Fragile .. civile la poesia di Davide Argnani
di Sandro Sardella
ci sono libri che come massi erratici affiorano .. dagli
anni .. dall’accatastamento .. dal disordine e .. in questi
giorni mi è ritornato tra le mani “STARI MOST” del poeta
Davide Argnani di Forlì classe 1939 ..
lo incontrai qualche volta negli anni’80 durante la viva
esperienza di “abiti-lavoro” – quaderni di scrittura operaia
.. di lui mi ricordo il suo sguardo intenso e mite .. la sua
presenza umile ed attenta .. e la sua poesia fresca vivace
e fine ..
così .. ho riletto questo libro .. la buona poesia non ha
scadenza!!! .. libro che si colloca nel momento in cui viene
abbattuto il ponte di Mostar durante la guerra nell’ex
Yugoslavia .. le sue parole sono vive e dentro nell’oggi
(ancora .. ) .. ma preziosa è la fattura del libro .. pubblicato
da Campanotto Editore di Pasian di Prato (Udine) nel 1998
.. “STARI MOST Il ponte vecchio di Mostar” – poesie 93-98
(versione croato tedesco inglese di Luci Zuvela, Francesca
de Manzoni, George Peter Russel – prefazione di Maurizio
Pallante – testimonianza di Predrag Matvejevic –
illustrazioni di Dinko Glibo) .. ..
*
Ipocrita il destino
di questa voce che m’urge
dentro come
vento nella grotta
lontano dagli uomini
giusto non credere
al vero delle proposizioni
perché si gioca a scacchi
la vita nei club
sangue che corre nelle vene
va fuori dalle righe
le linee son sono mai dritte
il vento smuove
per inventarsi un destino
ipocrita la verità
alta la bugia
andiamo ai massacri
come nei boschi
a cacciare
orchi e fringuelli
gnomi e farfalle
la mano dei galli
il pugno dei macedoni
più forte l’albero delle pioppe
in quest’ora
eterna
di sciacalli
malumore
interessi e invidie
corsaro il tempo e le idee
la storia gocciola giochi estremi
e l’uomo va a fanfaluche
senza rimorsi perde la memoria
lacrime di clown
*
Attraversando le case vuote
ho udito il peso del silenzio
sdrucciolare sopra le foglie
sopra gli alberi
dentro i buchi dei muri
all’approssimarsi dell’inverno
restare in ascolto
ai silenzi dell’estate dopo
attraversando le case vuote
schiamazzi risate a squarciagola
caciare di bocche cucite
appoggiato al muro
tocco con mano la realtà delle cose
e mi affretto osando il gesto
restano statue a bocca aperta
sui volti all’infinito
del punto interrogativo
come ho detto
guardano in cagnesco
come a uno straniero
e filo via
Qui
tra le case vuote
hanno dimenticato
di vivere
*
I piedi scalzi
della ragazza
a ventanni
penzoloni
sulle cime dei fiori
sulla punta dell’erba
sangue celeste
fiotto fatto
incedere
dal cappio al collo
sul ramo delle ciliegie
maliarda morte
all’inviso covile
della coscienza