Fabrizio Rufo, Gaia Vince, Giampaolo Simi con…

…Antonio Manzini, Maurizio de Giovanni, Tim Marshall

sei recensioni di Valerio Calzolaio

Il secolo nomade. Come sopravvivere al disastro climaticoGaia Vince

Traduzione di Giuliana Olivero

Bollati Boringhieri Milano 2023 (orig. 2022)

Pag. 288 euro 27

Pianeta Terra. Il secolo in corso, in particolare i prossimi ottanta anni. Nel Sud del mondo e in molte zone costiere, i cambiamenti climatici estremi spingeranno un gran numero di sapiens ad abbandonare le proprie case, a traferirsi per sopravvivere, con vaste regioni che diventeranno inabitabili. La previsione realistica è che alla fine saranno circa 3,5 miliardi. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni delle Nazioni Unite (IOM) stima che già nei prossimi trent’anni potrebbero esserci fino a 1,5 miliardi di migranti climatici. Tutti noi, o saremo tra di loro o tra coloro che li dovranno accogliere. In larga parte del Nord del pianeta, dove il clima è da millenni più confortevole, le economie faticheranno a sopravvivere ai cambiamenti demografici, con una forte carenza di forza lavoro e una popolazione anziana impoverita. Questa migrazione imponente e diversificata è già iniziata, non pianificata e male organizzata: gli spostamenti dovuti al clima si aggiungono alla massiccia migrazione già in atto, in tutto il mondo, verso le città. Il nostro sarà il secolo di un movimento umano senza precedenti, almeno per entità assoluta degli umani coinvolti e per distanze complessivamente percorse da tanti nel corso di una sola esistenza. Non è una sfida che si possa affrontare a livello individuale: rischiamo crescenti miseria, guerre, morti. Mentre ripristiniamo l’abitabilità del pianeta, dobbiamo pensare adesso a dove poter rilocalizzare questi miliardi di persone in modo sostenibile, il che richiede un’azione concertata di diplomazia internazionale, negoziati sui confini e adattamento delle città esistenti. Forse è venuto il momento di superare una certa mentalità geopolitica, l’idea, cioè, che apparteniamo a un particolare territorio e che esso ci appartenga. D’altra parte, sono le migrazioni antiche che ci hanno reso ciò che siamo (meticci): siamo scimmie sociali e tecnologiche, ci siamo evoluti cooperando e migrando.

La chimica (non a caso) bravissima giornalista scientifica Gaia Vince (1973) ha la doppia cittadinanza, inglese e australiana. Il suo terzo libro andrebbe letto urgentemente dagli studiosi di varie discipline, dai conoscenti di migranti del passato e dai paurosi degli immigrati contemporanei, e discusso bene, accettando di trarne conseguenze istituzionali e pratiche, come tutto ciò che dimostra un futuro di sconvolgimenti epocali, qui relativi alla qualità inevitabile e alla quantità enorme del fenomeno migratorio nel XXI secolo (da cui il titolo). Non sono del tutto appagato rispetto all’uso dell’aggettivo nomade per indicare l’impetuosa novità, ma il significato e la sostanza sono chiari, motivati e dirimenti. Li dice così, lei figlia e nipote di rifugiati e migranti, che ha una formazione scientifica, è vissuta in tre continenti, viaggiato spesso e molto: “la migrazione non è il problema, è la soluzione”. Le migrazioni sono inevitabili, spesso necessarie, e dovrebbero essere agevolate, un ponte indispensabile fra culture sapiens e un’opportunità per ristabilire un po’ di giustizia sociale (proprio questo fa paura ai governanti nazionalisti e ai ricchi sovranazionali, in realtà). Le persone migreranno comunque a milioni, abbiamo la possibilità di una transizione pianificata, organizzata e pacifica verso un mondo complessivamente meglio abitabile. Deve esserci un percorso dignitoso e sicuro per tutti coloro che he hanno bisogno e il bisogno non nasce solo dal rischio di persecuzioni politiche e religiose, la minaccia è pure climatica ed esistenziale, drammaticamente. Vince è una delle poche scienziate che cita opportunamente più volte i Global Compact in vigore, approvati dall’Onu a fine 2018. Nel primo capitolo (“la tempesta”) ricostruisce sinteticamente i cambiamenti climatici negli ultimi milioni di anni. Seguono una decina di approfonditi chiari capitoli sugli eventi estremi, sulla migrazione delle cose, sulle primordiali e complicate strategie migratorie, sulla ricchezza diffusa dai migranti, sull’idea (da mantenere) di nazione, sui rifugiati climatici del futuro, sulle città dell’Antropocene, sulle nuove città resilienti, sulle abitudini alimentari, su acqua ed energia, sulla rigenerazione degli ecosistemi, sempre guardando con competenza e rigore ai prossimi decenni nei vari scenari, aggiornati alle conoscenze di fine 2021. Ottimi anche gli apparati: le note, la bibliografia essenziale, utili figure e grafici utilizzati, il vasto indice dei nomi e dei luoghi. Cita mestamente Salvini, a pag. 89; per qualche aspetto positivo la Spagna, a pag. 171. Prendiamo atto della realtà, prima possibile!

 

 

 

Sarà assente l’autore – Giampaolo Simi

Sellerio Palermo 2023

Pag. 203 euro 13

 

Librerie e festival letterari italiani. Di questi tempi. Il meticoloso derelitto cinquantenne occhialuto Gianfelice Sperticato va con apprensione a presentare il suo ultimo romanzo, lontano dalla Versilia. I coniugi Adelio e Crispina Lanzoni lo hanno invitato nella loro piccola storica libreria, a tesa conduzione familiare. Arriva in treno, continuando ad appuntare i passaggi principali dell’intervento su un taccuino a quadretti. Lui ha lavorato alla struttura e allo stile del testo per quasi cinque anni, i precedenti romanzi hanno avuto scarsissima fortuna commerciale, è notoriamente critico nei confronti della grande editoria. Ora finalmente ha pubblicato Lo scempio, con l’idea di antropomorfizzare il prodotto per de-umanizzare la produzione, puntando così anche a denunciare la dittatura del bestseller sulla qualità della produzione letteraria e la pessima invadenza del genere giallo, considerato un trastullo neoconservatore. Fa l’attempato ricercatore universitario a Pisa, vive solo in un piccolo appartamento, la domenica frequenta lo sparuto gruppo degli Amici delle Erbe Spontanee dei Monti Pisani, tifa Pro Vercelli. Quel giorno estivo di settembre si presenta con insensato anticipo, subisce la sequela delle classiche dinamiche che precedono le presentazioni fallite, si rifugia nel bagnetto di servizio e prende a cazzotti e morsi il cartonato a grandezza naturale di Federigo Crudeli, esordiente autore del bruttissimo e vendutissimo Acque torbide, edito da Idra Media Group, orrendo enorme Leviatano che domina il mercato. Quella sera non riesce a ripartire, gliene capitano di tutti i colori, c’è anche il Festival della Lettura. Fatto sta che, per caso, viene a sapere che il ricco Crudeli è morto in un incidente durante il Val Formazza Noir, conosce l’avvilito direttore editoriale di Idra, concorda di scrivere lui insulsi seguiti seriali (come se Crudeli li avesse lasciati in un cassetto), lautamente pagato. E la vita evolve per tutti. Forse.

L’ottimo scrittore e sceneggiatore toscano Giampaolo Simi (Viareggio, 1965), protagonista del Premio Camaiore di Letteratura Gialla dal 2003 al 2013, vincitore del Premio Scerbanenco nel 2015, qui accantona Corbo, si e ci diverte narrando del mondo che gli turbina accanto come autore, i tic e le idiosincrasie delle personalità (i nomi sono inventati) della scrittura, della letteratura e dell’editoria italiane (da cui l’evocativo titolo). La narrazione del godibile romanzo breve è in terza al passato, fissa sul protagonista. L’editore di Sperticato è Mitopoiesis, “piccolo e coraggioso… il più antico editore abruzzese”. Lui spiega allo sconosciuto signore incontrato che stanno ancora a Cepegatti, vicino a Chieti, “vicini al territorio, lontano dai centri di potere romani o milanesi che siano… e dalle abiette logiche di mercato”. L’altro allora si presenta, naso imponente e butterato, capelli candidi ma indiavolati, sopracciglia foltissime e nere: Armando Vinciguerra, direttore editoriale di Idra. Sono entrambi scossi e Sperticato viene ospitato su un canapè ottomano nella suite a più livelli con terrazza panoramica (sui campanili illuminati della città) dell’Hotel dei Cavalieri. La mattina dopo trova Vinciguerra singhiozzante sull’orlo del suicidio, così prende corpo il loro colossale intrigo di cui poi seguiamo la buffa evoluzione per oltre un anno, fino al Natale dell’anno successivo, i tempi scanditi dalla produzione e circuitazione di bestseller. E all’università Sperticato si trova costretto a citare Gramsci, durante l’accademica giornata di studi sul giallo italiano. Insomma gli otto capitoli scorrono con arguzia e competenza tra satira e costume, con dialoghi surreali, deferenze iperboliche e parecchi umorismi, comicità, ironie, autoironie. Intanto Sperticato sugge spritz.

 

 

Sorelle – Maurizio de Giovanni

Rizzoli Milano 2023

Pag. 268 euro 19

 

Napoli e Roma. 1993 e oggi (dicembre). La Mora riservata appartata Sara Morozzi, nonna in buon retiro, e la Bionda esuberante appariscente Teresa Pandolfi, dirigente ancora in attività dell’Unità segreta dei Servizi, hanno lavorato a lungo insieme e sono sorelle, a loro modo. Un mese dopo aver affrontato in parallelo il drammatico evento del Bombardiere, Teresa viene segregata e tenuta drogata per capire che documenti possa avere sull’intera vicenda. Due attempati esperti marpioni, un avvocato dalla chioma candida e un dottore dai radi capelli grigi, discutono su come evitare che dalla falla tracimi liquido che metta davvero in pericolo il Sistema che li protegge e i loro affari. Sara non ha più sentito Teresa, sta giocando col nipotino Massi e pensando al chirurgo romeno Nico reincontrato dopo decenni, le manda un messaggio ma non ha risposta. E comincia a preoccuparsi, non è da lei. Chiama così presto a raccolta la sua squadra informale: l’ex collega Andrea Catapano, ipersensibile vecchio misantropo non vedente, la giornalista part time Viola, ex compagna del figlio morto e mamma di Massi, l’ispettore Davide Pardo, già coinvolto in precedenti inchieste e sempre in compagnia di un Bovaro del Bernese. Capiscono subito che qualche superiore di Teresa deve essere coinvolto nella sua sparizione e che potrebbe essere d’aiuto rintracciare fascicoli su un antico illegale smaltimento di rifiuti speciali tossici che giungevano (e giungono) nel Sud Italia in camion anonimi dal Nord industriale, protetti dalla criminalità organizzata e da istituzioni deviate internazionali, per poter essere stivati nei container e trasportati infine verso l’Est Europa, sulla base di un complicato e consolidato sistema di connivenze e corruzione. Sarà necessario inventarsi di tutto pur di salvare una persona cara.

Consolida sempre più il successo la nuova interessante serie di Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958), letteratura noir sentimentale (finora un racconto lungo e sei romanzi 2018-2023). Sara risolve sempre insieme tristi intrighi e controversi dilemmi, sia antichi che contemporanei, ancora nella stessa città metropolitana del tifosissimo autore. Mora era una brillante graduata della Polizia di Stato, sposata con prole, prima di entrare nella sede napoletana dell’unità speciale che veglia sulla sicurezza nazionale e poi di innamorarsi del bravo leale democratico Capo, Massimiliano, più vecchio di 23 anni, intensamente ricambiata. L’amore sbocciò nel 1993, durante la vicenda ricordata in questo bel romanzo, quando il Capo inviò undici rose rosse per Sara a casa di Teresa, che la stava ospitando. In potenziale attesa di lui Sara aveva già abbandonato un marito fedele e un pargolo piccolo, conducendo poi con fermezza e coerenza un’altra esistenza in coppia, nel lavoro e fuori, finché si era ammalato. Sara aveva così lasciato tutto, ritirata a vita privata per assisterlo. Da qualche anno sono morti Massi, 76enne e il figlio Giorgio. Lei, “vedova” e nonna, ha ormai da un po’ superato i 55 anni, si è nascosta da tutto e tutti, donna socialmente “invisibile”, pur colta e vivace (mantiene segretamente il meticoloso archivio), riservata e sostanziosa (in copertina la si mostra in forma con le mani dell’amica sulle sbarre), tuttora vigile investigatrice e adesso sorprendentemente stimolata a nuove emozioni (forse per la riapparizione di Nico). Teresa le aveva esplicitamente detto che erano “due sorelle che si sono scelte”, una coppia perfetta di sorelle speculari, “diverse” e “sbagliate”, che hanno continuato a sentirsi tali l’una per l’altra, unite per sempre (da cui il titolo), anche quando ora la Bionda rasata finisce rinchiusa in un convento di sorelle suore nel convento di Canzanella sull’Appennino. La narrazione è come al solito in terza persona varia al passato, un poco su tutti i vari personaggi (torna ovviamente pure l’ometto potente e crudele, qui contrastato efficacemente dalla Bianco), in prevalenza su Sara, filo conduttore di tante esistenze. La prima parte contiene vari inserti ambientati nel 1993, le indagini sul passato si ricollegano a quelle in corso, criminali e interiori. Risultano simpatiche, al termine del testo, le schede sui personaggi principali, destinati comunque a tornare: quattro donne, quattro uomini e un cane.

 

 

ELP – Antonio Manzini

Sellerio Palermo 2023

Pag. 537 euro 17

Val d’Aosta e dintorni (anche francesi e svizzeri). Due settimane di aprile 2014. Il burbero vicequestore Rocco Schiavone s’annoia. In piazza giustamente gli ambientalisti manifestano davanti alla Regione, in tutt’Italia è la giornata del pianeta pulito. Lui beve un caffè al bar di Ettore (che ha preso Porzia, uno dei tre cuccioli di Lupa) e sceglie di andare a vedere da vicino, non riesce proprio a dar torto ai tanti giovani dimostranti. Anche alla questura di Aosta arrivano notizie preoccupate e allarmi ministeriali sulle efficaci azioni di protesta dell’Esercito di Liberazione del Pianeta, acronimo ELP, simbolo con quattro bastoncini verticali in un cerchio (in copertina, su schizzo dell’autore). Rocco incrocia l’ispettrice Caterina, sta correndo con un collega da una moglie maltrattata, la quale non fa denunce, e, quando lei torna, decide allora di pensarci lui al marito violento, tal Roberto Novailloz, carrozziere: gli dà appuntamento e lo mena in un angolo fra due vie, fuori dalle telecamere. Il fatto è che la mattina dopo il maltrattatore viene trovato ucciso, potrebbe essere invischiato in una storia di traffici illeciti (seguita anche dai carabinieri), ed è un delitto che va risolto in fretta se il vicequestore non vuole essere messo di mezzo. Rocco accoglie volentieri anche il caro amico ladro Brizio, che deve allontanarsi da Roma, e forse può dargli una mano. La distrazione viene dall’arrivo di ELP anche sulle Alpi e da due contemporanei strani episodi di vero ecoterrorismo, incongruenti ed esagerati: l’incendio ai locali di un tassidermista e l’omicidio di un ricco industriale con una lettera imbottita di tritolo. Servizi e questore sono certi della prima rivendicazione, Schiavone no, si convince sempre più che sia una vicenda connessa a storie e interessi familiari. Le due indagini all’inizio viaggiano parallele e non sono destinate a intersecarsi, se non per le prove faticose che impongono alla squadra mobile e alla scientifica, ogni componente con i propri attimi felici e guai: pedinamenti diurni e appostamenti notturni, minuziose autopsie e verifiche di laboratorio, consulenze grafologiche e fonetiche, pensieri individuali e azioni in coppia, convulse fumanti riunioni.

Dodicesimo godibilissimo romanzo con Schiavone per l’attore e regista di teatro Antonio Manzini (Roma, 1964), eccelsa serie concepita come opera unica “alla ricerca del tempo perduto”. Oltre ai connessi tredici racconti, a ottimi sette romanzi e due racconti “altri”, dal 2013 finora ha narrato venti mesi valdostani del suo personaggio romano (con incisi sul passato e “apparizioni” affettuose della moglie uccisa Marina), sempre con uno straordinario meritato successo (anche in televisione, spassosa e coinvolgente la quinta stagione, uno dei più grandi successi della storia di Rai Fiction, ora la sesta stagione è in forse). Nella nuova avventura il contingente processo di desertificazione interiore (il continuo circuito di inedia e rabbia, illusioni e delusioni) è confermato dall’infelicità e dalla solitudine amorosa di Rocco (reincontra Caterina, Nora e Sandra, in vario modo; coinvolto dagli amici si concede qualche ora riottosa con una rossa invitante prostituta in una casa di gioco e piacere), la mestizia affievolita prima dalla simpatia istintiva (a distanza) poi dal tifo consapevole (contiguo) per i ragazzi ecologisti. Via via che si giunge al concitato finale, alcune opinioni di Rocco si fanno più esplicite: fastidio fisico per la violenza maschile contro le donne e umana contro l’ambiente; senso di enorme noia per il troppo populismo della recente politica; consapevolezza del difetto più grave, specie in Italia, collettivo e individuale, quello di negare il passato e giustificare i danni inferti. La narrazione avviene in terza persona varia al passato (quasi sempre su Rocco), lo stile appare sempre curato e coerente fra commozione e sorriso, i dialoghi affiatati e divertenti, il titolo connesso ai fattivi ribelli contro chi inquina e copre. Il protagonista non rinuncia a Loden e Clarks, si rilassa con le solite canne non solo di prima mattina (ma servirebbe un boudoir in ufficio!), sottolinea alcune autorali rotture di coglioni ai diversificati livelli: scassacazzi inconsapevoli (sesto), caffè di merda (settimo), matrimoni, ignavi, password e scassacazzi sapienti come Costa e Schiavone stesso (ottavo), gli scassacazzi dittatori e gli omicidi (decimo, talora con pessima lode). Rocco non riesce a ignorare orrori ricordi lacrime, si concentra solo sull’indagine, con tanta pazienza e il solito acume (anche nel gestire i suoi uomini e donne). Tutti gli altri e le altre della squadra aggiornano propri casini e passioni: stanno per sposarsi Michela e Alberto (“la cosa più simile a degli amici” ad Aosta per Rocco), ma questa volta al centro c’è l’insopportabile D’Intino (un suo colpo per sbaglio era costato un rene al vicequestore), visto che nella propria minuscola mansarda arrivano da Mozzagrogna l’amata vedova Pupa Iezzi, accompagnata dalla madre e da nove valigie. Gli amici d’infanzia Brizio e Furio, abbastanza fuorilegge, ormai vengono arruolati e arruolano. Come sempre tanti libri nelle righe o fra di esse, tanti personaggi definiti dagli animali cui assomigliano (fra cui il barracuda Pietro Rakovic). Segnalo che a Milano Gabriele sembra scomparso. Whisky e rum sì, se è vino questa volta Vermentino ligure Colli di Luni (accompagnato da Vivaldi, in sottofondo). Da pischelli si godevano Friends di Mike Francis.

 

 

La terza dimensione delle mappe. Come la geografia dello spazio deciderà il nostro futuro – Tim Marshall

Trad. Sara Caraffini e Giuseppe Maugeri

Garzanti 2023 (orig. 2023 The Future of Geography)

Pag. 271 euro 19

 

Spazio. Oggi (ieri e soprattutto domani). Lo spazio ha plasmato la vita umana sin dai suoi primordi. I cieli e le stelle hanno ispirato i miti della creazione, suggerito ovunque racconti e leggende, influenzato tutte le culture e stimolato il progresso scientifico. Gli scienziati ipotizzano che già nel tardo Paleolitico i sapiens studiassero le stelle e i primi astronomi usassero i calendari (portatili) mentre si spostavano nei lunghi viaggi legati alla caccia e alle migrazioni. Le valutazioni sugli astri per stabilire quando mettersi in marcia o, poi, quando seminare hanno lasciato tracce su pietre in tanti siti, con un impulso sostanziale legato alla matematica e alla scrittura (“astrolabio” in greco significa “che prende le stelle”). Nei secoli moderni e contemporanei, in maniera graduale, ma non completa, la religione organizzata nei paesi tecnologicamente avanzati si è ritirata nei propri templi e la scienza ha più e meglio occupato la sfera temporale, approfondendo le tre dimensioni dello spazio, altezza larghezza lunghezza (Newton), e la quarta con il tempo (Einstein). Le implicazioni della meccanica quantistica e dello spazio-tempo stanno aprendo nuove strade e nuove domande, le risposte andranno trovate mano a mano che ci allontaniamo dalla Terra. Sarà sempre più cosi: lo spazio diventerà un tema fondamentale per la geopolitica del XXI secolo. Se dobbiamo farci strada nella prossima Era Spaziale dell’astropolitica, possibilmente in modo pacifico e collaborativo, dobbiamo comprendere lo spazio nei suoi contesti geografici, storici, politici e militari. Oggi ci sono tre attori principali (Cina, Stati Uniti e Russia), molte altre nazioni e soggetti che agiscono autonomamente nel settore spaziale (fra i quali Unione Europea e Italia) e altre nazioni e privati che vogliono comunque avere voce in capitolo.

Il bravo colto giornalista e analista inglese Timothy John Tim Marshall (1959) ha scritto un ennesimo interessante libro per orientarsi nella conquista umana dello spazio, dopo quelli, fra gli altri, con le dieci “mappe” che spiegano e sulle centinaia di muri che dividono. La prima parte affronta il passato (“Il sentiero per le stelle”), quello remoto nel capitolo “guardare in alto”, quello dell’ultimo secolo nel capitolo “la strada verso i cieli”. La seconda parte esamina i progetti in corso (“Proprio qui, proprio ora”) con due capitoli introduttivi, di carattere generale, e quattro capitoli sui singoli paesi protagonisti (Cina, Stati Uniti, Russia in declino, gli altri). Le premesse essenziali vanno sottolineate: la geografia dello spazio comincia dalla Terra, perché per prima cosa dobbiamo trovare la via per salire (per esempio, meglio lanciare i razzi in direzione est e in aree prevalentemente disabitate) e lassù già sta diventando un ambiente congestionato; le norme internazionali esistenti sono terribilmente datate e troppo vaghe per essere attuali, non si capisce nemmeno bene a quale altezza finisca il “territorio” sovrano di una nazione e, pure sopra, le dinamiche di concorrenza e conflitto rischiano di prevalere, per esempio sull’irrisolta questione dei detriti. La terza parte guarda al “futuro passato”, alle guerre spaziali e al mondo di domani. Ognuno dei dieci capitoli ha una frase significativa in esergo e si apre con una grande foto a doppia pagina, in bianco e nero. La narrazione è accurata, piena di spunti (pure terminologici e culturali), briosa e competente, con riferimenti trasversali. “Quello che è certo è che continueremo ad avventurarci sempre più lontano dalla Terra. Ci stabiliremo sulla Luna. Vivremo su Marte e oltre”. Meglio farlo in pace. In fondo bibliografia scelta e indice dei nomi.

 

 

 

Scienza e bene pubblico. Cittadinanza, conoscenza, democrazia – Fabrizio Rufo

Donzelli Roma 2023

Pag. 128 euro 17

 

Sapere scientifico. 2019-2022. Fin dagli albori della modernità la conoscenza rappresenta un bene pubblico di primaria importanza. Eppure, nonostante il decisore pubblico si trovi sempre più di fronte a scelte che riguardano materie ad alto contenuto tecnico, esiste una sostanziale assenza, almeno nel nostro paese, di un inquadramento e di una relazione istituzionalmente stabile tra conoscenza e decisione, entrambe intese come attributi della sfera pubblica democratica. La conoscenza non dovrebbe essere semplice speculazione, bensì anche e soprattutto la ricerca di regole d’azione, la sua funzione principale è quella di produrre risultati per una progressiva e democratica trasformazione della società. La conoscenza è un’elaborazione molto più avanzata e raffinata dell’informazione, perché richiede, innanzitutto, la capacità di creare connessioni, è un bene relazionale e attivo, non statico e circoscritto. In una visione reticolare (e non gerarchica) della conoscenza assume un ruolo decisivo la “cittadinanza scientifica”: il diritto di chiedere e ricevere informazioni; il diritto di accesso a dati aperti e grezzi; il diritto di consultazione e partecipazione rispetto alle decisioni; il diritto alla collaborazione nella definizione di questioni sociali science-based. Il progresso del sapere scientifico è dunque un valore che deve essere costantemente nutrito di cultura democratica, grazie alla quale diventa possibile ampliare, diffondere e consolidare quell’etica della conoscenza che può e deve regolarlo.

Il colto acuto docente di Bioetica (a Roma) Fabrizio Rufo (1966) considera da sempre la scienza un fatto sociale troppo importante per ignorarne gli effetti nelle profonde e quotidiane modifiche delle nostre azioni (lavoro, salute, alimentazione, tempo libero) e del mondo in cui viviamo. Il volume raccoglie spunti contenuti in saggi stesi per volumi collettanei tra il 2019 e il 2020, integrati e rielaborati in tre capitoli, e un quarto capitolo inedito (il terzo in ordine di pubblicazione). Dopo la premessa si alternano due argomenti teorici e due casi concreti (di biografia scientifica ed ecosistema urbano): il rapporto tra scienza e democrazia (il più lungo); Giovanni Berlinguer, la politica come etica sociale; la salute e l’etica del lavoro; Roma, la città della scienza (il più breve). Il primo inquadra l’intero testo in una “proposta pragmatista”, riprendendo le riflessioni di Giulio Preti, John Dewey e Philip Kitcher, rispondendo efficacemente ai critici della scienza e ai critici della democrazia e definendo il paradigma della bioetica. Il secondo riassume lo straordinario contributo scientifico e civile di Giovanni Berlinguer (Sassari, 1924 – Roma, 2015), dalla tesi di laurea in medicina nel 1952 (sulle differenze di mortalità nei quartieri romani) agli scritti su malattie, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro degli anni successivi, dal decisivo contributo parlamentare e normativo nei Settanta alla bioetica istituzionale e quotidiana dei decenni successivi (contro sia la critica radicale della scienza che lo scientismo). Il terzo affronta storica polisemia di significati e persistenti dilemmi etici legati al nesso salute-lavoro, con attenzione particolare alle prime esperienze di citizen science. Il quarto conferma l’esigenza antica e duratura di considerare Roma una capitale sovranazionale del sapere scientifico, con dovizia di studi e informazioni. In fondo un utile indice delle tante personalità richiamate (Berlinguer, Dewey e Gramsci i più citati, Pietro Greco un paio di volte).

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

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