sarà realizzata una giornata di digiuno nazionale il 22 novembre, all’avvio della settimana per la Giornata Mondiale di solidarietà con la Palestina indetta dall’ONU (29 novembre). In tale appuntamento del 22 novembre sarà organizzato un incontro online, aperto a tutti e tutte, con la partecipazione di esponenti palestinesi di Ramallah, Gaza e Gerusalemme est. Con traduzione consecutiva. Tutte le realtà interessate, potranno aderire scrivendo a anbamedaps@gmail.com

Sciopero della fame a staffetta contro il genocidio

Sono passati 5 mesi e 16 giorni di sciopero della fame a staffetta, dall’avvio della campagna di Digiuno x Gaza, l’iniziativa lanciata a maggio da Anbamed. Oggi, venerdì 31 ottobre, prosegue incessantemente l’azione nonviolenta di sciopero della fame 24h.

Per leggere l’elenco aggiornato dei nomi dei digiunatori di oggi: clicca!

Per capire i motivi, clicca!

Appello per la liberazione dei medici in ostaggio nei campi di concentramento israeliani

Medici Senza Frontiere (Msf) ha chiesto il rilascio immediato e incondizionato del dottor Mohammed Obeid, chirurgo ortopedico che lavora con Msf dal 2018. Obeid è detenuto nelle carceri di Israele da ormai quasi un anno, senza alcun contatto con la sua famiglia o avvocati. È stato arrestato dalle forze di occupazione israeliane il 26 ottobre 2024, durante un’operazione militare all’ospedale Kamal Adwan, nel nord di Gaza, insieme ad altre 57 persone. “Chiediamo che i suoi diritti, la sua dignità e la sua libertà siano ripristinati senza ulteriori ritardi”, afferma la dottoressa Tejshri Shah, direttrice generale di Msf.

Il direttore dell’ospedale Auda, nel nord della Striscia, dott. Ahmad Mouhanna, è stato liberato nello scambio di prigionieri. “sono stato ostaggio nelle mani dell’esercito israeliano per un anno e 10 mesi. Ho subito torture e maltrattamenti. Eravamo detenuti in gabbie metalliche in pieno deserto, in condizioni climatiche difficili, d’estate e d’inverno, con le mani ammanettate dietro la schiena. Alcune celle di punizione erano di un metro cubo, non si poteva stare dentro in piedi. Molti ostaggi palestinesi sono morti sotto tortura. Contro di noi sanitari non c’erano accuse e non abbiamo subito processi, ma soltanto interrogatori. L’unica nostra colpa era quella di aver curato donne incinte e neonati. Gli ufficiali ci dicevano che a Gaza non nasceranno più bambini. Il loro intento è annientarci come esseri umani, ma la nostra volontà di vita è più forte del loro nazismo”.

L’esercito israeliano ha deciso di rinnovare la detenzione del dott. Abu Safuya di altri 6 mesi, senza accusa e senza processo. L’unica sua colpa è di aver curato i bambini. Meriterebbe il premio Nobel, non essere preso in ostaggio.

I due medici palestinesi, il dott. Hussam Abu Safiya e il dott. Dott. Marwan el-Homs, non sono stati rilasciati nello scambio di prigionieri attuale. I due medici sono ostaggi nelle mani dell’esercito israeliano da diverso tempo. Il primo è stato rapito il 27 dicembre 2024 e il secondo, direttore degli ospedali da campo, rapito dal suo ospedale il 21 luglio 2025.

Solidarietà/Al-Najdah

Si annuncia un successo di vendite. Sono arrivate finora oltre 300 prenotazioni di copie del libro illustrato per bambini, con la fiaba di Mia Lecomte, “Strega”. 60 pagine, a colori, copertina cartonata, 22×22 cm. Le illustratrici Federica Pagnucco e Lenina Barducci insieme agli illustratori Andrea Rivola e Manuel Baglieri sono al lavoro.

Inoltre siamo in contatto con la prestigiosa casa editrice Mesogea, di Messina, per una possibile distribuzione in librerie.

Sarà un’occasione per un regalo di Natale per figli e nipotini. Tutto il ricavato, tolte le spese di stampa e spedizione, sarà devoluto per il progetto di costruzione di un “Giardino d’infanzia” per i bambini del Najdah: Italia solidale.

Buone notizie dal Najdah. Tutti i bambini presi in custodia dall’associazione sono in buone condizioni. Si stanno riorganizzando gli incontri collettivi educativi, di istruzione e d’intrattenimento. Non più in piccoli gruppi, ma in classi di 20-30 bambini, per riprendere la socializzazione necessaria a superare la crisi e creare un clima di socialità. Si fa colazione insieme e sono stati garantiti altri due pasti caldi al giorno.

Per chiedere info o aderire al progetto Ore Felici per i Bambini di Gaza, la campagna di adozioni a distanza, scrivete a: anbamedaps@gmail.com

dalla newsletter di Radio Onda d’Urto – 29 ottobre 2025

Striscia di Gaza. 106 i cadaveri negli ospedali, tra cui 46 bambini. Più di 300 i feriti, un terzo minori. Con l’ondata di attacchi di queste ore, rivolti contro tende, strutture sanitarie, civili inermi, il numero totale di vittime e feriti dall’accordo di cessate il fuoco dell’11 ottobre ha raggiunto quota 211; 597 I feriti; 482 i corpi recuperati in attacchi precedenti. Ri-avvolgendo il nastro all’inizio del genocidio, ottobre 2023, ammazzati dall’occupazione genocidiaria sionista 68.643 palestinesi, oltre a 9-10mila persone sepolte sotto le macerie.

Dopo una sera, una notte e una mattinata di bombe, Israele afferma di aver “ripreso a rispettare il cessate il fuoco”. Per Tel Aviv, quindi gli attacchi di rappresaglia sono cessati stamattina. Questo non significa che non si continui a morire nella Striscia: nel pomeriggio si registra infatti almeno un raid, a Beit Lahiya, estremo nord, con 2 vittime, non distante dalla cosiddetta “linea gialla”, oltre la quale le forze occupanti israeliane si sono formalmente ritirate, pur continuando a sparare anche al di qua, ossia verso gli sfollati palestinesi, ammassati in metà Gaza.

Tel Aviv, quindi, fa come sempre, quello che vuole, grazie al silenzio complice della Ue e alla copertura attiva degli Usa, confermata oggi dal vicepresidente JD Vance, per il quale avere ammazzato oltre 100 persone in poche ore è derubricabile a “piccole schermaglie”. Licenza di uccidere, dunque, in risposta a quella che Israele ha descritto come una supposta violazione dell’accordo da parte di Hamas.

Il giorno prima il Movimento islamico palestinese aveva consegnato i resti di un prigioniero alla Croce Rossa; per Tel Aviv però erano altri resti di un prigioniero il cui corpo era già stato riportato in Israele a fine 2023. Con questa scusa Israele ha incendiato la Striscia, nell’ennesima– la più grave – delle 126 violazioni armate del cessate il fuoco compiute in meno di tre settimane, oltre a impedire – tutt’ora – l’ingresso di aiuti in maniera capillare rispetto a quanto pattuito con i mediatori.

Di Gaza si è parlato oggi a New York, dove Francesca Albanese, la relatrice speciale Onu per i Territori Occupati, ha presentanto alla terza commissione dell’Assemblea Generale delle Nazionte Unite il proprio nuovo, dettagliato rapporto; 24 pagine in cui esamina, dati alla mano, il ruolo di 63 Stati nel crimine collettivo del genocidio in una Striscia come “strangolata, affamata, distrutta”.
Dopo l’intervento dell’Albanese c’è stata la replica dei vari ambasciatori. Quello ungherese e pure quello italiano, Maurizio Massari – titolare della rappresentanza italiana in Egitto durante il rapimento, la tortura e l’omicidio di Giulio Regeni – si sono schierati pancia a terra con Tel Aviv. Massari, in particolare, ha definito la Albanese “priva di credibilità e imparzialità”. Roma si è così ancora una volta allineata all’ambasciatore israeliano all’Onu, Danny Danon, che nel suo intervento è andato oltre: anzichè rispondere all’analisi della Albanese ha preferito insultarla, definendola una “strega malvagia”.

Ai microfoni di Radio Onda d’Urto, un estratto della replica che oggi, Francesca Albanese, ha pronunciato davanti agli ambasciatori riuniti nel quadro della terza commissione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite Ascolta o scarica

Intanto la Cisgiordania Occupata è travolta dalle violenze di militari occupanti e coloni israeliani.

Decine di palestinesi rapiti tra Tulkarem, Nablus e a Dheisheh, storica roccaforte delle forze laiche e progressiste, vicino Betlemme.

Fermata pure una mezza dozzina di giornalisti, a nord della Valle del Giordano. Molti degli arrestati di oggi erano stati recentemente rilasciati dalle galere israeliane, dove Tel Aviv ha vietato le visite ai prigionieri palestinesi alla CRI e dove non entrano mai, nemmeno per sbaglio, gli impuniti coloni fascisti, nonostante le scorrerie quotidiane; da ottobre 2023 in Cisgiordania ammazzati 1.059 palestinesi, 10mila feriti, 20mila arresti o fermati, tra cui 1.600 bambini.

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da Anbamed: estratto dalla relazione di Francesca Albanese

ONU: “ecco chi sono i fornitori di armi ad Israele”

L’Italia è il terzo paese esportatore di armi ad Israele, dopo Stati Uniti e Germania.

“Stati Uniti, Germania e Italia sono tra i maggiori fornitori di armi a Israele. Solo pochi Stati occidentali, in particolare Spagna e Slovenia, hanno annullato contratti e imposto embarghi”. Lo scrive, in un report alle Nazioni Unite, Francesca Albanese, relatrice speciale dell’Onu per i territori palestinesi occupati. Tra ottobre 2023 e ottobre 2025, 26 Stati hanno inviato almeno 10 spedizioni di “armi e munizioni” a Israele, tra cui Cina, Taiwan, India, Italia, Austria, Spagna, Repubblica Ceca, Romania e Francia.   Gli Stati – prosegue Albanese – effettuano anche trasferimenti indiretti fornendo componenti per le armi utilizzate da Israele. Il programma di caccia stealth F-35, fondamentale per l’assalto militare israeliano a Gaza,coinvolge 19 Stati: Australia, Belgio, Canada, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Germania, Grecia, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Corea del Sud, Romania,Singapore, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti.

Gli Stati – si legge ancora nel report di Albanese – hanno continuato a concedere licenze di esportazione di armi a Israele e consentire il trasferimento di armi attraverso i loro porti e aeroporti (ad esempio Italia, Paesi Bassi, Irlanda, Francia, Marocco). L’Italia, il terzo più grande Paese esportatore verso Israele nel 2020-2024, ha sostenuto di rispettare gli obblighi legali di cessare queste esportazioni, pur continuando gli accordi esistenti e adottando un approccio non interventista. Molti Paesi hanno aumentato i loro scambi commerciali con Israele durante il genocidio, tra cui Germania (+836 milioni di dollari), Polonia (+237 milioni di dollari), Grecia (+186 milioni di dollari), Italia (+117 milioni di dollari), Danimarca (+99 milioni di dollari), Francia (+75 milioni di dollari) e Serbia (+56 milioni di dollari), nonche’ Paesi arabi, tra cui Emirati Arabi Uniti (+237 milioni di dollari), Egitto (+199 milioni di dollari), Giordania (+41 milioni di dollari) e Marocco (+6 milioni di dollari). Cio’ ha contrastato il declino commerciale che Israele ha dovuto affrontare (-6%).  “Il genocidio a Gaza – conclude Francesca Albanese – non e’ stato commesso isolatamente, ma come parte di un sistema di complicita’ globale. Invece di garantire che Israele rispetti i diritti umani fondamentali e l’autodeterminazione del popolo palestinese, potenti Stati terzi – perpetuando pratiche coloniali che avrebbero dovuto essere da tempo relegate alla storia – hanno permesso che le pratiche violente diventassero una realtà quotidiana”

 

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Diario da sopra gli ulivi di Palestina – prima puntata

di Luigi Eusebi

Le righe seguenti e le foto testimoniano in modo diretto e senza filtri il chiaro tentativo israeliano di cacciare i palestinesi dalla loro terra, una pulizia etnica e deportazione forzata, che va di pari passo con il genocidio a Gaza. La testimonianza di un volontario internazionalista italiano. (La Redazione)

Giovedì, 23 ottobre 2025 Bir Zeit

Stanotte non ho praticamente dormito.
Ora saremo 150 persone, con decine di telecamere e giornalisti, a Bir Zeit, in un campo della Municipality, ci sono anche altri gruppi di stranieri di paesi vari. Sembra a volte di essere trasportati come pacchi postali, io chiedo dettagli per sapere cosa succede.
Stamane l’esercito di occupazione israeliano ha fermato una signora tedesca dei nostri in arrivo ad valico Karamah, Allenby, le hanno preso il telefono e qui sono tutti agitati perché era nelle chat di ISM (International Solidariety Moviment) o campagna Faz’a.
I coordinatori raccomandano ai volontari provenienti da paesi stranieri di cancellare tutto dai cellulari, cosa che alcuni fanno ed altri no.
C’è un drone a 50 MT di altezza che ci segue ovunque…mentre scrivo proprio adesso mi sta giusto ronzando poco sopra, molto basso, magari vuole leggere cosa scrivo? Anche scrivere e annotare ciò che si osserva è pericoloso per chi ha paura delle proprie azioni. Israele non vuole che il mondo sappia delle nefandezze che fanno esercito e coloni.

Continua… sotto le foto…

Sabato 25 ottobre 2025.

Nella fase di pausa fino a decidere dove proseguire, abbiamo fatto incontri con diverse realtà associative palestinesi e iniziative di soccorso agricolo per organizzare le attività economiche in forma cooperativa. Nel frattempo ho cercato di approfondire il tema: Consiglio la lettura di uesto articolo: clicca! Articolo lungo ma spiega bene la situazione sotto i nostri occhi in questo periodo. Uno dei due autori è Basel Adra, il giovane regista di No other land, premio oscar 2025, venuto da poco anche in Italia.
I due villaggi che più vengono citati nel pezzo, Turmus Ayya e Sinjil, una trentina di km a nord di Ramallah, sono esattamente le zone dove quasi tutti i giorni andiamo a tentare la raccolta delle olive, anche se l’altro giorno una parte di queste terre sono state prese dall’esercito e dichiarare zona chiusa…

Continua… in una nuova puntata domani…

 

 

Domenica 26 ottobre 2025 – Dai campi profughi al commercio equo

di Luigi Eusebi

La sede del Soccorso Agricolo

Domenica 26 ottobre 2025

Dai campi profughi al commercio equo

Visto che la raccolta delle olive ogni tanto si inceppa, un po’ per disorganizzazione e frammentazione dei movimenti locali ed internazionali, un po’ perché ogni giorno la geografia dei campi accessibili cambia a seconda degli attacchi dei coloni (pure oggi a Tulkarem con i nostri in ritirata…), ho deviato sul campo profughi di Ramallah e sui partner storici palestinesi del commercio equo.

Nel Governatorato di Ramallah ed al-Bireh di campi profughi (mukhayem in arabo) ce ne sono addirittura sette, quasi tutti sorti nel 1948-9, ci vivono quasi 55.000 abitanti, sui circa 340.000 totali della regione.
Il campo più iconico è al-Am’ari, con oltre 15 mila persone, che per le minuscole dimensioni è uno dei luoghi più densamente popolati del pianeta (162.000 abitanti per kmq🥶).

Come molti altri campi in Cisgiordania, Am’ari soffre problemi infrastrutturali dovuti al sovraffollamento e alla mancanza di spazio per espandere qualunque servizio.
​L’UNRWA gestisce un centro sanitario.Ma spazi e strutture sono insufficienti, la reperibilità di medicine è un problema insolubile, costringendo la popolazione che se lo può permettere a cercare assistenza esterna a pagamento.
​Sebbene il campo sia collegato al sistema fognario, la gestione dei rifiuti rimane una criticità. Ci sono problemi con la scarsa e razionata fornitura di acqua ed elettricità, che rendono le condizioni di vita precarie.
​ L’UNRWA gestisce due scuole all’interno del campo.
Am’ari è noto per essere uno snodo simbolico di occupazione. Continue sono le incursioni dell’esercito Israeliano (IOF, Forze di Occupazione Israeliane ), con attacchi violenti, arresti (soprattutto di giovani), feriti ed uccisioni ultimamente quasi quotidiane.
​Gli abitanti vivono in un costante stato di insicurezza. Le operazioni militari e le violenze rappresentano una minaccia costante
(seguono foto)

Altro contesto, neanche troppo distante dal campo, è quello del Parc e del suo braccio agricolo produttivo, Al-Reef, un’ong molto nota nel circuito dell’economia solidale internazionale, nata nel 1993.
Nonostante essere passata negli ultimi 5 anni per guerre, COVID, il post 7 ottobre, i piani di annessione della Cisgiordania da parte della Knesset (il parlamento israeliano), il Parc-al-Reef sta riuscendo ad espandere la sua rete commerciale, giunta quest’anno ad un ragguardevole volume di quasi due milioni e mezzo di euro, un sesto dei quali con il circuito equo e solidale italiano.
I prodotti principali sono noti ai frequentatori delle cosiddette “botteghe del mondo”: maftoul (una lavorazione elaborata e squisita del cous cous), olio, zaa’tar (il timo/sesamo mediorientale, che personalmente uso ogni giorno su ogni cibo), i datteri top Madjoul di Gerico, le mandorle, il sapone all’olio, qualche prodotto di ricamo artigianale. Tutti i prodotti sono certificati bio e Fair trade, unendo alta qualità sociale ed organolettica.
Con una parentesi personale, nei giorni convulsi dell’inizio “ufficiale” del COVID, fine febbraio 2020 (ai tempi del famoso teorico paziente zero di Codogno), stavo lavorando da mesi proprio con il Parc nel centro di formazione di Gerico e dovetti tornare al volo in Italia prima che si chiudesse tutto per anni là e qua.
Essendo un’ addetto ai lavori, avendo operato nel commercio equo per decenni, soprattutto in e con l’America Latina (i miei omologhi palestinesi sono nel frattempo andati in pensione,salvo l’attuale rais (boss) Mohammed Hmidat, vedi foto), considero da sempre il Parc uno dei produttori sociali top five della mia “carriera”, avendo esaminato e conosciuto in mezzo mondo almeno 300-400 progetti.
Quando dico ciò mi si chiede spesso chi siano gli altri: il mate dei Sem Terra brasiliani, il guaranà degli indios Sateré Maué in Amazzonia, il caffè zapatista Tatawelo del Chiapas messicano, forse la quínua agli oltre 4.000 mt delle Ande boliviane.
E per chiudere, quando qualcuno dei lettori (di manzoniana memoria😉) interagisce a questi racconti chiedendo come e cosa possiamo fare qualcosa di concreto per la Palestina, beh, acquistare i prodotti del Parc nelle botteghe del commercio equo è un piccolo e gradevolissimo gesto di solidarietà e resistenza.
Oggi Mohammed, appena tornato dalle visite agli importatori equi italiani, si diceva stupefatto e caricato dai due milioni di persone per strade e piazze in solidarietà con la Palestina.
“Basta che non finisca qui e non si creda che sia arrivata la pace”, abbiamo concluso. Con ad esempio milleduecento checkpoint che infernizzano ogni giorno ogni passaggio all’interno della Cisgiordania, che siano merci o persone
(seguono foto del campo profughi e del Parc, avendo scritto per lavoro anni fa valangate di articoli e report su di loro, stavolta non ho infierito…)

 

Enrico Semprini

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