Genio e sregolatezza di Aryan Kaganof

Articolo di Raphael D’Abdon (postato mercoledì 22 settembre) Agli occhi di chi ha avuto modo di leggere l’ultimo post di questo mio neonato blog di poesia africana, il nome di Aryan Kaganof risulterà familiare. L’intera parte finale di quell’articolo (pubblicato a suo tempo nella rivista “Aut Aut“) è infatti dedicata alla cronaca di un triste episodio che vide Kaganof, suo malgrado, protagonista di un grave caso di censura da parte dell’autorità pubblica sudafricana.

Chi conosce il Sudafrica odierno in maniera un po’ più approfondita di quanto normalmente accade fra gli “esperti” italiani del settore, non sarà rimasto affatto stupito dinnanzi a tale notizia, e avrà intuito facilmente come non sia stato un caso che il tribunale della cyber-inquisizione del “Nuovo Sudafrica” abbia abbattuto la propria scure proprio su Kaganof, personaggio pasolinano dalla lingua e dalla penna taglienti, spesso abituato (come nella poesia “sul politically correct”, che potete leggere a seguito) a denunciare e smascherare gli aspetti più grotteschi e paradossali di quella che in maniera ipocrita viene ancora definita, dai peggio informati, la “Nazione Arcobaleno”.
Molti dei poeti più giovani che animano e animeranno questo blog sono infatti vere e proprie spine nel fianco della cosiddetta “democrazia” sudafricana e i loro versi rappresentano le voci di acuti osservatori delle tribolate società in cui vivono e operano. I loro sono spesso versi di denuncia, rabbia, delusione, ma anche (o soprattutto) canti di autoaffermazione e di liberazione di sé e della propria comunità, provenienti dal cuore pulsante di uno scenario culturale, sociale e politico altrimenti vacuo e decadente. I loro sono altresì versi che scuotono dalle fondamenta l’edificio di menzogne su cui è nata e si è costruita la cosidetta “democrazia” sudafricana, e per questo sono osservati con timore e sospetto da chi, direttamente o meno, si ostina ancor’oggi a sostenere l’impianto ammuffito del potere costituito.

Un esempio adamantino che distilla in maniera sublime quanto sinora affermato, ce lo offre proprio Kaganof il quale, caustico, ci regala una spietata radiografia del Sudafrica odierno nei versi finali della poesia “The rainbow homeless (reprise)”:

merely turning round isn’t a revolution
neither is a government
of black gnats on a golf course
while the indigent
remain the major resident
of the land lack
which was from them taken
but never given back
despite the voting
and other elaborate forms
of time wasting

(pubblicata in We Are…, Natalia Molebatsi (ed.), Penguin, Johannesburg, 2008, pp. 30)

Musicista, romanziere, saggista, filmmaker e documentarista geniale e innovativo,  Kaganof è soprattutto, per quello che ci riguarda in questa sede, un poeta raffinato, aperto alle più svariate sperimentazioni e il curatore di un blog (www.kagablog.com) che in questi anni si è affermato come un vero e proprio punto di riferimento per decine di contributors e migliaia di visitatori, sudafricani, ma non solo. L’appassionato di poesia che vorrà approfondire la propria conoscenza sul poliedrico artista Aryan Kaganof potrà trovare una quantità pressoché illimitata di materiale nel suo sito web, nel blog e e nei link suggeriti a seguito. Buona lettura.

Note biografiche:
Aryan kaganof è un progetto dell’ AFRICAN NOISE FOUNDATION
Articoli su Aryan Kaganof:
http://kaganof.com/kagablog/2010/08…
Websites:
www.kaganof.com
www.smssugarman.com
Blog:
www.kagablog.com

Link ad altre poesie di Aryan Kaganof tradotte in italiano (le prime due poesie sono state pubblicate, sempre con la traduzione di Raffaella Malaguti in: I nostri semi – Peo tsa rona. Poeti sudafricani del post-apartheid, a cura di Raphael D’Abdon, Mangrovie, Napoli, 2007 (pp. 136-143).
http://kaganof.com/kagablog/2007/03…
http://kaganof.com/kagablog/2007/03…
http://kaganof.com/kagablog/2006/03…
PICCOLA NOTA
Spero che troverete spesso Raphael D’Abdon su questo blog. In ogni caso se siete appassionati di poesia e/o partecipi della mai finita lotta dei popoli sudafricani… andate sul suo blog. Io ne godrò meno di voi perchè non sono anglofono; la battuta è:  ho impsarato solo tre parole inglesi e sono yankee go home.
Aggiungo che se il disco del mio computer non si fosse rotto, cancellando così la memoria (e un muuuuuucchio di indirizzi), avrei recuperato una mia recensione a I nostri semi – Peo tsa rona. Poeti sudafricani del post-apartheid, la bell’antologia (con cd)  curata da Raphael. In ogni caso ve lo consiglio con tutto il cuoricino che mi resta.

Redazione
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