Honduras: illegale pillola d’emergenza

di David Lifodi

Tra qualche giorno l’Honduras rischia di incamminarsi su una strada senza ritorno per quanto riguarda i diritti riproduttivi delle donne: è infatti assai probabile che il Congresso voti un progetto di legge in base al quale le donne che abbiano assunto la pillola del giorno dopo finiscano in carcere.

Per quanto riguarda i diritti delle donne l’Honduras era già entrato nel Medioevo dall’estate 2009. Il 28 Giugno di quell’anno Manuel Zelaya, presidente democraticamente eletto, fu rovesciato da un colpo di stato (il primo dell’era Obama) che condusse al governo prima Roberto Micheletti e, in seguito ad elezioni-farsa, Porfirio Lobo, attuale mandatario de-facto del paese centroamericano. Tutti conoscono la brutale repressione del regime, che prosegue quotidianamente, contro il forte movimento di protesta popolare, ma da quel giorno, in Honduras, non sono stati cancellati soltanto i più elementari diritti democratici, ma anche quelli riproduttivi. Già dal primo giorno successivo al golpe si cominciò a ragionare sulla proibizione della pillola del giorno dopo, anche nel caso di violenza sessuale: vietata la vendita, l’utilizzo e la distribuzione. Il colpo di mano era stato preparato da tempo ad opera della forte lobby cattolica e reazionaria legata all’Opus Dei, molto vicina agli ambienti golpisti: lo scopo era quello di riprendersi con la forza ciò che era stato tolto loro da Manuel Zelaya. L’allora presidente honduregno era finito nel mirino dei media, anche italiani, solo per aver espresso la sua volontà di modificare una Costituzione risalente al 1982 e scritta su misura per la ricca oligarchia nazionale. Tra le timide riforme su cui Zelaya stava lavorando figurava anche l’abolizione del divieto di utilizzo della pillola d’emergenza, imposta con il Decreto 54 del 2009 dalla deputata ultraconservatrice Martha Lorena Alvarado, del Partito Liberale. Non sono servite a nulla le proteste dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha definito non abortiva la pillola del giorno dopo, e nemmeno la Commissione Interamericana per i Diritti Umani è riuscita a fermare quello che si configura come un vero e proprio attacco frontale ai diritti riproduttivi delle donne honduregne. Golpista convinta, Martha Lorena Alvarado sostiene di voler tutelare il genere femminile: è paradossale poiché, soprattutto nei primi mesi seguìti al rovesciamento di Zelaya, la polizia del regime ha commesso violenze di ogni genere nei confronti delle donne attiviste e militanti nel Frente Nacional de Resistencia Popular (Frnp). Una commissione internazionale per i diritti umani, giunta nel paese ad agosto 2011, ha registrato oltre quattrocento casi di violenze ( spesso anche sessuali) ai danni delle donne. Si parla di vere e proprie squadracce assoldate dal regime per attaccare in modo premeditato le attiviste coinvolte nel movimento di resistenza. Uno degli episodi più odiosi, poco dopo il golpe, fu quello che vide coinvolta la transgender Vicky Hernandez Castillo, uccisa in quanto “colpevole” di non aver rispettato il coprifuoco imposto dal regime. Il “democratico” stato honduregno, ormai ammesso di nuovo a tutti i consessi delle Americhe come se nulla fosse, ha sempre negato l’autorizzazione a procedere con un’autopsia. Tuttora le donne honduregne che militano nella resistenza ricevono quotidianamente, nel migliore dei casi, minacce di morte tramite mail o chiamate telefoniche dalla polizia e dai militari. Martha Lorena Alvarado ed il suo blocco ultraconservatore hanno sempre taciuto su tutto questo, ma hanno ignorato almeno un’altra buona motivazione per la quale la società civile chiede con forza il ripristino del libero utilizzo della pillola d’emergenza. L’Honduras è il paese del Centroamerica con il più alto tasso di gravidanze tra adolescenti (spesso derivanti da violenze sessuali), oltre ad aver raggiunto il livello di violenza sulle donne presente in un paese enormemente più esteso e popolato quale è il Messico. Nei primi mesi del 2012 si contano già cinquanta vittime, mentre tra il 2010 ed il 2011 ne sono state registrate più di settecento. La sola persona in grado di scongiurare il progetto di legge che prevede il carcere per le donne che fanno uso della pillola del giorno dopo è Juan Orlando Hernández. Presidente del Congresso, Hernández appartiene al Partito Nazionale (destra liberale), aspira a diventare il successore di Porfirio Lobo in vista delle prossime presidenziali e potrebbe avere tutto l’interesse a presentarsi come l’uomo del dialogo, il moderato di turno. Tuttavia non è confortante appellarsi ad una persona che, solo in virtù dei propri interessi personali, potrebbe impegnarsi a non svendere i diritti riproduttivi delle donne alla destra religiosa e alla lobby di Opus Dei.

Nel frattempo il destino delle donne honduregne resta sospeso tra il rischio di finire in carcere per avere assunto la pillola del giorno dopo e la speranza di vedersi riconosciuto il diritto ad evitare una gravidanza indesiderata.

Redazione
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