Il Rojava e la difesa della diga di Tishrin
Dopo la caduta di Assad, cresce, in Siria, il ruolo della Turchia, intenzionata a eliminare il popolo kurdo e a distruggere Kobane, il suo simbolo. Il compito è stato affidato all’Esercito Nazionale Siriano che dal 7 gennaio attacca la diga Tishrin. L’obiettivo è distruggerla, superare l’Eufrate e arrivare a Kobane. Ma da allora migliaia di Kurdi, con le donne in prima fila, presidiano la diga, giorno e notte.
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Immagine: https://www.greenleft.org.au/
È notte sulla diga di Tishrin. La donna che stringe il microfono indossa un scialle e il velo bianco delle madri dei martiri. Si chiama Eysha, i suoi quattro figli sono caduti nella guerra di resistenza kurda. «Promettiamo di difendere la diga!» grida. «Promettiamo! Promettiamo! Promettiamo!» le rispondono in coro centinaia di persone facendo il segno di vittoria.
Dal 7 gennaio un flusso gigantesco di veicoli dalla città di Kobane e dai villaggi di Darik, Girko Lege, Kocerat, Berav arriva sul ponte della diga di Tishrin. Migliaia di persone la presidiano giorno e notte. Donne e uomini di ogni età e professione, ragazze e ragazzi, perfino bebè di pochi mesi in braccio alle mamme. Si intonano canti e slogan, si tengono comizi, si danza l’hayal, il ballo di gruppo emblema di identità (e i vecchi sono quelli che ricamano passi con particolare maestria). Sul ponte sopra la diga sono sorti banchetti di cibo e bevande. Il via vai è incessante nonostante gli attacchi di bombardieri e droni dell’aviazione turca. Tra le almeno dieci vittime, un noto attore di teatro, la co-presidente del partito PYD di Qamishli e entrambi i genitori di una bambina di pochi mesi. Oltre 20 i feriti. Mentre dalle sue sponde si levano i lampi di fuoco e i fumi densi delle bombe l’Eufrate scorre azzurro e silenzioso tra basse colline brulle. La diga di Tishrin è alta 40 metri, il suo bacino idrico è lungo 60 km. Fornisce acqua a milioni di persone nel Rojava, il Nord Est della Siria. Un suo collasso sotto le bombe dell’aviazione turca provocherebbe ingentissimi danni ecologici e condizionerebbe la vita anche delle future generazioni.
Dal 7 gennaio Ankara per mezzo del cosiddetto Esercito Nazionale Siriano (SNA) cerca di valicare la diga, nodo strategico per superare l’Eufrate e arrivare a Kobane. L’Esercito Nazionale Siriano, formato, armato e pagato da Ankara, è forte di 70 mila uomini, jihadisti di ogni genere ed ex tagliagole dell’Isis provenienti da tutto il mondo: sono presenti 40 diverse nazionalità. Operatori e giornalisti della televisione e della radio del Rojava lavorano giorno e notte per trasmetterci le immagini del presidio: i bombardamenti, le schegge che esplodono sopra le loro teste, i soccorsi ai feriti, il trasporto dei morti, le auto distrutte… È importante informare.
La città martire di Kobane è il simbolo della vittoria contro l’Isis delle Forze Siriane Democratiche (SDF) a guida kurda; l’Isis era sostenuto apertamente dalla Turchia (e per conto di Ankara aveva compiuto le sanguinose stragi contro il partito filo kurdo HDP del 2015 e 2016). Distrutta nel corso dell’assedio del califfato nero e rapidamente ricostruita, Kobane esibisce al centro della sua piazza principale la statua di una donna con ali d’angelo che indossa la divisa delle combattenti kurde, dedicata alla Vittoria delle Donne. Per il suo valore simbolico Kobane è la preda più ambita di Ankara, che non ha mai digerito la vittoria kurda. Da tempo l’aviazione turca bombarda sistematicamente le infrastrutture vitali della città e dei villaggi nei dintorni. In seguito alla caduta di Damasco per mano del gruppo HTS di Al Jolani (terrorista per Europa, Usa e Onu) e di altri cosiddetti ribelli siriani, Ankara ha affidato all’Esercito Nazionale Siriano il compito di distruggere Kobane. Le operazioni sono iniziate l’8 dicembre. Contro SNA combattono efficacemente le Forze Siriane Democratiche (SDF) sostenute dagli Stati Uniti in funzione anti Isis. Cellule del califfato nero sono pericolosamente presenti nel Rojava e la loro attività si è intensificata con l’avvento del nuovo governo di Damasco. Il campo di El Hol custodisce decine di migliaia di tagliagole con le loro famiglie, provenienti da ogni parte del mondo, che i paesi d’origine rifiutano di riprendere. Se il Rojava cadesse nelle mani dei mercenari di Ankara un’ondata di barbarie dilagherebbe fuori dal campo di El Hol. L’agenzia di stampa kurda ANF News il 24 dicembre dava notizia di 15 mila arresti e di molti rapimenti e di riduzione in schiavitù, di donne kurde combattenti ferite catturate in ospedale e uccise: crimini compiuti da SNA nell’area di Sheheba a Nord di Damasco.
Negli ultimi due mesi il presidente turco Erdogan e il ministro degli esteri Fidan insistono sulla volontà di annientare il Rojava, l’Amministrazione autonoma democratica del Nord Est della Siria (DAANES) che tenta di negoziare con il governo provvisorio di Damasco il mantenimento dell’autonomia e la divisione degli introiti del petrolio della regione. Ankara insiste ossessivamente su una “priorità assoluta”: distruggere le forze kurde YPG / YPJ – Unità di difesa composte da uomini e donne, componenti fondamentali di SDF – e ribadisce il progetto della Fascia di Sicurezza, l’occupazione di una grande parte di territorio kurdo in Siria e la sostituzione della popolazione con arabi rifugiati in Turchia.
La Turchia, nata dal genocidio e dalle stragi di Armeni, Greci e Kurdi, fondata sul dogma di un solo popolo, il turco, e di una sola religione, la islamico-sunnita, non ammette il pluralismo di etnie e di religioni presente in Siria e la rivoluzione delle donne nel Rojava. Dopo la caduta del regime di Assad, Erdogan intensifica i proclami sul ritorno alla grandezza dell’impero Ottomano sottolineando i propri successi in Libia, Somalia e Siria. Si presenta come il grande protagonista della caduta di Assad e del nuovo assetto siriano. Presenta piani di ricostruzione e il progetto di un esercito numeroso e ben armato. Alcuni analisti prospettano che la Siria diventi una sorta di protettorato turco con orientamento islamista. Sempre più paradossale l’appartenenza alla Nato.
(*) Link all’articolo originale: https://volerelaluna.it/mondo/2025/01/22/il-rojava-e-la-difesa-della-diga-di-tishrin/