Il Servizio Sanitario Nazionale è al capolinea …

…  i numeri nel nuovo rapporto Gimbe.

di Stefano Baudino (*)

Il servizio pubblico e il diritto costituzionale alla tutela della Salute sono sempre più compromessi.
Lo attesta, dati alla mano, la Fondazione GIMBE, che ha presentato il 6° Rapporto sul Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Le statistiche diramate dalla Fondazione – in cui si evidenziano grandi criticità in relazione alla spesa sanitaria, ai Livelli Essenziali di Assistenza, alle disuguaglianze su base regionale e al personale – raccontano infatti che, tra il 2010 e il 2019, sono stati sottratti alla sanità pubblica oltre 37 miliardi.

Il rapporto ha sottolineato che, nel giro di 10 anni, il Fabbisogno Sanitario Nazionale – ovvero il livello complessivo delle risorse del Servizio sanitario nazionale al cui finanziamento concorre lo Stato – è aumentato di € 8,2 miliardi (crescendo in media dello 0,9% annuo, tasso inferiore a quello dell’inflazione media annua, che si è attestata a 1,15%).
Tra il 2020 e il 2022, il FSN è aumentato di € 11,2 miliardi, crescendo in media del 3,4% annuo, ma questo rilancio è stato assorbito dai costi della pandemia COVID-19.
La spesa sanitaria totale per l’anno 2022 è pari a 171.867 milioni di euro, di cui 130.364 milioni di spesa pubblica (75,9%), e 36.835 milioni a carico delle famiglie (21,4%), e € 4.668 milioni di spesa intermediata da fondi sanitari e assicurazioni (2,7%).
Essa si è attestata al 6,8% del PIL, sotto di 0,3 punti percentuali rispetto alla media OCSE (7,1%) e a quella europea (7,1%).
Complessivamente, nel periodo 2010-2022, rispetto alla media dei Paesi del continente europeo la spesa sanitaria pubblica italiana è stata inferiore di 345 miliardi.

Impietosi risultano anche i dati riferiti ai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).
Nel mirino della Fondazione c’è, in particolare, il mancato raggiungimento del dichiarato obiettivo di “continuo aggiornamento dei LEA, con proposta di esclusione di prestazioni, servizi o attività divenuti obsoleti e di inclusione di prestazioni innovative ed efficaci, al fine di mantenere allineati i LEA all’evoluzione delle conoscenze scientifiche”.
Il report evidenzia infatti come il ritardo di oltre 6 anni e mezzo nell’approvazione del Decreto Tariffe ha reso impossibile ratificare i 29 aggiornamenti proposti dalla Commissione LEA, nonché l’esigibilità delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e di protesica inserite nei “nuovi LEA”.
Il DM Tariffe è stato approvato il 4 agosto 2023, ma i LEA rimarranno ancora in stand-by sino al 1° gennaio 2024 per la specialistica ambulatoriale e al 1° aprile 2024 per l’assistenza protesica.

L’analisi conferma inoltre una vera e propria “frattura strutturale” tra Nord e Sud.
Per questo motivo, negli adempimenti cumulativi 2010-2019 nessuna Regione meridionale si posiziona tra le prime 10 e continua ad essere alimentato “un imponente flusso di mobilità sanitaria dalle Regioni meridionali a quelle settentrionali”.
La Fondazione mette dunque in guardia dagli effetti dell’attuazione di maggiori autonomie a livello sanitario richieste dalle Regioni “con le migliori performance sanitarie e maggior capacità di attrazione”, che non potranno che “amplificare le diseguaglianze”.
Per quanto riguarda i numeri del personale sanitario, il rapporto registra che “il nostro Paese si colloca poco sopra la media OCSE per i medici e molto al di sotto per il personale infermieristico”, con un rapporto infermieri/medici tra i più bassi d’Europa.

«La Fondazione GIMBE invoca un patto sociale e politico che, prescindendo da ideologie partitiche e avvicendamenti di Governi, rilanci quel modello di sanità pubblica, equa e universalistica, pilastro della nostra democrazia, conquista sociale irrinunciabile e grande leva per lo sviluppo economico del Paese», ha dichiarato il presidente Nino Cartabellotta.
«Il preoccupante “stato di salute” del SSN – ha continuato – impone una profonda riflessione politica: il tempo della manutenzione ordinaria per il SSN è ormai scaduto, visto che ne ha sgretolato i princìpi fondanti e mina il diritto costituzionale alla tutela della Salute.
È giunto ora il tempo delle scelte: o si avvia una stagione di coraggiose riforme e investimenti in grado di restituire al SSN la sua missione originale, oppure si ammetta apertamente che il nostro Paese non può più permettersi quel modello di SSN. In questo (non auspicabile) caso la politica non può sottrarsi dal gravoso compito di governare un rigoroso processo di privatizzazione, che ormai da anni si sta insinuando in maniera strisciante approfittando dell’indebolimento della sanità pubblica
».

(*) Tratto da L’Indipendente.

alexik

Un commento

  • Mariano Rampini

    Come ho già avuto modo di segnalare agli amici de LBdB (La bottega dei barbieri che così sembra un’organizzazione no profit) ho lavorato come giornalista (Jack of all trades) per periodici professionali (farmacisti, infermieri e medici) fino al 2011 mantenendomi però aggiornato grazie al preziosissimo lavoro dei miei colleghi (ad alcuni sono davvero affezionato). Ebbene la conclusione che posso trarre dopo trent’anni e passa di frequentazione della sanità pubblica è che quest’ultima è dotata di una “resilienza” (la recente epidemia di Covid ci ha abituati a questo termine) fuori del normale. Lo posso affermare proprio grazie ai dati (importantissimi) forniti dal Gimbe, dati sui quali avrei voluto soffermarmi per scrivere qualcosa. In sostanza, il nostro Ssn (meglio sarebbe dire il nostro Ssr dopo la riforma del Titolo Quinto della Costituzione) nonostante il disinteresse pressoché costante di ogni governo, continua a esistere. Malaticcio anzichenò, con acciacchi più o meno gravi, a volte perdendo parti importanti del suo essere lungo la strada. Minacciato dall’assistenza sanitaria privata che pare sempre per essere lì a vibrare il colpo di grazia, si comporta come una sorta di Francesco Ferrucci (cfr. su Wikipedia) che grida, ripetendosi nel tempo, «Vile, tu uccidi un uomo morto». Dopodichè si rialza, ringrazia e riprende il suo stentato cammino. Lasciando da parte le mie scherzose (non so fino a che punto) osservazioni, c’è da dire che ancora una volta gli allarmi, le richieste di soccorso, le indagini si sprecano ma dalla parte di chi decide si continua a far orecchie da mercante. La sanità viene da sempre considerato un settore improduttivo: assorbe risorse e produce salute. Ma i pallottolieri dei ministeri delle Finanze non sanno che valore abbia questa “salute”. Manca infatti (spero che sia solo una mia carenza informativa e se così fosse ne sarei proprio felice) uno studio completo che indichi con precisione quale risparmio ottiene lo Stato da una popolazione ben assistita dal punto di vista sanitario. Dati incontrovertibili che impediscano a chiunque di operare ancora tagli al finanziamento del Servizio nazionale. E, si badi bene, impediscano anche di non operare gli aggiustamenti necessari. Un esempio? Il numero degli infermieri e dei medici in ospedale che nel nostro Paese quasi si equivalgono mentre un rapporto corretto vorrebbe almeno tre Ip (Infermieri professionali, oggi con laurea triennale in Scienze infermieristiche) per ogni medico. Si ricordi, infine che chiunque affermi di aver ben fatto per non aver toccato i fondi alla sanità lasciando inalterati gli stanziamenti rispetto all’anno precedente, mente sapendo di mentire. Perché in sanità non fornire ulteriori risorse di anno in anno, equivale a non finanziare affatto…

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