I maestri della fantascienza su Rai4

di Fabrizio “astrofilosofo” Melodia

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In questa afosa estate, la tv nostrana ripropone – sulle bande di Rai 4, rete di qualità con particolare attenzione a fantastico e fantascienza – una piccola perla passata sotto silenzio fin dall’uscita.
Si tratta di «
Masters of science fiction», una serie tv di produzione statunitense andata in onda nel 2007 per ABC e costituita – purtroppo aggiungo io – da soli 8 episodi: negli Usa ne trasmisero 6, gli ultimi due (per gli ascolti non eccelsi) si videro in Canada il 2 e 9 dicembre 2007 su Space, una tv via cavo.
Tutti gli episodi sono introdotti dalla voce fuoricampo del fisico Stephen Hawking, come da tradizione nelle serie antologiche classiche «Ai confini della realtà» di Rod Serling e «Masters of horror». Questa «Masters of science fiction» è stata creata sulla falsariga per l’appunto della nota serie Serling, di cui condivide la cornice generale: adattamenti di storie tratte da autori di genere in episodi autoconclusivi di circa un’ora, diretti da registi affermati. Un esperimento di gran pregio a mio parere, purtroppo non supportato dall’audience. Una serie considerata troppo artistica e riflessiva persino da riviste specializzate, quindi lontana dal gusto del grande pubblico, abituato purtroppo a una fantascienza ricca solo di effetti speciali.
Il primo episodio, «A clean escape» (i titoli non sono tradotti nell’edizione italiana) è tratto dall’omonima opera teatrale di John Kessel, vincitore di un premio Nebula e di svariati altri: è un dialogo serrato fra due grandi attori televisivi, Judy Davis e Sam Waterston (quest’ultimo noto anche da noi per il legal thriller «Law and order – I due volti della giustizia») diretti dal bravo regista Mark Rydell, candidato all’ Oscar nel 1982 per il film «Sul lago dorato». La Davis è una psichiatra che riceve nel suo studio un uomo di mezza età, il quale apparentemente non l’ha mai vista. Il mistero è che l’uomo pensa di avere quarant’anni, mentre ne dimostra ben di più. Pian piano, dialogo dopo dialogo, viene rivelata una verità ben più tragica.
Poi «The awakening», diretto da Michael Petroni e tratto da un racconto sorprendente di Howard Fast, scrittore oggi un po’ dimenticato ma di grande qualità sia come autore di romanzi sociali che di brevi storie fantascientifiche: il nome di Fast è legato soprattutto a «Spartacus», che ispirò il film omonimo del 1960 di Stanley Kubrick con Kirk Douglas, a «L’ultima frontiera, la lunga marcia dei Cheyenne» – da poco riproposto in Italia da Odoya – sull’odissea tragica dei Cheyennes e a «La via della libertà» che divenne anche un film per la televisione («
La strada della libertà» diretto da Jan Kadar, con Muhammad Ali, al suo esordio da attore). .
Si prosegue con Michael Tolkin a dirigere l’episodio «Jerry was a man», tratto da un racconto di Robert A. Heinlein, di cui dirò due parole in conclusione, con «The discarded» che alla regia vede invece Jonathan Frakes – i fan di «Star Trek: The Next Generation» lo ricorderanno come interprete del primo ufficiale William T. Ryker – e si ispira a un viscerale racconto del bravo Harlan Ellison, mentre Darnell Martin dirige l’episodio «Little brother» tratto da un racconto di Robert Mosley per finire con il regista Harold Becker che traduce in pellicola «Watchbird», tratto da un abrasivo racconto di Robert Scheckley.
Due parole sull’adattamento di «Jerry was a man»: Heinlein in certi racconti brevi rivelò tutta la maestria al punto che Isaac Asimov lo definì – a mio parere esagerando – «il miglior scrittore americano di fantascienza». In un futuro in cui la manipolazione genetica degli animali è normale, incontriamo Marta Van Vogel: una donna con un cuore tenero e un conto in banca molto grande. Lei si affeziona a un lavoratore “neo-scimpanzé” di nome Jerry, che soffre di cataratta e di conseguenza è destinato a essere riciclato come cibo per cani. Marta, che all’inizio sembra un’ereditiera superficiale e viziata, si rivela forte e determinata a salvare Jerry e i suoi simili dal loro disumano destino. Tema inusuale per questo scrittore, anche se ne troveremo l’eco nel romanzo «Straniero in terra straniera» – un grande successo di pubblico ma, come di consueto per Heinlein, politicamente assai ambiguo – un mix di ribellione in stile hippie, di misticismo, di sesso presunto liberato.
Cos’è – o non è – un essere umano: questo il motivo conduttore del racconto «Jerry was a man» che non pretende di essere una trattazione filosofica ma onestamente conduce il lettore nelle emozioni dei personaggi e l’immedesimazione con gli umani geneticamente modificati lascia spazio a un senso di disagio, amplificato da sapiente ironia.
Nel complesso «Master of science fiction», pur nella sua sfortunata vicenda, rimane un gioiello tv che non teme il confronto con serie più fortunate e blasonate.

 

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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