Il potere creativo delle Grandi Madri

di Daniela Degan (*)

forseLilith

Cosa è un libro? Cosa è questo libro («Le grandi madri del Brasile», Eir, di Marcella Punzo)? È uno scrigno, che svela tesori nascosti, una conchiglia preziosa che racchiude frammenti di un particolare universo, di un Cosmo, di saperi ancestrali quando il sacro abitava a Ife e che ci narra di una terra nera: nostra madre Africa.

Le parole scorrono come fili di perle e ci permettono di entrare con empatia ed emozione attraverso l’esperienza dell’autrice. Attraverso la sua vita entriamo in questo Mondo: il mondo simbolico e concreto degli Orixàs, del Candomblé: il mondo della Città delle Donne. Donne che sono capaci di tenere insieme sacro, quotidiano, forze naturali, visibile e invisibile. L’autrice lo propone con eleganza e grazia, quasi in punta di piedi, per non disturbare il sonno delle nostre antenate e dei nostri antenati: per non dimenticare le origini e per mostrare le nostre radici. È un esempio elegante dell’apprendere facendo e vivendo. Una modalità che ci dona una spiegazione originale di come l’umanità e tutte le cose del Mondo siano legate con il Cosmo da fili invisibili e l’Anima del Mondo non dovrebbe essere tradita, ferita, sfigurata, come invece si è verificato nell’attuale scorrere del nostro tempo quantitativo della modernità.

Quale è il luogo? Dove siamo? Marcella Punzo ci porta per mano in uno spazio sacro: le case dei terrieri, luoghi-comunità dove Madri, Figlie e Padri di Santo custodiscono le antiche tradizioni sciamaniche originarie dell’Africa, dell’India e dell’Europa (antica) proponendo e promuovendo che non c’è consapevolezza se separi corpo e spirito: il benessere del nostro sé va ricercato nella loro unione. Tornano alla mente le antiche case di Catal Hyhuk e le leggende, le narrazioni e i rituali sacri come parte dell’opera del vivere quotidiano.

Tutto si presenta arcaico: protetto in quelle mura. Saperi preziosi. Si apprende che gli Orixàs si trovano nel profondo delle persone e stanno lì da sempre, si tratta solo di farli emergere: allora si manifestano. Le parole di Marcella arricchiscono la mia ricerca spirituale di contenuti e di significati, donano valore agli atti, ai gesti che noi donne in cerca abbiamo imparato nuovamente per reincarnare con i nostri corpi questo sapere che viene dalle nostre stesse radici: le antenate. E così incantiamo i mondi. Svelo, leggendo oltre le righe del libro, intuizioni che mostrano da dove vengono certe consapevolezze. C’è una grande risonanza dentro di me.

Nanà

Cosa risuona per prima? La potenza della creazione… i miti della creazione nel loro divenire dal principio con Nanà, madre di tutte le cose, la custode del passato, fango della vita, la più vecchia Madre dell’acqua, la radice al centro della Terra: Nanà fornisce la materia, lascia andare e poi alla fine la reclama (pag. 169). È la custode della morte, Dea delle due porte. L’origine, la radice. Come le antiche divinità dei miti africani: Mawu unica divinità a saper creare la vita, Muso Koroni il vortice, il soffio della vita, lo spirito della vecchia testa bianca, nonna di tutte noi, Madre delle madri (impariamo da loro che il nostro sentire unico è anche fatto di Ombra), Nanà portatrice di una forza naturale e soprannaturale, «mitico utero e seno planetario». I miti narrati nel libro mostrano spesso, come del resto nelle narrazioni di altre culture e popoli [nota 1], il mescolarsi delle forze femminili e forze maschili nella creazione. Nanà, come Oxum [nota 2], dea della fecondità e delle partorienti, sono costrette in alcuni racconti a riaffermare con forza il potere creativo femminile dimenticato, il potere del ricettivo e della realizzazione. Nello schieramento delle divinità, l’energia maschile si trova a destra con Oxalà, padre degli orixas maschili e con il loro potere generativo maschile. Oduduà è Madre delle orixas femminili, si trova a sinistra e rappresenta il potere femminile della creazione. Mescolandosi creano le figlie e i figli della Aiyè, ma spesso questo rimescolamento non è indolore e io l’ho inteso anche conflittuale. Un mito narra chiaramente l’eterno conflitto maschile/femminile, molto presente nella cultura africana.

Quando gli Orixas arrivarono sulla Terra, organizzarono riunioni a cui le donne non erano ammesse. Oxum si adirò per essere stata esclusa dalle decisioni e si vendicò facendo diventare le donne sterili (mito di Demetra e di Amaterasu, che si nascondono e tutto muore) e impedendo che le attività svolte dalle divinità arrivassero a buon fine. Disperati gli Orixas si rivolsero a Olorun, il quale chiese se Oxum fosse presente alle riunioni. Essi risposero di no. Olorun spiegò loro che senza la presenza della Dea e del suo potere di fecondare nessuna impresa sarebbe potuta andare bene. Ritornati sulla terra gli Orixas invitarono Oxum a partecipare ai loro lavori e Lei accettò dopo essersi fatta molto pregare. Dopo questo le donne tornarono fertili e tutti i progetti si realizzarono. Lei è l’archetipo femminile, il puro potere del ricettivo senza il quale nulla nasce e nulla evolve. È padrona delle acque dolci, del liquido amniotico, del flusso mestruale, della gestazione e del parto.

Un canto di Oxalà diceva:

«Inginocchiati davanti alla donna


La donna ci mise al mondo

Così noi siamo esseri umani


La donna è l’intelligenza della Terra».

Inginocchiati davanti alla donna

Molti di questi miti si trasformano. Arriva l’accordo possibile di una armonia tra le energie maschili e femminili, ma in principio resta la Madre Nera che realizza il suo atto creativo. E infatti sono le donne, sacerdotesse, regine dell’Africa, rese schiave nella terra brasiliana, che proteggeranno questo sapere, preservandolo dalle conquiste coloniali e dalla propaganda religiosa che arriva in Africa [nota 3] riportato alla luce fino a noi sorelle moderne della piccola Lucy. Queste Donne potenti come riescono nell’impresa? Attraverso la trasmissione orale nelle Case delle Madri di Santo, attraverso l’apprendimento da parte delle altre donne più giovani. Assistendo le più anziane nelle danze, nei canti, nella preparazione dei cibi. Una trasmissione in linea femminile che è nelle corde di tutte noi donne, a mio avviso.

Apprendere facendo insieme, senza troppa teoria e scritti. Iniziare solo donne, l’esperienza diretta e mantenere il segreto: questo è quello che ha permesso di tenere in vita e mantenere – nel senso di tenere in mano – questa spiritualità che per moltissimi aspetti è antica come le Dee della creazione delle origini.

Il libro mostra le connessioni del mondo spirituale del Candomblè con alcune delle pratiche antiche delle origini: pratiche e attributi delle divinità mediterranee e non solo. Ciò denota a mio avviso quanto tutto sia antico e quanto molto di quello che apprendiamo viene con molta probabilità da un’unica radice, anzi, direi Matrice.

(…) Chiudo con le parole del libro che porto con me perché sono la mia esperienza: anche la spiritualità nera poteva rivelarsi Arte perché ogni atto religioso era elevato e sostenuto da un grande senso estetico. Tutto nel candomblè era bello: le musiche e i canti, i vestiti e i gioielli, i simboli e i miti, le offerte alle divinità e l’oracolo, le espressioni e le movenze degli iniziati posseduti dagli Orixas, l’impegno e la devozione profusi in ogni più piccolo rito [nota 4]. Sotto la guida delle loro Grandi Madri, i culti afro-brasiliani si erano aperti diventando un fattore importantissimo di un sentimento interculturale e ci mostrano le radici della nostra stessa esistenza.

NOTE

[1] Per questo aspetto si rimanda al libro «Colei che dà la vita Colei che dà la forma» di Luciana Percovich, ed. Le Civette di Venexia, dove sono narrati miti antichi della creazione.

[2] Oxum è come Artemide oppure la Venere Nera. È la protettrice delle nascite ed è la madre di Exu (vedi pagg. 66 e 67) due miti molto belli che fanno risaltare questo movimento di energie maschili e femminili, in divenire e spesso trasformativo, a mio parere anche conflittuale come si legge nelle pagine 67, 139, 140, 141, 171, 172 e 173.

[3] La storia del culto in Brasile aveva preso una strada “al femminile”, perché coloro che hanno tramandato la tradizione africana sono state soprattutto le donne schiave o ex schiave, e molte di loro erano sacerdotesse in Africa, mi scrive Marcella in una mail mentre prepariamo la presentazione del suo libro.

[4] Liberamente tratto dal libro alla pagina 75.

(*) Daniela Degan è impegnata da anni nella ricerca e nella formazione sui temi della nonviolenza, della decrescita e della storia al femminile. Questo testo è stato ripreso da «Uomini in cammino» e da «Comune info».

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