I boia di Stato: gli Usa e l’Iran nel…

notiziario del comitato Paul Rougeau. A seguire la presentazione e il sommario del numero 304; a seguire come iscriversi all’associazione per sostenere le campagne contro la pena di morte.

 

 

NEGLI STATI UNITI IL SOSTEGNO PER LA PENA DI MORTE STA DIMINUENDO

Gli Stati Uniti d’America costituiscono l’ultimo tra i Paesi avanzati in cui persiste la pena di morte. Eppure, anche qui il sostegno dell’opinione pubblica per la ‘massima sanzione’ sta diminuendo sia pur lentamente.

Negli Stati Uniti il sostegno per la pena di morte sta diminuendo lentamente. La pena di morte per le persone condannate per omicidio continua a ricevere l’approvazione della maggioranza degli americani, nono­stante i dubbi sulla correttezza della sua amministrazione e sul fatto che scoraggi i gravi crimini. Il Pew Research Center ha trovato che la maggioranza degli statunitensi è per la pena di morte: il 60% degli adulti è favorevole alla pena capitale per le persone condannate per omicidio, incluso il 27% che la sostiene fortemente. Il 39% è contrario alla pena di morte. Il 15% è fortemente contrario.



ROSSO: stati nei quali la pena di morte è applicata.
BLU: stati nei quali la pena di morte è in vigore ma vige una moratoria
VERDE: stati nei quali la condanna a morte non è prevista.

GIALLO: stati nei quali la pena di morte è in vigore ma non ci sono state recenti esecuzioni

 

IN IRAN NEI PRIMI DUE MESI DI QUEST’ANNO

L’Iran è il Paese che usa di più e nel modo più ingiusto la pena di morte.

Nei mesi di gennaio e di febbraio di quest’anno vi sono state almeno 94 esecuzioni

Alcune delle persone recentemente messe a morte in Iran

Almeno 94 persone sono state messe a morte in Iran nei mesi di gennaio e febbraio, con un uso crescente della pena di morte nei confronti delle minoranze etniche. Si ritiene che siano state utilizzate orribili violenze sessuali e altre torture per estorcere false confessioni.

Le autorità iraniane hanno messo a morte almeno 94 persone nei mesi di gennaio e febbraio di quest’anno, con un notevole aumento del numero delle esecuzioni rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Le cifre mostrano un uso crescente della pena di morte contro le minoranze etniche, con 28 persone appartenenti a gruppi minoritari iraniani giustiziate quest’anno.

Tra gli appartenenti a minoranze etniche giustiziati finora nel 2023, 19 sono stati condannati per reati connessi alla droga, sette per omicidio e due per accuse, eccessivamente generiche e formulate in modo vago, di “diffusione della corruzione sulla Terra” e “inimicizia contro Dio”, e nessuna delle condanne soddisfa il principio di legalità.

Alla fine di febbraio, funzionari iraniani hanno messo a morte in segreto un uomo arabo di etnia Ahwazi e un uomo curdo dopo processi gravemente iniqui. Nelle ultime settimane, le autorità hanno inoltre condannato a morte almeno altre sei persone di etnia Ahwazi e sei persone provenienti dalla regione del Belucistan, alcune delle quali condannate per le proteste che dilagano in Iran dallo scorso settembre.

Il 20 febbraio, Hassan Abyat, un uomo arabo di etnia Ahwazi, è stato messo a morte nella prigione di Sepidar nella provincia di Khuzestan, mentre Arash (Sarkawt) Ahmadi, un uomo curdo, è stato messo a morte il 22 febbraio nella prigione di Dizel Abad, nella provincia di Kermanshah. Fonti informate hanno riferito ad Amnesty che, dopo l’arresto, gli inquirenti hanno sottoposto entrambi gli uomini a torture e altri abusi per costringerli a “confessare”. Le loro confessioni coatte sono state trasmesse dai media statali in violazione del diritto alla presunzione di innocenza e nel tentativo delle autorità di denigrarli e giustificare le loro esecuzioni. Sono stati giustiziati in segreto, senza consentire alle loro famiglie di far loro un’ultima visita.

Hassan Abyat è stato condannato a morte due volte – una volta da un Tribunale Rivoluzionario per “inimicizia contro Dio” e una volta da un Tribunale penale per omicidio – in relazione alla morte di un agente della forza paramilitare Basij nel 2011 e alla presunta appartenenza a un “gruppo di opposizione”. Abyat aveva negato qualsiasi coinvolgimento nella morte dell’agente. Dopo averlo fatto forzatamente sparire, gli inquirenti hanno legato Abyat a un letto appositamente realizzato per la tortura, lo hanno picchiato con dei cavi e gli hanno somministrato scosse elettriche sui testicoli, secondo un testimone che ha anche detto ad Amnesty che sul corpo di Abyat erano rimaste cicatrici a causa delle torture. Il tribunale lo ha condannato a morte senza indagare sulle accuse di tortura.

Arash (Sarkawt) Ahmadi, arrestato nel gennaio 2021, è stato condannato a morte per “inimicizia contro Dio” in relazione alla sua precedente appartenenza ad un gruppo di opposizione iraniano-curdo e alla morte di un membro delle forze di sicurezza. Secondo gli attivisti curdi per i diritti umani, gli interrogatori delle Guardie rivoluzionarie lo hanno costretto a rendere “confessioni” sotto tortura e altri maltrattamenti.

Roya Boroumand, direttore esecutivo dell’associazione iraniana per i diritti umani Abdorrahman Boroumand Center, ha dichiarato:

Le autorità iraniane stanno portando avanti esecuzioni su scala spaventosa.

Le loro azioni equivalgono a un assalto al diritto alla vita e a un vergognoso tentativo non solo di opprimere ulteriormente le minoranze etniche, ma anche di diffondere la paura che il dissenso venga affrontato con la forza bruta, sia nelle strade che sul patibolo”.

Diana Eltahawy, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e il Nord Africa, ha dichiarato:

È straziante che le esecuzioni conseguano abitualmente dall’uso sistematico di ‘confessioni’ ottenute con la tortura per condannare gli imputati in processi gravemente iniqui.

Il mondo deve agire ora per fare pressione sulle autorità iraniane affinché stabiliscano una moratoria ufficiale sulle esecuzioni, annullino le condanne ingiuste e le sentenze a morte, e ritirino tutte le accuse derivanti dalla partecipazione pacifica ad azioni di protesta.

“Esortiamo inoltre tutti gli Stati ad esercitare la giurisdizione universale su tutti i funzionari iraniani ragionevolmente sospettati di responsabilità penale per crimini ai sensi del diritto internazionale e per altre gravi violazioni dei diritti umani”.

Nuove condanne a morte

Nelle ultime settimane di febbraio almeno 12 persone appartenenti alle minoranze etniche Ahwazi e Beluci sono state condannate a morte a seguito di processi iniqui.

Il 14 febbraio, sei uomini arabi di etnia Ahwazi – Ali Mojadam, Moein Khanfari, Mohammad Reza Mojadam, Seyed Salem Mousavi, Seyed Adnan Mousavi e Habib Deris – sono stati condannati a morte in un processo collettivo davanti al tribunale rivoluzionario di Ahvaz con l’accusa di “inimicizia contro Dio” per presunta “appartenenza a gruppi illegali”, in relazione ad un caso risalente al 2017. Secondo gli attivisti per i diritti umani degli Arabi di etnia Ahwazi, sono state utilizzate per condannarli “confessioni” ottenute con la tortura.

A dicembre e gennaio, almeno sei giovani uomini della minoranza Beluci sono stati condannati a morte in processi separati in relazione alle proteste dello scorso settembre nel Sistan e nella provincia del Belucistan. Shoeib Mirbaluchzehi Rigi, Kambiz Khorout, Ebrahim Narouie, Mansour Hout, Nezamoddin Hout e Mansour Dahmaredeh, che ha una disabilità fisica, sono stati condannati a morte per “diffusione della corruzione sulla Terra” e/o “inimicizia contro Dio”, per incendio doloso e lancio di pietre. Il diritto internazionale vieta l’uso della pena di morte per reati che non raggiungono la soglia dei “reati più gravi” come l’omicidio intenzionale. Secondo fonti a conoscenza della vicenda, gli inquirenti hanno sottoposto gli uomini a torture, anche sessuali, per costringerli a “confessare”. Hanno infilato degli aghi nei genitali di Narouie e hanno picchiato Mansour Dahmardeh così duramente da rompergli i denti e il naso.

LA PRESENTAZIONE E IL SOMMARIO DEL “FOGLIO DI COLLEGAMENTO” 304 DEL COMITATO PAUL ROUGEAU

Ecco l’ultimo numero del nostro Foglio di Collegamento il cui sommario è riportato qui sotto.

Gli articoli comparsi nei numeri precedenti del Foglio di Collegamento, ai quali rimandano le note in calce ad alcuni articoli di questo numero, si trovano nel nostro sito www.comitatopaulrougeau.org

La maggior parte degli articoli riguarda gli Stati Uniti d’America.

Gli Stati Uniti e il Giappone costituiscono gli ultimi tra i Paesi avanzati in cui persiste la pena di morte.

Eppure, anche negli Stati Uniti, con l’eccezione del Texas, il sostegno dell’opinione pubblica per la ‘massima sanzione’ sta  diminuendo.

Questa volta abbiamo pubblicato un solo articolo sugli orrori commessi in Iran, il Paese che usa sempre di più e in modo sempre più ingiusto la pena di morte.

Vi ricordo la pagina Facebook Amici e sostenitori del Comitato Paul Rougeau contro la pena di morte. Nella pagina trovate articoli scritti da organizzazioni abolizioniste in tutto il mondo, nonché appelli che potete firmare e diffondere, condividendoli.

Giuseppe Lodoli per il Comitato Paul Rougeau

 

 

SOMMARIO

La giuria non è unanime: Sayfullo Saipov condannato all’ergastolo

Hank Skinner muore in ospedale dopo quasi trent’anni di battaglie per salvarsi dall’esecu­zione            

Messo a morte in Texas il cinquantunenne Gary Green                               

In Texas Arthur Brown sostiene la sua innocenza fino alla fine      

Negli Stati Uniti il sostegno per la pena di morte sta diminuendo   

In Iran nei primi due mesi di quest’anno                                             

Brutali, folli metodi di esecuzione usati in passato     

Amnesty International: uscito il Rapporto sulla situazione dei diritti umani nel mondo        

 

AIUTIAMOCI A TROVARE NUOVI ADERENTI

È di vitale importanza per il Comitato potersi giovare dell’entusiasmo e delle risorse personali di nuovi aderenti. Pertanto, facciamo affidamento sui nostri soci pregandoli di trovare altre persone sensibili alla problematica della pena di morte disposte ad iscriversi alla nostra associazione.

Cercate soci disposti anche soltanto a versare la quota sociale.

Cercate soci attivi. Chiunque può diventare un socio ATTIVO facente parte dello staff del Comitato Paul Rougeau.

Cercate volontari disposti ad andare a parlare nelle scuole dopo un periodo di formazione al se­guito di soci già esperti.

Cercate amici con cui lavorare per il nostro sito Web, per le tradu­zioni. Occorre qualcuno che mandi avanti i libri in corso di pubblicazione, produca magliette e mate­riale promozionale, orga­nizzi campagne e azioni urgenti, si occupi della gestione dei soci, della raccolta fondi, …

Se ogni socio riuscisse ad ottenere l’iscrizione di un’altra persona, l’efficacia della nostra azione aumenterebbe enormemente!

ISTRUZIONI PER ISCRIVERSI AL COMITATO PAUL ROUGEAU

Per aderire al Comitato Paul Rougeau invia un messaggio all’indirizzo prougeau@tiscali.it con una breve autopresentazione e con i tuoi dati: nome, cognome, indirizzo postale. Appena puoi paga la quota associativa sul c. c. postale del Comitato Paul Rougeau.

Le quote associative annuali sono le seguenti:

Socio Ordinario € 35

Socio Sostenitore € 70

Versa la quota associativa sul c. c. postale n. 45648003 intestato al

Comitato Paul Rougeau

IBAN: IT31Q0760112600000045648003 specificando la causale.

Attenzione: L’edizione e-mail del Foglio di Collegamento è gratuita per tutti, soci e non soci, basta chiederla inviando un messaggio a: prougeau@tiscali.it

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *