Giuseppe Sartorio, il Michelangelo delle tombe

Un breve articolo sul cimitero di Bonaria a Cagliari più due notarelle “al volo”

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Sembra ancora vivo Efisino Devoto nella statua di Giuseppe Maria Sartorio che si trova nella cappella di famiglia al cimitero di Bonaria. Così si spiega la scritta, sospesa fra stupore e dolorosa pazzia, che si legge lì: «Cattivo, perché non ti risvegli?».

Periodicamente si riparla di cosa fare dell’antico – meraviglioso ma in parte degradato – cimitero monumentale di Cagliari e di chi debba occuparsene (il pubblico, i privati, entrambi?): ovvio che «un parco urbano» con visite guidate sarebbe l’ideale ma il progetto d’insieme e i tempi certi ancora mancano. Persino il sito web risulta in costruzione, brutto segnale.

Il cimitero monumentale di Bonaria venne inaugurato il 1 gennaio 1829, figlio dell’epidemia di colera di tre anni prima e delle nuove regole napoleoniche sulla pubblica igiene. Furono sepolti a Bonaria molti “illustri”: dall’archeologo Giovanni Spano al tenore Piero Schiavazzi, dal sindaco Ottone Bacaredda all’architetto Francesco Giarrizzo.

Si chiedeva Ugo Foscolo se «all’ombra de’ cipressi e dentro l’urne confortate di pianto» fosse meno duro «il sonno della morte». Di certo alcune tombe a Bonaria restano ancora nella memoria perché Giuseppe Sartorio ha saputo farne simulacri magici. Non a caso lo chiamarono «il Michelangelo dei morti» o «lo scultore fotografico» (per i dettagli perfetti). Piemontese d’origine ma sardo ad honorem, Sartorio fu soprattutto maestro nel ritrarre donne e bimbi. La notte del 19 settembre 1922 scomparve misteriosamente in mare – come il fisico Ettore Majorana nel 1938 – durante la traversata sul piroscafo.

La statua di Efisino, nonostante il tempo e l’incuria l’abbiano danneggiata, tuttora impressiona per il verismo. Così molte altre di Sartorio nel Bonaria: specie quelle di Jenny Nurchis, morta giovanissima, e di Luigia Oppo con uno scialle di merletti minuzioso in modo quasi maniacale.

Sono tanti gli scultori bravi ma evidentemente Sartorio aveva qualcosa in più, calamitando sguardi e sfide. Lo ricordano una storia dell’ottobre 1894 e una del febbraio 2009. Quando Caterina Devoto morì suicida, il prete Luigi Pinna non volle farla seppellire al Bonaria, in terra “santa”. Il padre di lei si adirò e diede l’incarico a Sartorio di costruire una tomba-tempio sul punto più alto della collina per farsi beffe di chi non l’aveva voluta nel cimitero. L’altra vicenda è recente, a Iglesias: la statua di Sartorio della famosa «bambina col cerchio» – cioè Zaira Deplano Pinna – è stata deturpata, a quanto pare da satanisti.

Nel 2015 il Comune di Cagliari dichiarò decaduta la concessione di 12 cappelle del cimitero di Bonaria. Le famiglie non se ne occupavano, dunque cadevano a pezzi. Fra queste 12 anche la tomba di Efisino e quelle della famiglia Nurchis dove sono sepolte le sorelle Amina e Jenny. In una intervista video raccolta da Piera Serusi – «L’unione sarda» del 1 novembre 2015 – Nicola Castangia, coordinatore per la valorizzazione del cimitero monumentale, spiegava: «Le tragedie familiari spesso finiscono per essere dimenticate. Ma tante volte accade perché una discendenza non c’è più». Ma se le famiglie si sono estinte restano questi monumenti di incredibile bellezza, dolore e speranza che sono patrimonio di tutti.

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Fin qui un mio breve articolo, apparso qualche giorno fa – al solito: parola più e parola meno – sul quotidiano «L’unione sarda». Vi invito a guardare in rete un po’ di immagini di Sartorio e a stupirvi ma purtroppo non esiste un “portfolio” adeguato; o se esiste io non l’ho trovato. Qui sotto aggiungo in fretta qualcosa sullo scultore, anche perché ho trovato una buffa storia su Roma che non conoscevo.

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1 – LAVORI IN CORSO A CAGLIARI

Fra gli ultimi progetti di restauro al Bonaria di Cagliari uno riguarda la Cappella Setti, eretta in cima alla collina che domina il camposanto, sotto la direzione e su disegno di Sartorio. Il progetto è dell’architetto Moi – che conosco e dunque spero mi terrà aggiornato – e del restauratore Asuni: come molte altre persone sono convinto che Sartorio avesse uno stile inconfondibile, fra realismo e simbolismo, che affascina ancora oggi. Mi entusiasma avere la conferma che qualcosa, ma io spero molto, di questa bellezza si salverà e tornerà visibile a tutte/i.

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2 – DA www.placidasignora.com RIPRENDO QUESTA STORIA

«E a Firenze, all’incirca verso la metà di via Cavour, in un cortile interno a cinque metri d’altezza si trova una piccola finestra alla quale, tra due vasi di fiori, è affacciata una deliziosa bimba dai lunghi capelli che guarda il cielo tenendosi il volto fra le mani; non si muove mai di lì, perché è fatta di pietra.

(Foto©StefanoMagherini) 

Altra finestra simile si trova a Roma, in via Tiburtina poco prima di San Lorenzo. Fa parte di quello che viene normalmente chiamato “il Palazzo Decorato”, costruzione già di per sé affascinante per il bizzarro miscuglio di stili che lo caratterizza: uno stranissimo incrocio fra palladiano, rinascimentale, barocco…
A questa finestra, una bifora, si affaccia un anziano uomo dalla fluente barba riccia, berretto settecentesco e un binocolo in mano; alla sua destra un’elegante signora e alla sinistra una ragazza in costume ciociaro: tutti e tre guardano per strada e ridono con gusto. Attorno a loro una ricca tenda di pizzo: la cosa particolare è che tutte e tre le figure, tenda compresa, sono in terracotta rossa.

(Foto©SanLorenzoRoma)

Una leggenda racconta che si tratti del proprietario del palazzo il quale, assieme alla moglie e una servetta, guardando passare sotto la finestra un funerale, schernì ridendo il corteo diretto al Cimitero Monumentale del Verano. Dio li punì pietrificandoli. In realtà la curiosa opera è da attribuirsi a Giuseppe Maria Sartorio […] E proprio Sartorio aveva fatto costruire quel palazzo, aprendo al primo piano la sua bottega/scuola di scultura».

 

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Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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