Due poesie di Clarice Lispector
Appuntamento con “la cicala del sabato” (*)
Non comprendere
Non comprendo. Questo è così vasto che va oltre ogni comprensione.
La comprensione è sempre limitata.
Ma non comprendere può non avere confini.
Sento che sono molto più completa quando non comprendo.
Non comprendere, il modo con cui parlo, è un dono.
Non comprendere, ma non come uno spirito sempliciotto.
La cosa migliore è essere intelligenti e non comprendere.
Si tratta di una strana benedizione,
come avere una follia senza essere pazzi.
È un disinteresse mite, è una dolcezza da picchiatello.
Solo che di tanto in tanto arriva l’inquietudine:
Voglio comprendere un po’. Non troppo:
perlomeno comprendere
che non comprendo.
Io
Sono composta da urgenze:
le mie gioie sono intense;
le mie tristezze, assolute.
Mi intaso d’assenze,
Mi svuoto d’eccessi.
Non entro nello stretto,
vivo solo agli estremi.
Il poco non mi serve,
Il mezzo non mi appaga,
le metà non furono mai il mio forte!
Tutti i grandi e i piccoli momenti,
fatti d’amore e d’affetto,
sono per me memorie eterne.
Le parole possono anche conquistarmi
temporaneamente …
Ma gli atteggiamenti mi seducono
o mi perdono per sempre.
Suppongo mi capisca
non è una questione di intelligenza
ma di sentire,
entrare in contatto …
O tocchi o non tocchi.
[entrambe le traduzioni sono di Emilio Capaccio]
In “bottega” cfr «Dove siete stati di notte?» e Clarice Lispector: «Il ballerino indù»
(*) Qui, il sabato, regna “cicala”: libraia militante e molto altro, Cicala invia ad amiche/amici per 5 giorni alla settimana i versi che le piacciono. Abbiamo raggiunto uno storico accordo: lei sceglie ogni settimana i versi da regalare alla “bottega”. E se la “cicala” va in vacanza noi ci mettiamo a rovistare fra i suoi vecchi invii e recuperiamo perle in quantità. Perciò ci rivediamo qui fra 7 giorni.